Un Sade messicano di Angela Bianchini

Un Sade messicano L'intricato romanzo di Salvador Elizondo Un Sade messicano Con l'erotismo, il gusto della parodia e del travestimento Salvador Ejizondo: « Fara beuf o La cronaca di un istante », Ed. Feltrinelli, pag. 159, lire 2000. Salvador Elizondo, autore messicano delle ultimissime leve, scrisse, nel 1966, un racconto intitolato La storia secondo Pao Cheng. Vi si narrava di quel giorno d'estate, più di tremilacinquecento anni or sono, quando il filosofo cinese Pao Cheng, seduto sulla proda di un fiume, si era-dato a contemplare l'avvenire del mondo. Davanti all'immaginazione del filosofo trascorrevano i grandi accadimenti futuri, le guerre, le migrazioni, le pestilenze, cadevano temibili imperi e altre nazioni sorgevano, con lingue incomprensibili e città ignote. Camminando in una di queste città, al saggio Pao C^png capitò di fermarsi di fronte a una casa e di scorgere, dalla finestra, un uomo intento a scrivere. Guardando sopra la sua spalla, Pao Chèng vide l'uomo comporre La storia secondo Pao Cheng, dove si parlava di un filosofo cinese seduto, un giorno, sulla proda di un fiume. Il filosofo comprese allora di essere lui stesso il ricordo di quell'uomo, destinato a sparire ove l'uomo dovesse dimenticarlo. E l'uomo, subito dopo aver tracciato le parole fatali: « se quest'uomo mi dimentica, io morirò », ebbe la rivelazione della propria condanna: quella di dover narrare, in eterno, la storia di Pao Cheng. Se il suo personaggio fosse stato dimenticato, e fosse morto, la morte avrebbe colto anche lui, che egli altri non era, infatti, se non il, pensiero di Pao Cheng. Questa versione, rigorosa e labile, allucinata e realista, del tema dell'eternità del pensiero e dell'unicità dell'istante, può servire da introduzione all'opera maggiore di Elizondo: quell'inquietante Farabeuf, scritto un anno prima di Pao Cheng, e oggi tradotto in italiano, Farabeuf si impernia su un'altra equazione, ben nota nella tematica della « carne, la morte e il diavolo », tra atto amoroso e operazione chirurgica, tra erotismo e tortura, anch'essa accompagnata da ispirazione orientale. Per intendere questa difficile e faticosa narrazione, tre metafore, secondo quanto dicono gli esperti, sarebbero necessarie: il rumore di tre monete usate per l'interpretazione di oracoli cinesi; il rumore, sempre di carattere divinatorio, di una tessera da spiritisti, e poi il senso ambiguo dell'j47nor sacro e amor profano del Tiziano, Ammettiamo che le tre chiavi possano servire, ma non garantiamo in nulla la loro perfetta riuscita, e cioè che il lettore, attraverso questa complicata lettura, possa davvero avvicinarsi all'istante in cui un Lui e un Lei, la coppia, insómma, per antonomasia, riprenderà un sacro rito, una cerimonia interrotta. E quale cerimonia? La cerimonia-supplizio, che si trova in una celebre fotografia del supplizio cinese, chiamato Leng Tch'é, o dei cento tagli, e che il dottor Farabeuf ( simbolo o omonimo di un grande chirurgo francese dell'Ottocento) si dispone, alla fine del libro, a proseguire sul corpo dell'amante-Infermiera. Il nome di Farabeuf, la riproduzione dell'orripilante fotografia, danno una curiosa aria mistificatoria a questo complesso collage di rebus sovrapposti, mentre il « ti ricordi? » continuamente ricorrente, mentre l'indulgere in raffinate descrizioni (« Uno scintillio accecante si riflette in quegli specchi e quella fotografia che hai lasciato sul cuscino dopo avermela mostrata insistentemente, si intrometteva in quell'abbraccio infinito, tenace come il mare, come le onde che sentivamo da quel luogo...») conferisce al tutto un sapore decadente di sangue e voluttà. Se la versatilità di Elizondo, passato giovanissimo (è nato a Città del Messico nel 1932) dalla musica alla pittura, alla fotografìa e al cinema, è assai visibile in questo prodotto di indubbia intelligenza, essa va tuttavia inquadrata nel suo mondo e nella sua epoca. Con alcuni altri scrittori messicani di oggi Elizondo condivide infatti il piacere sottile di costruire una gigantesca torre di Babele, avulsa dai problemi sociali e politici che hanno ossessionato l'opera di artisti poco maggiori, quali Juan Rulfo e Carlos Fuentes. Con altri autori dell'America Latina di oggi, ad esempio un Severo Sarduy, egli ha in comune un certo culto della scrittura come artificio, « ironia e derisione della natura», della pagina costruita su strati linguistici, spaziali e geografici diversi, del libro come prodotto di parodia, di erotismo, di travestimenti e di morti. Ma il senso del macabro e della pomposità sadica è tutto suo, e reale, e può dirla lunga sulle ombre profonde che fanno da contrasto al gran sole del Messico. Angela Bianchini

Luoghi citati: America, Città Del Messico, Messico, Salvador Elizondo