Laboristi in crisi di Carlo Cavicchioli
Laboristi in crisi ANALISI Laboristi in crisi (Forti contrasti nel partito per l'intransigenza delle «Tracie Unions») Londra, 3 ottobre. Nel discorso d'apertura del congresso annuale laborista a Blackpool, il presidente dell'assemblea disse lunedì che « l'esilio del partilo dal potere è solo un'utile pausa di riflessione». La diagnosi, ora che la conferenza è finita, appare fortemente ottimistica anche al più benevolo dei critici. Le vicende del congresso, caratterizzate da una disputa aspra tra l'esecutivo e la base sindacale sul problema più scottante del paese — l'economia — hanno giovato più ai conservatori in carica che al ritorno eventuale dei socialisti al governo. La « pausa » rischia di essere lunga: ci sarà molto da riflettere ancora, all'opposizione. Alla sconfitta elettorale subita dal movimento laborista in giugno si son date molte spiegazioni: ma la più accettata è quella secondo cui il Gabinetto di Wilson si alienò irrimediabilmente il favore dell'opinione pubblica nell'autunno scorso, allorché rinunciò al progetto di regolamentazione delle vertenze sindacali (la legge anti-scioperi selvaggi ora nel programma dei conservatori in forma più dura), arrendendosi quasi incondizionatamente alle Trade Unions. Nel cittadino della strada si radicò la convinzione che Wilson fosse una marionetta dei sindacati, incapace di mettere l'interesse della nazione al di sopra delle Unions. La stampa e gli altri mass media conservatori, piìt possenti e diffusi di quelli rivali, spremettero tutti i benefici possibili dallo stato d'animo allora imperante. Heath può proclamare oggi di essere stato eletto col mandato prioritario di riformare i sindacati e le relazioni industriali: e apprestandosi al compito conta sull'approvazione della maggioranza degli inglesi e, a differenza di Wilson, non ha nel suo partito un fronte interno che lo ostacoli. Tra i laboristi invece il fronte interno è emerso travolgente pure a Blackpool. Ciò è perfettamente ovvio: il movimento socia- 1 lista britannico è un rampollo delle Unions, esse sono ancora ufficialmente il suo pilastro. Ma da sole, intransigenti e anche retrive, non possono riportarlo al potere. I discorsi che i maggiori esponenti sindacali tengono, il loro «militantismo, il rifiuto d'abbracciare un panorama più ampio, indispongono l'opinione pubblica in generale. « Nesstina restrizione alle richieste di aumenti, niente politica dei salari: più tasse sugli abbienti » hanno perorato al congresso due dei più eminenti dei sindacalisti, Jack Jones, segretario dei lavoratori dei trasporti, e Hugh Scanlon, leader dei metalmeccanici. A Balckpool ha osato contraddirli, nell'intervento cruciale della settimana, l'ex cancelliere dello Scacchiere e vice leader del partito Roy Jenkins, il quale ha ammonito che, per presentarsi come alternativa credibile ai conservatori, i laboristi debbono formulare una precisa politica dei redditi: altrimenti non torneranno al potere in questo secolo. Ci vuole un piano attuabile contro l'inflazione: il free for ali («ciascuno prenda liberamente»), caro alle Unions, difficilmente migliora il potere reale d'acquisto dei salari e certo non rende giustizia ai meno pagati. Ma la moderata mozione di Jenkins in proposito è stata respinta ad iniziativa di Scanlon e Jones. Dunque la conferenza si è conclusa ier l'altro così come era cominciata: « Con un conflitto — citiamo il * Times — fra ì leaders delle Unions, i quali vogliono che il partito combatta le loro battaglie sotto il loro comando, e la leadership parlai ne alar e, ben conscia che un partito nazionale aspirante al governo ha responsabilità più ampie e si attirerebbe la ripulsa dell'elettorato se apparisse come lo strumento della sezione più forte dei suoi sostenitori organizzati ». Carlo Cavicchioli
Persone citate: Hugh Scanlon, Jack Jones, Jenkins, Jones, Roy Jenkins, Scanlon
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