Quali prospettive ha aperto l'intesa tra governo e sindacati per la casa

Quali prospettive ha aperto l'intesa tra governo e sindacati per la casa Una nuova politica per l'edilizia e l'urbanistica Quali prospettive ha aperto l'intesa tra governo e sindacati per la casa Entro il 1980 dovrebbero essere costruiti 700-800 mila alloggi per iniziativa pubblica e oltre 3 milioni da imprese private - Tre quarti del fabbisogno nazionale di case verrebbe così colmato - L'esempio degli altri paesi europei nella costruzione di appartamenti «a buon mercato» - Una volontà politica nuova è necessari per superare gli scogli che fecero naufragare i precedenti tentativi del Centro Sinistra (Dal nostro in lato speciale) Koma, 3 ottobre. Entro il 1980: 700-800 mila nuovi alloggi costruiti per iniziativa pubblica, forse più di tre milioni realizzati da imprese private. La nuova politica per la casa, proposta dal governo Colombo e accolta con favore dai sindacati, dovrebbe mettersi al più presto in movimento per raggiungere Questi traguardi, colmando per tre quarti il fabbisogno dalle Alpi alla Sicilia. Soltanto la suggestione negativa delle cifre e il radicato scetticismo fanno apparire chimerica l'impresa. In Germania, in Francia, in Gran Bretagna, sistemi collaudati da decenni riescono a indirizzare buona parte della produzione media (altre 400 mila abitazioni all'anno) entro piani rispondenti alle esigenze sociali ed economiche. L'edilizia francese è controllata e agevolata dallo Stato per sei decimi; quella inglese per metà. In Svezia la percentuale sale al 90 per cento, senza la trasformazione dello Stato in appaltatore o costruttore: cooperatile, società senza scopo di lucro. Comuni, fanno da'protagonisti. Gli enti locali, proprietari di immense aree espropriate, programmano e agiscono da moderatori dei prezzi. L'edilizia privata italiana. 10 abbiamo visto nel precedente articolo, ha capacità produttive grandissime: oltre tre milioni di alloggi nel decennio Sessanta. L'esperienza degli altri Paesi europei insegna che l'alleanea fra edilizia pubblica e edilizia privata è fruttuosa a due condizioni: lo Stato e gli enti locali devono disporre dei suoli (espropriandoli almeno nelle zone di sviluppo), come prevede il progetto ColomboLauricella, gli impresari devono essere inseriti in un sistema di incentivi e di controlli che permetta di costruire case a basso costo, affittandole a canoni accessibili alle famiglie bisognose di un alloggio. Ridotti gli impulsi speculativi, il sistema funziona avendo i poteri pubblici nella veste di programmatori, dispensatori di agevolazioni creditizie e pre-finanziamenti. Due milioni e mezzo di cittadini britannici hanno abbandonato gli « slums » in cui vivevano, e sono passati in abitazioni nuove, con l'impiego di fondi statali inferiori a quelli bruciati in Italia per tanti « quartieri popolari » squallidi e ingiusti. Tremila miliardi Da noi certe previsioni di spesa fanno rabbrividire. Si dice che occorrano 3000 miliardi soltanto per « urbanizzare » i terreni bloccati dalla legge 167 e non ancora utilizzati. Come si spiega che un fondo di 800 milioni di sterline, meno di 1200 miliardi, sia stato sufficiente per acquisire i terreni e far sor gcre 23 « New Towns », per metterne in cantiere altre 4, dall'Inghilterra al Galles e alla Scozia? Un'agenzia centrale, fondata nel 1954. ha raccolto l'eredità delle « New Towns » già edificate, ha promosso la nascita delle altre, programmando da Londra e delegando l'iniziativa sul terreno a « commissioni » locali, del tutto autonome. Gli affitti hanno alimentato il fondo di rotazione, consentendo nuovi espropri e nuove città. Possiamo accontentarci dì ripetere che i nostri enti per l'edilizia popolare potrebbero fare altrettanto, purché liberati dagli impacci e potenziati? Non sono enormi le spese generali della sola « Gescal », 6 miliardi annui, tanto più se messe in rapporto ai risultati modesti? Allo stato attuale, in Italia si spende molto per costruire una quantità esigua di case convenienti (i 21 250 alloggi della « Gescal » in sette anni) Può essere stimolante un confronto. Nei nuovi nuclei inglesi un appartamento da 97 metri quadrati, con tre camere, cucina, servizi costa 5-6 milioni di lire (« Housing Statistics », Her Majesty Stationery Office;. Lo stesso appartamento costa 6 milioni e mezzo nelle nostre « case popolari ». 8-9 in quelle « economiche » addensate dall'edilizia libera nelle periferie più tristi. Sobborghi di Stoccolma: 75 mila lire mensili fteniamo conto del sussidio-casa e della diversità tra il reddito medio svedese e quello italiano) per diventare prò prietari di un alloggio nel condominio fra gli abeti. 3 camere da letto, soggiorno, cucina con tinello, ripostigli, doppi servizi Riscaldamento per nove mesi l'anno incluso nella rata La comparazione va fatta con un apptirtumen to italiano da 80 90 mila lire 11 mese, in una casa fra altre case, senza un filo di verde, senza « mètro » a due passi, senza campi da gioco né servizi sociali Tanti nostri impresari, amministratori locali, program- motori, trarrebbero gran giovamento da un visita a Cumbernauld, in Scozia, a Skàrholmen e Farsta. nei pressi di Stoccolma. Potrebbero osservare sul terreno come un sistema di matrice liberale riesca a dare quartieri e città non perfetti ma almeno tali da fare l'uomo più uguale nel diritto allo spazio, all'istruzione, alla quiete, ai rapporti umani. La verifica diretta cancella spesso pregiudizi e presunte impotenze. « La difficoltà non sta nelle idee nuove, ma nell'evadere dalle idee vecchie ». ammoniva Keynes. Dovremmo intanto abbandonare l'idea di « edilizia popolare » e di « case per lavoratori », con sottintese discriminazioni. A Est come a Ovest si tende a costruire in serie, a grandi masse dì abitazioni, ma entro schemi urbani che eliminano la differenza fra quartieri e periferie. I modelli sono comuni a scandinavi, americani, sovietici, pur tenendo conto del dibattito non concluso fra urbanisti, sociologi, architetti. Sulle rive della Volga sta sorgendo Toglìattigrad (390 mila abitanti previsti nel 1975). Il suo schema, si chiami « Ner » o « New Town », si avvicina a quelli adottati in Inghilterra, in California, in Finlandia All'interno della città i distretti e i quartieri sono disegnati per contenere al massimo le distanze a piedi e favorire la vita comunitaria: la « città inospitale ». fatta di case senza il calore deivicinato e gli spazi quieti per gli incontri, produce l'individuo ostile alla società Ancora orientamenti simili a Toglìattigrad e nelle « New Towns » - un quarto della superficie destinato a verde, servizi pubblici e sociali (dal «mètro» alla scuola/ a non più di 500 metri da ogni abitazione Strade separate dai viali per pedoni L'aspirazio ne a restituire la dimensione umana della piazza e del per corso pedonale, perduta dal rinascimento è comune agli architetti sovietici e occiden tali Modelli da utopia? « Ma In Italia abbiamo fame urgente di case, non ci interessano questi modelli da utopia ». diranno molti Mentre si discute la nuova poli tica della casa è indispensa bile riflettere sulla possibili là di accoppiare a un'edilìzia di massa lo sforzo di offrire condizioni di vita migliori. Centinaia di migliaia di famiglie olandesi, svedesi, inglesi (la Francia e la Germania sono capitoli a parte) godono da anni la nuova casa in nuove città, a costi equi. Per fare altrettanto in Italia il governo Colombo e il Parlamento dovranno essere sostenuti da un'opinione pubblica che non chiede « case Fanfani », ovunque si trovino. Dovranno anche dar prova di una volontà politica nuova, di grande empirismo, di decisione nel superare lo scoglio degli espropri. E' questo l'ostacolo che fece naufragare i precedenti tentativi del Centro Sinistra per una legge urbanistica che avrebbe dato concretezza alla pianificazione del territorio e alla programmazione economica, abbinate come vuole la logica. Oggi si discute molto sui criteri dell'esproprio, e sulla misura degli' indennizzi da corrispondere ai proprietari dei terreni. In mezza Europa la questione è stata risolta da trent'anni. Vale la pena di citare ancora gli inglesi, perché hanno in questo campo una tradizione sorretta da una forte dose di buon senso. L'esproprio L'«Acquisition of land Act», del 1946, è un modello di equità e di snellezza. L'esproprio è consentito per moltissimi casi, minutamente elencati: da un programma di sviluppo urbano alla tutela di un edificio storico, alla creazione di campi da gioco. L'ordine di esproprio viene pubblicato sul giornale locale: se il proprietario non fa ricorso entro 21 giorni la decisione è automaticamente approvata. Il proprietario viene compensato con un indennizzo che i non ha misura fissa ma varia in rapporto alle situazioni. Generalmente si tenta l'accordo in via bonaria. In mancanza di questo, interviene il « Lands Tribunal », che sollecitamente fissa la misura dell'indennizzo. Per i terreni destinati alle « New Towns » è stato pagato il valore di mercato nel tempo antecedente la designazione del luogo. Cioè il valore agricolo. Non tutte le esperienze altrui sono valide, o-imitabili. Ci possono aiutare a compiere quelle rotture col passato e con le abitudini che sembrano indispensabili al successo della « polìtica casa ». Non si tratta di una riforma dell'edilizia pubblica, ma- di una svolta nell'economia, nella cultura, anche nel costume che aveva deformato lo stesso concetto di casa, disumanizzandolo. . Mario Fazio

Persone citate: Fanfani, Keynes, Mario Fazio