I successori tra guerra e pace di Arrigo Levi

I successori tra guerra e pace I successori tra guerra e pace Non solo gli egiziani, ma tutti gli arabi parlavano di pamal Abdel Nasser come ;del Rais, il capo. La posizione di primato dell'Egitto fra le nazioni di lingua araba non basterà a dare al suo successore, chiunque tegli possa essere, un'eguale influenza e prestigio. Anche coloro che in passato avevano criticato più severamente Nasser, le sue ambiguità, le sue pericolose oscillazioni fra estremismo e moderazione, si domandano che cosa accadrà dopo di lui; si teme che la situazione del Medio Oriente, già così drammatica, diverrà ancora più esplosiva. La sua ultima azione politica è stata una delicata e diffìcile azione di compromesso, in cui si riconosceva la statura di un notevole politico e che solo lui, fra tutti gli arabi, avrebbe potuto realizzare. La riconciliazione fra re Hussein e i capi palestinesi, dopo una settimana dì scontri sanguinosi e crudeli come non si erano mai visti prima nel Medio Oriente, nelle tre guerre arabo-israeliane, era stata acclamata come un capolavoro di diplomazia del Rais. In questo sforzo supremo — ora sappiamo quanto esso pesasse anche sull'uomo — la sua fibra è stata stroncata. L'ultimo Nasser è apparso, agli arabi ed al mondo, come l'uomo del comproi messo fra le forze in lotta nel mondo arabo, forse anche nel conflitto fondamentale fra israeliani ed arabi. E chi altro avrebbe potuto farlo? In luglio egli aveva annunciato l'accettazione del « Piano Rogers » per un negoziato di pace e aveva detto che questa accettazione era «senza riserve ». Aveva così iniziato un giuoco politico ambizioso e rischioso, che poteva portare alla pace, coronamento della sua opera di statista, o costargli la guida del mondo arabo. Per la prima volta, Nasser era apparso il leader dei moderati. Gli estremisti lo avevano subito attaccato con violenza. « La guerra di liberazione popolare — aveva detto George Habash — rimane l'unica via che si offre alla nazione araba per schiacciare le forze sionisteBisogna respingere qualsiasposizione contraria alla mobilitazione e all'armamento delle masse». Poteva portare, la scelta di Nasser, alla pace? Lo stesso Rais, parlando al Congresso dell'Unione socialista araba al Cairo, aveva detto il 24 luglio: «Non ho molta fiducia in una soluzione pacifica ». Tuttavia, accettando il « Piano Rogers », egli appariva pronto a riconosceredi fatto, Israele. Era questo un potenziale rovesciamento delle posizioni tradizionaliNeppure gli israeliani credevano molto alle possibilità di pace e tuttavia avevano accettato anch'essi la tregua. La rottura della coalizione israeliana, con l'uscitdal governo dei nazionalistdi Begin, era stata la controparte della rottura frNasser e gli estremisti arabi. Sembrava così delinearsi un incontro tra le forzdel compromesso. Subito dopo, però, gisraeliani avevano accusatNasser di avere violato ltregua, rafforzando il proprio schieramento missilstico nella zona del Canalecontro gli accordi pattuitGli americani, che controlano la zona dal cielo e dalo spazio, avevano confemato che l'accusa era veraCosì le conversazioni dpace si erano arrestate ancora prima di incominciarIntanto, contro il negoziatosi erano mossi gli estremsti di Habash, con il rapmento degli aerei, che erun chiaro tentativo di sabtaggio della trattativa. Non pochi osservatori pesano che Nasser, rafforzando il dispositivo missilistco, non intendesse in realtpreparare un nuovo conflito, ma soltanto rafforzarla propria posizione nell'imminente negoziato. Lo steso ministro della Difesisraeliano Dayan, pur dnunciando l'azione, egiziannon esitava a dichiarare chla guerra era ormai nelfase finale, poiché anche l'Egitto voleva la pace. Quale che fosse l'ipotesi giusta su questo giuoco rischioso del Rais, l'esplosione giordana rendeva vana, per il momento, qualsiasi possibilità di negoziato. O forse era questa un'azione concordata fra Nasser e Hussein per schiacciare gli estremisti palestinesi, come taluni fra questi affermavano? Noi non sappiamo In realtà come siano andate le cose. Sappiamo però che Nasser era ancora una volta intervenuto, con uno sforzo supremo e faticoso, come unificatore e mediatore tra forze contrarie, come conciliatore tra Hussein e Arafat, a sua volta considerato il più moderato fra i leaders palestinesi. Ma il significato vero dell'accordo era ancora tutto da scoprire. Soprattutto, rimaneva senza risposta (mentre Nasser, con un estremo sforzo della volontà, svolgeva i suoi ultimi compiti di ospite verso i capi arabi convenuti al Cairo) un interrogativo fondamentale: questo compromesso avrebbe consentito la ripresa del negoziato fra Israele e il mondo arabo, o le residue possibilità di negoziato erano state sacrificate all'unità araba? Si attendeva dal Rais, dalla sua abilità e dal suo senso di uomo di Stato, una risposta. La scomparsa subitanea del maggiore leader degli arabi lascia purtroppo questa domanda in sospeso. Di qui il senso di angoscia e smarrimento che ha colto, non soltanto gli arabi, ma il mondo intero. Che cosa faranno, che cosa sapranno fare, i successori del Rais? L'evoluzione del pensiero e dell'azione politica di Nasser nei suoi ultimi mesi apparve rivolta, nel. complesso, verso un tentativo di accordo con Israele. Ma la drammaticità degli eventi delle ultime settimane e la incompiutezza dell' ultimo atto politico del Rais — il compromesso fra Hussein e Arafat — indicano quanto sia incerta l'eredità politica che egli lascia all'Egitto e al mondo arabo, in un momento nel quale la pace e la guerra sono ancora in gioco. . Arrigo Levi

Luoghi citati: Cairo, Egitto, Israele, Medio Oriente