Fra Hussein ed Arafat firmato un armistizio di Sandro Viola

Fra Hussein ed Arafat firmato un armistizio Uno spiraglio di pace per la Giordania Fra Hussein ed Arafat firmato un armistizio Liberi 15 ostaggi degli aerei dirottati nel deserto , i e l i n a e l (Dal nostro inviato speciale) Beirut, 25 settembre. Ad Amman, in Giordania, non si spara più. I guerriglieri palestinesi hanno accettato le proposte per una tregua avanzate la scorsa notte dai mediatori inviati da Nasser. Da essa dovrebbe scaturire, nei prossimi giorni, un nuovo accordo di coesistenza tra Hussein e le formazioni della guerriglia. L'annuncio è venuto stamane, intorno a mezzogiorno, da Radio Amman, per bocca del presidente sudanese Nimeyri, il quale ha letto un appello di Yasser Arafat ai fedayn che combattevano da otto giorni contro l'esercito giordano. « Ho incontrato il fratello combattente Arafat », ha detto Nimeyri, « ed egli mi ha chiesto di comunicarvi questo appello.' Le circostanze che voi conoscete, i suoi obblighi di comandante della resistenza, gli impediscono di essere qui per parlarvi direttamente. Perciò vi leggo io il suo appello ». Una pausa, poi Nimeyri ha letto lentamente le parole dì Arafat: "Do il mio accordo alla proposta di tregua, e l'ordine a tutte le forze della resistenza di cessare immediatamente il fuoco" ». Incontro nella notte L'incontro tra Nimeyri ed Arafat era -àovemitfr nelle ^ultime ore della notte. I componenti della missione araba, giunti ad Amman in serata, si erano recati alla sede della radio e da lì avevano lanciato un messaggio ad Arafat: «Siamo pronti ad incontrarvi, diteci dove». Due ore dopo, il tempo che il comando dei guerriglieri ad Amman comunicasse con Damasco attraverso le sue radio (una risposta diretta, con l'emittente che si trova nel ridotto di Arafat, avrebbe fatto individuare ai tecnici giordani il luogo dove si cela il comando), veniva la risposta da radio Damasco: « Trovatevi all'una di notte all'ambasciata egiziana sul Gebel Luebde, vi manderemo a prendere. I nostri combattenti sono stati avvertiti e non spareranno, fate avvertire le truppe giordane ». Qualcfie ora dopo Nimeyri e gli altri componenti della missione (Hussein Shafei — uno dei vice di Nasser —, il capo di Stato Maggiore egiziano Sadek, il Primo Ministro tunisino, il ministro della Difesa del Kuwait, un ministro di Feisal e il membro del Comitato centrale dei guerriglieri Ibrahim Bakr) si trovavano nel ridotto di Arafat. Essi erano portatori di questo « pacchetto », elaborato personalmente da Nasser: 1) formazione di un governo che tenga presenti le esigenze di tutte le parti interessate, anche dei militari; 2) ritiro di tutti gli arenati — fedayn ed esercito giordano — dalle città; 3) accordo di coesistenza tra monarchia e movimento palestinese, garantito da una commissione militare permanente dei paesi arabi in Giordania. Contro queste proposte Arafat aveva pronta un'altra base di trattative. Essa era stata preparata nella riunione di ieri, a Damasco, da quindici membri del Comitato centrale, tre dei quali venivano dal Cairo (dopo essere stati liberati da Hussein mercoledì) e cinque da Amman, con disposizioni del comando dei fedayn. Le controproposte presentate da Yasser Arafat a Nimeyri erano queste: 1) siamo pronti a rinunciare alla pregiudiziale della caduta del governo militare prima di qualsiasi trattativa. D'accordo per un cessate il fuoco, i primi colloqui per la sistemazione del conflitto li faremo anche con i militari; 2) subito dopo, però, dovrà essere insediato un « governo nazionale »: e solo allora si procederà allo sgombero delle nostre forze armate dalle città; 3) il governo giordano e gli altri Stati arabi devono impegnarsi a mettere da parte definitivamente qualsiasi progetto di soluzione politica del problema palestinese come problema di rifugiati, e dichiararsi disposti a rilanciarlo come questione nazionale (rifiuto del piano Rogers). Abilità diplomatica Il Presidente sudanese ed i suoi colleghi prendevano atto delle controproposte per l'accordo definitivo e intanto ottenevano da Arafat il consenso per la tregua. Ad Amman si sparava ancora, ma poco (dopo la battaglia di ieri nel Gebel Luebde, intorno al collegio « Terrasanta », alla fine della quale i beduini avevano preso prigionieri circa quattrocento fedaynj e a giorno ormai fatto la missione araba rientrava nel settore della città controllato dall'esercito del re. A mezzogiorno Hussein ripeteva per radio l'ordine alle sue truppe di rispettare il cessate il fuoco; pochi minuti dopo — come abbiamo visto — Numeyri leggeva l'appello di Arafat ai guerriglieri. Nasser è riuscito, ancora una volta, a realizzare un'operazione diplomatica estremamente abile. E' questa la prima considerazione che scaturisce dagli avvenimenti di oggi. Nel suo primo intervento sui fatti giordani, quarantott'ore dopo l'inizio dell'attacco dell'esercito nontro le posizioni militari nei campi dei rifugiati palestinesi, il rais aveva lanciato la formula « né vinti, né vincitori ». Questa formula sembra stasera esprimere, con sufficiente precisione, il bilancio dei nove giorni della guerra civile giordana. Certo, bisognerà attendere lo svolgersi della trattativa, l'accordo che ne uscirà, e solo allora sì potrà esprimere un giudizio definitivo. Ma è quasi certo che esso non si dìscosterà dalla formula nasseriana. Era stato Nasser ad aprire ieri, al Cairo, con quel suo stile sempre così spregiudicato, la via alla sistemazione dell'« affare » giordano. Il « giallo » delle dimissioni del primo ministro di Hussein, Mahmud Dawud. ha infatti i connotati di altre operazioni nasseriane. La storia sarebbe — altrimenti — incredibile: un Primo Ministro che scompare dall'albergo dove si trova, una lettera di dimissioni scritta sulla carta un po' crespa (di gusto americano) dell'hotel « Hilton », un appello alla concordia tra giordani e palestinesi del capo del governo militare che ha iniziato le operazioni di guerra contro i fedayn; infine, ventiquattr'ore dopo, il romanzesco ritrovamento. Ma il « giallo » Dawud ha un'utilità pratica quasi decisiva. Per la Costituzione giordana, quando il Primo Ministro si dimette, tutto il go verno è dimissionario. Il go verno militare nominato da Hussein il giorno prima che la sua artiglieria cominciasse a sparare contro i potesti nesi è dunque oggi — alla vigilia dell'inizio delle trattative con i fedayn — dimissionario; e resta in carica, su richiesta del re, solo fino alla nomina d'un nuovo ministero. Inutile sottolineare come questa situazione renda più facile e sbrigativo il passaggio a quello che sarà il nuovo governo giordano. Hussein non dovrà neppure fare il gesto (che sarebbe equivalso ad una capitolazione), di dimettere il suo governo. Grazie ad un « intreccio » squisitamente arabo, dove le forme dissimulano il più possibile la sostanza, non saranno stati i fedayn avs ad ottenere la caduta del governo militare, ma i militari stessi a mettersi da parte. Le ultime ore di guerra (seppure saranno le ultime: per ora non si può che sperarlo) sono state ad Amman tremende. Mentre le autoblindo dell'esercito caricavano i cadaveri dalle strade a dieci, quindici per volta, andando poi a scaricarli in grandi fos¬ se comuni, la battaglia infuriava nelle zone dove sono restate fino a stamane le posizioni dei fedayn. Secondo la radio del Comitato centrale, un carro armato avanzava sul Gebel Hussein portando Sandro Viola (Continua a pag. 2 in settima colonna) Londra. L'arrivo all'aeroporto di Gatwick del primo gruppo di inglesi che hanno potuto abbandonare Amman (Tel. Upi)