Benvenuta la retorica di Renato Barilli

Benvenuta la retorica Dopo alcuni secoli di diffidenza e rifiuto Benvenuta la retorica Renato Barilli: « Poetica e retorica », Ed. Mursia; Heinrich Lausberg: « Elementi di retorica », Ed. Il Mulino; « Trattati di poetica e retorica del Cinquecento », a cura di Bernard Weinberg. Ed. Laterza, pag. 645, lire 8000. Qualche anno fa, Roland Barthes, con una preziosa definizione della retorica, in qualche modo veniva a consacrarne la rinascita, dopo alcuni secoli di diffidenza o di rifiuto. La retorica — egli scriveva — non è altro che la tecnica dell'informazione esatta, ed è legata non solo a ogni letteratura, ma altresì a ogni comunicazione, poi¬ ché vuol far capire all'Inter locutore che lo riconosciamo come tale; la retorica, come concludeva Barthes, è la dimensione amorosa della scrittura. Persuasione e artificio La retorica, insomma, risponde a due esigenze fondamentali: da un lato, il rapporto con gli altri, cioè la comunicazione del proprio messaggio con tutti gli strumenti atti a renderlo comprensibile, persuasivo, accettabile, ma anche la dimostrazione dell'interesse per la per. sona o le persone con cui s) parla, dello sforzo di stringere con esse un colloquio che non sìa neutro, gelido, privo di quello slancio di convinzione e di persuasione, che è legato alla comunicazione; dall'altro lato, la costituzione delle strutture della letteratura in quanto essa è anzitutto artificio, cioè un modo di dire diverso da quello consueto, normale, comune. La decadenza della retorica nasce, allora, da una fondamentale indifferenza per gli altri e da una fiducia assoluta o nell'evidenza della ragione (che è una bella pretesa) o nell'imposizione massiccia, automatica, delle parole d'ordine, che non hanno bisogno di nessun strumento « amoroso » di persuasione. Da posizioni un po' diverse rispetto a quelle di Barthes, ma ugualmente ancorate a una rivendicazione del valore della retorica muove, ora, Renato Barilli nella lucida introduzione alla sua raccolta di studi intitolata significativamente Poetica e retorica, dove espone suggestivamente sia le ragioni della crisi della retorica, durata per quasi quattro secoli, sia quelle della sua attuale rinascita. La crisi nasce, per Barilli, quando, già in età rinascimentale, si contrappongono ragioni e sentimento, scienza e poesia, preludio a quella divisione radicale che il razionalismo settecentesco e la moderna filosofia della scienza porteranno all'estremo. Le verità della ragione e della scienza non hanno bisogno della retorica, tutti naturalmente devono conformarvisi, chi non lo fa o è uno stolto o è un ribelle pericoloso; alla poesia non rimane che rifugiarsi nella pura contemplazione dell'anima bella, nell'effusione dei sentimenti (come accade nel Romanticismo) o nell'imitazione più fedele possibile degli oggetti, come fanno i realisti e i naturalisti: tutti modi che escludono la retorica come male, e coniano il mito pernicioso e assurdo della spontaneità e della semplicità nell'arte. Una base scientifica Il risultato è una ragione e una scienza che si impongono costrittivamente all'uomo senza lasciargli libertà e scelta, e un'arte che non comunica più, perché ha perduto lo strumento atto a parlare agli altri, cioè la retorica, e, al tempo stesso, rinuncia ad avere un fondamento di razionalità e di scientificità, in quanto ha abbandonato la retorica, che è, secondo Barilli, l'insostituibile strumen¬ to tecnico per dare una fondazione scientifica alle discipline umanistiche. Insieme con le teorie classiche della retorica (Cicerone), sono esaminate da Barilli anche quelle rinascimentali (Fracastoro), ma soprattutto egli appunta la sua indagine sulla crisi della retorica fra Cinquecento e Seicento (Castelvetro, Patrizi, i trattatisti barocchi, il Vico), per segnalare, infine, l'isolata posizione del Leopardi, l'unico che abbia avuto consapevolezza della necessità della convivenza fra immaginazione e intelletto, cioè fra retorica e dimostrazione razionale e scientifica, nonché le contemporanee reviviscenze della retorica (in Roland Barthes, ad esempio). Ma Barilli indica una via assolutamente necessaria per ricostituire l'antica unità sotto la garanzia della retorica: il riportarsi, cioè, ai tempi che precedettero la dissociazione fra discipline umane e scienze. Ecco, allora, i preziosi Elementi di retorica di Heinrich Lausberg, tradotti ora a cura di Lea Ritter Santini, che ha premesso loro una trattazione precisa ed esauriente della dottrina retorica classica, con un esame e un'esemplificazione di tutti i modi e le figure che essa elaborò, teorizzò e applicò. Ed ecco che, proprio ora, la pubblicazione, a cura di Bernard Weinberg, dei Trattati di poetica e retorica del Cinquecento offre la possibilità di rifarsi all'ultimo periodo in cui la retorica appare coscientemente indagata e studiata come fondamento dell'artificio letterario e, insieme, come modo della comunicazione e come base del carattere oggettivo dell'opera d'arte, della critica, delle varie forme di esposizione, di orazione, di critica, di storia, di discussione scientifica o politica o filosofica. Le « due culture » Si prendano, nell'ampia raccolta del Weinberg, soprattutto La poetica del Trissino o i vari trattati del Delmina) (Della imitazione, Trattato delle materie che possono venir sotto lo stile dell'eloquente, La topica, o vero della elocuzione), gli scritti del Giraldi Cinzio, uno dei teorici e degli scrittori più acuti e vivi del secondo Cinquecento, la Poetica del Daniello. Si potrà così verificare concretamente l'autentico valore e significato che ebbe la retorica come manifestazione della dimensione umana dello scrivere, prima che si aprisse l'età delle divisioni e dei ricatti ideologici sia da parte del razionalismo dispotico e autoritario, sia da par¬ te delle discipline umanistiche, costrette a far appello al sentimento e alle emozioni; mentre, al tempo stesso, sarà possibile ipotizzare, proprio in una rinnovata acquisizione di quella retorica alla nostra esperienza, il superamento dell'opposizione fra le « due culture », scientifica e umanistica. G. Bàrberi Squarotti

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