Cominciato il dopo Tito

Cominciato il dopo Tito Cominciato il dopo Tito (Il « disegno » del maresciallo per difendere l'unità della Jugoslavia) In Jugoslavia il dopo-Tito è già incominciato. Rivolgendosi ad un gruppo di militanti comunisti riuniti a Zagabria, il Maresciallo ha accennato apertamente al problema della sua successione. Ne aveva già parlato lo scorso anno al Congresso della Lega comunista, quando annunciò che era tempo di «far largo ai giovani». Ma questa volta è stato più esplicito ed ha avanzato proposte concrete: una Presidenza collegiale al suo ritiro e la ristrutturazione dello Stato. « Perché una simile riorganizzazione è necessaria? — ha chiesto Tito —. All'estero si è scritto più volte che la Jugoslavia sì sarebbe disintegrata il giorno della mia scomparsa. Devo dirvi che anch'io guardo con estrema preoccupazione al momento in cui uscirò dalla scena politica. Ho pensato che sarebbe possibile una grave crisi. Ed è perché la nostra comunità socialista non corra un simile pericolo — che molti del resto si augurano — che noi dobbiamo riorganizzare le nostre strutture interne». L'uomo che 25 anni fa costruì, sulle rovine del regno serbo, la Repubblica federativa dell'autogestione operaia, avverte che l'edificio sorto «dall'eroismo e dalla sofferenza» è ancora fragile. Tendenze centrifughe all'interno e forze ag¬ guerrite all'esterno ne minacciano la stabilità. Contro il pericolo d'uno sfaldamento dello Stato, cui Tito ha accennato nel discorso di Zagabria, si alzò già nel novembre scorso la voce di Milos Zanko, allora vice presidente del Parlamento federale, sollevando grande scandalo. Zanko denunciò nella Borba le manifestazioni di « nazionalismo » soprattutto in Croazia. Ma non solo non fu ascoltato: fu condannato come « unitarista » (cioè fautore dello Stato centralizzato) e privato del mandato parlamentare. Altri pericoli gravi, denunciati da Belgrado, sono il risveglio della propaganda neo-cominformista (soste-1 nuta, con l'appoggio di Mosca, dai seguaci di Alexander Rrnkovic, l'ex delfino di Tito silurato nel 1966) e gli esuli jugoslavi in Russia. Sono parecchie migliaia di persone, fuggite per la maggior parte dopo la rottura Tito-Stalin del 1948, le altre all'indomani dell'invasione della Cecoslovacchia. Loro leader sarebbe il montenegrino Vlado Dapcevic, condannato a vent'anni di lavori forzati nel '48, graziato nel '54 e poi fuggito nell'Unione Sovietica con sette colonnelli dell'esercito jugoslavo. Qualche mese fa la rivista Nin (di Belgrado) scrisse che gli esuli in Russia stanno tentando di dar vita ad un partito comunista clandestino, in opposizione alla Lega. La Presidenza collegiale vagheggiata da Tito allontanerà, le minacce che gravano sull'unità della Jugoslavia? Quest'organo di governo collettivo dovrebbe essere composto, secondo il Maresciallo, da due o tre esponenti di ognuna delle sei repubbliche che formano lo Stato federale (Slovenia, Croazia, Serbia, BosniaErzegovina, Macedonia e Montenegro): in pratica, da dodici o diciotto Primi ministri con eguali poteri. Essi dovrebbero appianare i conflitti, conciliare gli interessi e vincere le tendenze all'autarchia economica presenti in tutte le repubbliche. Un compito certamente difficile. « Queste tendenze — ha scritto Le Monde — hanno assunto proporzioni tali che ciascu na repubblica è divenuta v.no Stato nello Stato ». Alfonso Di Nola

Persone citate: Alexander Rrnkovic, Alfonso Di Nola, Milos, Stalin, Vlado Dapcevic