Il computer si diverte di Stefano Reggiani

Il computer si diverte La Biennale di Rimini Il computer si diverte La mostra-congresso di studiosi dell'ambiente umano - Un « supermercato » della ricerca (Dal nostro inviato speciale) Rimini, 21 settembre. Anche i computers si divertono: possono svolgere lavori « inutili », se chi li nutre ha fantasia e amore della ricerca. Alla prima Biennale di Rimini sull'ambiente umano suscita curiosità, e rispetto, una mente elettronica che abita all'Università di Pisa e che qui ha un suo terminal. Richiesta dal pubblico, tramite un esperto, la macchina rielabora e inventa la musica. Prende un brano noto e lo comprime e lo rimpasta da ridurlo a fischi, borbottìi e ciangottìi non sgradevoli, assume una serie concatenata di numeri come indicazioni di frequenza e vi costruisce sopra una sua sintetica sinfonia. Arriveremo alla musica su misura che uno, a casa, si ordina sulla tastiera dell'elaboratore, seguendo, fin dove possibile, i suoi umori e i suoi bisogni di consolazione. ■Che cosa è la Biennale di Rimini? Doveva essere una prima rassegna internazionale di design, poi ha cambiato nome, con una definizione più larga e insieme più dotta: Biennale di metodologia globale della progettazione sulle forme dell'ambiente umano. Design oggi è per tanti lettori sinonimo di industriai design, e gli architetti, gli urbanisti, i sociologi, gli ecologi convenuti a Rimini, per iniziativa del «CenIrò Pio Manzù», non hanno voluto trovarsi stretti in,uno schema troppo rigido. Design è tutto, sostengono, ogni forma artificiale che ci circonda, orni forma elaborata dall'uomo. I problemi dell'ambiente umano sono oggi gravi e numerosi: dall'inquinamento alla distruzione del verde, dalla sovrappopolazione all'edilizia, dalle comunicazioni al rispetto dei nuclei storici. La Biennale vorrebbe portare un contributo sperimentale alla impostazione di questi problemi. In che modo? Con una grande mostra di « segni », una specie di supermercato della ricerca, che ha trasformato i capannoni della fiera di Rimini in un bizzarro repertorio di .forme tecnologiche (tastiere, cubi, schermi) e di suoni « me derni » (stridii, deglutizioni, orgasmi). II lavoro dei partecipanti è diviso in gruppi, secondo gli opportuni principi della collaborazione interdisciplinare: i filosofi accanto ai disegnatori di poltrone e di sgabelli. Insieme cercano un collegamento tra quello che dicono i teorici e quello che possono fare gli operatori, in attesa implicita di una udienza politica che trasformi la « progettazione globale » in scelte concrete (il ministro Preti ieri all'inaugurazione ha detto di parlare soprattutto come « uomo di cultura »). La dimensione più appariscente della Biennale è quella giocosa: in un modo che apparenta la tecnologia al l'« arte ludica ». Il giuoco, la ricerca estetica — ha detto Argan all'inaugurazione — so no segni, strumenti di libertà (« Il progresso tecnologico non è irreversibile se non è accompagnato da una adeguata maturazione culturale »). Nel giuoco della ricerca filosofi e operatori si sono creati un linguaggio che spesso supera gli spazi legittimi del gergo professionale: una contaminazione di vari retaggi culturali che qualcuno potrebbe ritenere ambigua, altri iniziatica (con evasioni nella « poesia » e nelle ricche metafore). Se ne colgono tracce nelle motivazioni dei premi consegnati ieri. Dopo l'urbanista giapponese Kenzo Tange, Konrad Wachsmann è stato premiato perché «eleva la scienza costruttiva all'epica stessa del costruire, nell'ambito che va dalla prassi all'educazione, in perfetta aderenza con la dinamica della storia ». Il peruviano Fernando Belaunde-Terry, politico e progettista della Carretera Marginai de la Selva, ha « principi coinvolgenti in una misurata sistematica interazione la totalità delle strutture immanenti, portanti e umane della dimensione geografica e antropologica ». Accanto agli entusiasmi tecnologici il rispetto della filosofia tradizionale: Felice Battaglia premiato per le sue riflessioni « sull'antinomia dialettica dell'essere come totalità e valore» in una visione di trascendenza religiosa. Il dialogo, iniziato su questi differenti piani, porterà, dicono gli organizzatori; a proposte e anche ad errori: (f E' quello che vogliamo ». Il visitatore del supermercato riminese, sordo alle parole e all'enfasi degli addetti ai lavori, è attirato dagli stands dove la novità tecnologica indossa gli abiti più suggestivi. Il gruppo di ricerca sul tempo libero offre al profano una tastiera collegata con un computer. Su un piccolo schermo appaiono le doman¬ dtavfariteunsutiginbtrrece todplitacsdlanggvsdpvgbflCslctbtgrddcvlgtpmrdmGaa de ed alcune risposte orientative: il profano sceglie via via le risposte che gli si confanno e alla fine ottiene un ritratto del suo personale tempo libero e del modo di utilizzarlo. Dopo il computer che suona la musica e quello che s'interessa di loisirs, ce n'è uno che svolge un lavoro pratico. Il suo lungo braccio giunge dall'America, dall'Università di Cleveland. L'elaboratore studia le correnti di traffico e s'ingegna di fornire indicazioni perché la circolazione si svolga ordinata e senza code. La gente fa ressa anche attorno alla fortezza bianca denominata Pms. Da una porticina che si apre in un cilindro liscio, altrimenti inattaccabile, si entra in una specie di percorso obbligato che simula la « metafora di un delitto ». Il visitatore patisce la sua solitudine e cerca un nuovo rapporto con gli oggetti. La sigla indica un « progetto minimo di sopravvivenza », giovanotti dall'aria sorniona fanno la guardia e distribuiscono all'uscita un pacco di materiale illustrativo. I costruttori sono i designers di una fabbrica di mobili che in questo modo riaffermano la libertà (o almeno la fantasia) del loro lavoro. C'è anche chi ha distribuito scatole di metallo ben sigillate che denunciano dall'etichetta di contenere un estratto d'uomo sotto vuoto spinto. Nei prossimi giorni i dibattiti continueranno, scartando l'ambizione di raggiungere risultati concreti. Eppure c'è una cosa che ecologi, designei's e arredatori desiderano: che la scuola si occupi finalmente del loro lavoro, che si cominci a scuola a decifrare quel linguaggio che, oggi, per gli svantaggi della creazione estemporanea, sembra pericolosamente insidiato dalla retorica. Stefano Reggiani

Persone citate: Argan, Felice Battaglia, Kenzo Tange, Konrad Wachsmann, Manzù, Preti

Luoghi citati: America, Rimini