"Insula,, in Spagna di Angela Bianchini

"Insula,, in Spagna La generazione del poeta Gerardo Diego "Insula,, in Spagna a a o n , e , o oa. è o eie di io el e e, io, di se o ifiel¬ «Insula», n. 284-285, anno XXV, julio-agosto 1970, Madrid, 100 pesetas, pagine 43; Gerardo Diego: « Clausura e volo », prologo e versioni di M. C. D'Arrigo-Bona, Ed. Guanda, pagine 327, Lire 3000. A Madrid, nel gennaio del 1946, in una piccola libreria specializzata in libri stranieri, e chiamata Insula, nasce una rivìstina dallo stesso nome. Sono anni brutti per la Spagna: un inverno duro, per strada i soldati ancora sotto le armi dopo la guerra civile, e poi file, file di tutti i generi: per il pane, per il carbone, per le visite ai prigionieri nel carcere di Carabanchel. L'Europa, che ai commentatori franchisti appare come « una rovina insanguinata e tremante », è, in realtà, assai più viva di-questa tragica Spagna dove poche e sparute sono le tertulias degli intellettuali, desueti e inutili i libri recensiti, anacronistici i temi dibattuti. Soltanto la poesia resiste, con alcune rivistine e collane, e pochi nomi sicuri, Alexandre, Ddmaso Alonso, Gerardo Diego, molti poeti dediti a melanconie, e altri, Blas De Otero, Valverde, che si apprestano, proprio in quegli anni, a levare una voce di più severa tristezza. Insula, che mantiene ancora oggi una veste modesta e anglosassone da bollettino bibliografico e ha, tuttavia, celebrato gioiosamente, in questi giorni, il suo venticinquesimo anniversario, ebbe come primo merito l'indipendenza intellettuale. Fondata da Enrique Canito, formatosi alla letteratura negli Anni Venti sotto il magistero dell'allor giovanissimo Pedro Salinas, e da José Luis Cano, poeta e critico, mostrò di saper resistere bene alle pressioni governative. Bersagliata varie volte per le sue scelte eterodosse, accusata, alla morte di Ortega y Gasset, di essere liberale e orteguiana, fu sospesa nel 1956 per un anno intero. Il paese disperso Ostico, alla censura, era. a dire il vero, il suo programma iniziale: fondere le due Spagne, quella rimasta in patria, e l'altra, anche più vasta, dei tanti spagnoli dispersi o esuli. Ne fanno fede, fin dai primi anni, alcuni numeri, oggi pregiatissimi: lo studio dedicato alla lirica di Guillén, le lettere tra Ddmaso Alonso e Saiinas, le divagazioni di Juan Ramon Jiménez sullo « spagnolo perduto », il castigliano, cioè, ormai stratificatosi nell'animo degli esiliati. E poi i tanti omaggi alle figure più significative della scienza spagnola: Americo Castro, Menéndez Pìdal. e i recuperi dmsloCLds«ndihictcsrCmr di un Max Aub e di un Ramon Sender. A Insula si deve la diffusione in Spagna della nuova letteratura cubana e delle opere di Garda Mdrquez, di Carlos Fuentes e di Vargas Llosa. Altamente proficuo, dunque, quel legame col passato e, in particolare, con la « Institución libre de ensenanza» e con la generazione dei poeti del '27, Guillén, Saiinas, Lorca, che Insula non ha mai voluto nascondere. La generazione del '27, con i suoi sottili legami di amicizia e di interdipendenza intellettuale, fa da sfondo anche allo studio e alla bella scelta dedicata da M. C. D'Arrigo-Bona a Gerardo Diego, Clausura e volo. Carmen e Lola «Serio, duro, marito di Carmen per molti anni, non può resistere al desiderio di divertirsi di tanto in tanto con Lola... Un entusiasta della "causa". La "causa" è sempre la poesia. La più antica o la più moderna quella di Soto De Rojas o di Huidobro, quella di Lope o di Juan Larrea »: questa la definizione lapidaria del poeta-professore Gerardo Diego, offerta da Saiinas tanti anni fa. A Diego dobbiamo la fondazione, nel 1927, della nuova rivista, quasi d'avanguardia, Carmen, completata da un supplemento umoristico, Lola, poi l'iniziativa dell'ormai famosa celebrazione del centenario di Góngora, la pubblicazione dell'anche più famosa antologia della poesia spagnola contemporanea, nel 1931. Non basta: anni prima, era stato Diego a immettere nel clima post-modernista la nuova aria futurista del « reaci monismo » del cileno parigino Vicente Huidobro e dello spagnolo Juan Larrea (tradotto in italiano nel 1969 presso Einaudi). La D'Arrigo si sforza, in uno studio volenteroso, ma mancante di bibliografia, di fissare su alcuni temi la poesia dì Diego, spesso accusata di dualismo o volubilità. Ma non. c'è critico importante che gli neghi un « fine gusto letterario », da grande mino re di altissima scuola, come sottolineò Oreste Macrì alcuni anni fa. Esso si esem plifica assai bene in quella lirica dell'amicizia e della poesia rinnovata che Diego consacrò al morto Huidobro nel 1953: « Voglio parlarti Vicente I nel tuo dialetto naturale l dimenticato nella natale Santiago. / addormentato nella terrena Valparaiso I andasti alla foresta una mattina/e gridasti "Adamo 1 alzati e parla" I e ti parlò e imparasti il suo alfabeto ». Angela Bianchini

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