Lawrence senza Arabia

Lawrence senza Arabia Fu soltanto un agente segreto senza scrupoli? Lawrence senza Arabia PMfitp Knightley-Colin Simpmk « Le vite segrete di Lawrence d'Arabia », edizioni Mondadori, pagine 383, Lire 3000. Sottile come un foglio di carta, con la bocca perennemente occupata da una risatina nervosa, più ardito di un santo e più cinico di un politicante, non ancora ventenne Thomas Edward Lawrence volle sfidare le divinità che proteggono i destini mediocri, le esistenze oscure e rassegnate. Lo sosteneva un orgoglio smisurato, insieme creativo e distruttivo, che non sapeva rispettare nulla di sacro. Figlio di una modesta istitutrice, che tra sospiri e rimorsi si sarebbe illegalmente unita a uno scialbo gentiluomo irlandese, da tempo sposo insoddisfatto e già quattro volte padre, Lawrence volle ben presto rompere le pesanti catene famigliari, sacrificando senza rimpianti quelle abitudini che racchiudono gli sbiaditi affetti quotidiani. Il coraggio prende forma dalla intelligenza, ignorando ogni superfluo scrupolo: la spavalderia crudele dell'adolescente anticipa le tenebrose ossessioni del condottiero, i vizi psicologici del futuro scrittore. Lawrence trascorre lunghe ore al poligono di tiro, addestrando entrambe le mani a un uso rapido e preciso della rivoltella. Come un potente magnete, l'archeologia raccoglie i suoi primi e accesi interessi intellettuali. Incapace di dominare la sua forza nervosa, egli alterna allo studio massacranti prove di resistenza fisica: spesso senza toccare cibo, si ostina a percorrere decine di chilometri curvo sul manubrio di una bicicletta sportiva, si costringe a sfibranti marce solitarie. Neve, gelo, buio divengono allora i migliori alleati della sua follia. Con un gusto sottile del rischio, Lawrence amava tal¬ ¬ volta barare spudoratamente nella conversazione: senza nascondere un'ombra d'iste ria, passava da una generosa cordialità al più crudele sarcasmo. Né disdegnava di apparire misterioso, infantilmente imprevedibile, prigioniero di atteggiamenti in ogni modo artificiosi. Eppure ci si sforzerebbe invano di ritrovare in un simile personaggio le assurde ambizioni dei dandies, la loro decorativa stravaganza e la loro affascinante inconsapevolezza del male. Lawrence non disprezzava la giustizia anche se ne aveva una concezirine distorta, non dileggiava la serietà. Al contrario. Di statura appena inferiore alla media, con una testa da mezzo gigante sopra il collo sottile e i tratti del volto tesi, egli era il ritratto vivente di una volontà che riusciva a mutare anche le Inclinazioni, i più rigidi e predeterminati disegni del destino. Nel suo mondo, quale ci viene descritto nei Sette pilastri della saggezza, non trovano posto il malessere e la frustrazione, che a volte ristagnano come nebbie sopra le vite più borghesi. Nell'autunno 1907, Lawrence raggiunge il Jesus College, a Oxford. Non molto dopo, in un giorno che si rivelerà decisivo, incontra David George Hogart. Un tipo, anche costui, da meritare un proprio spazio nelle colonne della più avvincente cronaca romanzesca di quegli anni. Orientalista, direttore dell'Ashmolean Museum, scrittore e stimato archeologo, Hogart nascondeva tra le pagine dei suoi libri dettagliati rapporti politici, informazioni militari e altri documenti riservati. Alla scuola di questo ligio suddito britannico, freddamente deciso a servire gli interessi dell'impero, Lawrence imparò ben presto a giocare quasi amorosamente con le spietate leggi della politica, dello spionaggio e final mente della guerra. Il dilettante di sensazioni, e e che obbedisce disordinatamente alla propria curiosità, si dissolve al momento giusto e fa posto al professionista. E come tale, durante la sanguinosa rivolta araba, da lui stesso fomentata, Lawrence combatte e insidia, accarezza e uccide. I fatti sono noti, avendo alimentato non si sa quante opere a carattere documentario o storico o schiettamente romanzesco. Durante la prima grande guerra, le schiere inglesi non conobbero comandante più meritatamente leggendario: con una strategia, che gli meritò il titolo di « Principe Dinamite », Lawrence seppe assestare colpi mortali alle linee di rifornimento dei suoi nemici. Abilissimo nel predisporre piani, nel congegnare audaci tattiche offensive, egli possedeva e sapeva sfruttare unrfascino malizióso, naturale e insieme ambiguo. Fin qui, apologeti e detrattori, tutti sono d'accordo. Ma, si sente chiedere con diversa intonazione, quali ideali o interessi serviva il Lawrence? Gli. autori di questa biografia, ricchissima di notizie anche inedite, sostengono insistentemente una tesi, che non abbandonano mai. Lungi dall'appoggiare la causa di quella libertà, che prometteva agli arabi come premio del loro sacrificio alla causa inglese, il « Principe Dinamite » non avrebbe mai sentito il bisogno di tradire il proprio dovere. In altre parole, egli avrebbe giocato gli arabi con la spietata temerarietà del più zelante agente segreto del secolo. Il che è troppo dire. A quanto si può intendere, scorrendo i suoi scritti, Lawrence credeva in quella gloria, che sola accompagna il silenzio della tomba. Probabilmente, dedicando ogni suo gesto ai posteri, egli si era sforzato di sfuggire ai meschini giudizi dei suoi contemporanei. Avrebbe voluto scrivere la propria storia nella roccia, affidare il proprio ricordo alla durezza del marmo. E, inseguendo questo progetto irrealizzabile, Lawrence si espose involontariamente al più tragico dei de stini. Quello di veder confusa la propria esistenza con una ippf immateriale leggenda, che si presta a venir deformata dai più volubili capricci della fantasia. Antonio Debenedetti i a o o e , , à e

Persone citate: Antonio Debenedetti, David George, Lawrence D'arabia, Thomas Edward Lawrence

Luoghi citati: Arabia Pmfitp Knightley, Oxford