Posta NORD/SUD

Posta NORD/SUD Posta NORD/SUD Dall'isola di Ponza ha portato a Torino l'amore per la pittura - Al giovane di Reggio Calabria che dice di odiare la sua città (lo contorta un fidanzato deluso) Stipendio 120 mila, affitto 60 mila lire più le spese extra - La maestra di Bari Uno studio all'ultimo piano di un vecchio palazzo, nel centro di Torino: dalle finestre si vede uno scorcio di collina, la Mole Antonelliana sui tetti delle case. Qui lavora il pittore Antonio Munciguerra. Ha 39 anni: giovanissimo ha lasciato l'isola di Ponza, dove è nato, per seguire il padre, carabiniere, che era stato trasferito nella nostra città. Dell'isola natia ha un ricordo struggente, legato ad episodi della sua fanciullezza, ma non intende lasciare Torino: « Qui mi sono sposato, sono nati i miei figli, ho incominciato a dipingere. Tutta la mia vita è in questa città». Ho ereditato la passione della pittura dal padre, esperto restauratore di affreschi. « Anch'io ho incominciato come restauratore — racconta —. Mi piaceva lavorare nelle chiese, in quell'atmosfera tranquilla, spirituale. Ma non ero soddisfatto del mio lavoro, troppo anonimo. Un po' alla volta ho aperto gli occhi e mi sono avvicinato a quelle torme che sentivo di più ». Come tutti gli artisti, è passato attraverso molti periodi: « Ho anche avuto il mio momento di astrattismo — dice —. Ma non ne ero convinto. Io amo la realtà delle cose, anche se preferisco scontornarla con i miei colori tenui, per donare ai miei quadri quella poesia che percepisco in tutte le espressioni della vita ». Non tutto è stato facile. «Quando ho lasciato il lavoro di restauratore per dedicarmi alla pittura vera — dice — ho dovuto superare molte difficoltà. Avevo lasciato il pane sicuro: mia moglie era preoccupata e non nascondeva le sue apprensioni. Ma non ha mai detto nulla: da vera piemontese mi ha lasciato fare, concedendomi tutta la sua fiducia ». Adesso Munciguerra può considerarsi « arrivato ». Ha esposto in parecchie personali in Italia e all'estero, i suoi quadri sono stati notati dai critici. SI è specializzato in nudi femminili, ma le sue donne non hanno nulla di impuro, immerse in voragini di verde di ogni tonalità. Questo colore, che predomina nelle sue opere, è il simbolo della speranza che accompagna il pittore nella sua vita. Il fidanzato senza soldi è un cacciatore di dote Al giovane di Reggio Calabria che aveva scritto una lettera In cui affermava di odiare il proprio paese perché, pur essendo diplomato, non gli riusciva di trovare lavoro ed era costretto a incontrarsi di nascosto con la propria ragazza, per evitare pettegolezzi e maldicenze, risponde mìo studente..,torinese. «Sono un universitario al quinto anno di Medicina. Di famiglia non proprio povera: mio padre pensionato delle Ferrovie, mia madre casalinga. Figlio unico: tutti i sacrifici sono stati fatti per mantenermi agli studi ed io ho cercato di ripagarli applicandomi con serietà. Non sono uno sgobbone e neppure un primo della classe. Ho sempre fatto il mio dovere, punto e basta. Vorrei rispondere al giovane reggino che odia il suo paese. La mia situazione è identica alla sua. « Anch'io ho cercato Invano, nella civilissima Torino, un lavoro per non pesare più sui miei genitori. La risposta è stata sempre negativa. Per 1 pretesti più vari: il servizio militare, che dovrò fare al termine dell'università, sprecando cosi altri due anni; perché non avevo un'adeguata preparazione tecnica (In risposta ad una mia domanda di assunzione in una fabbrica come cronometrista); perché non posseggo l'auto (offerta di rappresentanza). Questo per il lavoro. « Problema ragazza. Da un anno frequento una giovane, figlia di un piccolo Industriale. Papà ha fabbrica, due auto, motoscafo. Lei la " 500 ". Io nulla. Perciò, definizione data dall'esimio signore per bene, sono soltanto un perditempo, uno che a 23 anni non ha ancora saputo fare nulla, un cacciatore di dote. Il fatto che io non abbia ancora lavorato perché studio e devo laurearmi passa in seconda linea. Il figlio di un ferroviere, è stato detto anche questo, non deve pensare alle lauree, ma deve lavorare. Per fortuna la mia ragazza non vede le cose allo stesso modo: siamo veramente innamorati e, quando sarò laureato, militesente e con un lavoro ci sposeremo. Per ora siamo costretti a vederci di nascosto, ricorrendo a mille sotterfugi. Suo padre, da uomo probo e onesto come è, ha speso perfino un mucchio di quattrini per farci pedinare. Ma quando un giorno gli ho chiesto di assumermi, magari come operaio, nel suo stabilimento fino al termine degli studi, ha risposto che " non aveva soldi da buttare via per mantenere un fannullone ". Caro amico, tutto 11 mondo è paese ». Segue la firma Il dramma della casa Uria pugliese, che vive a Torino da 13 anni, chiede: « Come si può pagare un affitto di 60 mila lire, guadagnandone circa 120 mila?». « Sono una tua affezionata lettrice, nata nei pressi di Bari, ma torinese di adozione, perché vivo a Torino da oltre tredici anni con mio marito e due bambini. Abitiamo in una camera e cucina: fino a poco tempo fa non si sentiva il bisogno urgente di cambiare casa, adesso che i figli sono cresciuti, il primo ha sei anni, l'altro tre, questa è diventata una necessità indispensabile. Io e mio marito siamo andati in giro per cercare un nuovo alloggio, ma siamo tornati con le pive nel sacco. Come può un operaio che guadagna circa 120 mila lire al mese, pagarne 60 mila d'affitto? « Questa è la cifra che ci hanno chiesto per tre camere e servizi in una casa di periferia. Voglio essere più precisa: 50 mila di pigione, 10 mila di riscaldamento (per tutto l'anno) e poi ci hanno detto che c'è sempre qualche extra. Io vorrei che questa lettera venisse pubblicata perché sia letta dal padroni di casa: forse loro sapranno rispondere a questa mia domanda: pagato l'affitto, come fa una tamiglia di quattro persone a vivere per un mese con 60 mila lire? Io non sono una donna che si tira indietro e ho sempre aiutato mio marito, compatibilmente al fatto che ho due figli a cui badare. Sono pantalonista e faccio qualche lavoro, cucio io stessa gli abiti per i bimbi, ma, per quanti sforzi faccia, non riuscirei mai a guadagnare una cifra simile. « Allora che cosa possiamo fa¬ re? Dobbiamo restare nel nostro alloggetto, sacrificando i bimbi che sono costretti a vivere tutto il giorno in cucina e la sera dormono su un divano lotto. Perché le autorità non esaminano seriamente il problema degli alloggi e non aiutano quelli che hanno veramente bisogno? Noi non ci rifiutiamo di pagare un affitto, purché sia onesto e ci permetta di continuare a vivere ». udia S. Un cane al bimbo che ha perso il suo La scorsa settimana abbiamo pubblicato la lettera di un ragazzo di Gioia del Colle (Bari), che per seguire i genitori a Torino ha dovuto abbandonare il suo cane e adesso ne vorrebbe avere uno. Molti lettori hanno scritto o telefonato per offrire un nuovo fedele amico: fra l tanti cuccioli, alcuni anche di razza, il ragazzo ne ha scelto uno che gli ricorda particolarmente il suo Nero. Delle molte lettere che sono ancora arrivate, pubblichiamo questa di una maestra di Bari. u Sono una maestra elementare di Bari ed ho letto la storia del piccolo Massimo Dell'Amico. Io, purtroppo, non ho cani da offrire: sarei ben lieta di poterlo aiutare, ma sono certa che altre brave persone provvederanrio ad esaudire u. suo modesto desiderio. Voglia invece dire qualcosa a questo simpatico ragazzo. Caro Massimo, la tua letterina mi ha commossa fino alle lacrime. Hai soltanto nove anni, ma possiedi già una tale bontà di sentimenti ed una purezza che rallegrano il cuore e ridanno il gusto della vita a chi, ormai vecchio e stanco, ha perso anche il coraggio di vivere. In un periodo in cui più nulla sembra aver valore, quando la violenza domina il mondo e tutto ciò che è spirituale non conta più, le tue lacrime per un cane, per il tuo piccolo cane, dimostrano che non tutto è contaminato, che i valori reali della vita esistono ancora nel cuore dei ragazzi, di quei bambini come te che un giorno, adulti, dovranno reggere le sorti del mondo. Per questo ti abbraccio e ti ringrazio, perché hai ridato un po' di speranza anche a me ». Rosa Martuzzi Il pittore Antonio Munciguerra ha uno struggente ricordo della sua isola ma non intende lasciare Torino

Persone citate: Antonio Munciguerra, Dell'amico