Israele per ora non pensa d'intervenire in Giordania di Igor Man

Israele per ora non pensa d'intervenire in Giordania Israele per ora non pensa d'intervenire in Giordania Dichiarazioni di Golda Meir alia partenza per l'America - Ma la situazione potrebbe cambiare qualora "forze ostili" a Tel Aviv intervenissero a loro volta (Dal nostro inviato speciale) Tel Aviv, 17 settembre. Israele interverrà in Giordania? Partendo alla volta di New York, la signora Meir ha detto ieri che Israele non intende ingerirsi negli affari interni dei Paesi vicini. Questa risposta indiretta al drammatico interrogativo che tutti si pongono, non è valsa a fugare dubbi e timori. La situazione, intatti, cambìerebbe se «forze ostili a Israele» intervenissero a loro volta in Giordania Altro compromesso? Il giornale Haaretz (indi1 pendente) scrive che Israele non risolverebbe nulla distruggendo questo o quel raggruppamento di fedayn. Un intervento sarebbe opportuno solo se esistesse la possibilità di trasformare un successo militare in una vittoria politica. Per Israele conta soprattutto avere un interlocutore valido al tavolo delle trattative. E non è detto che questi debba essere per forza re Hussein. Gli esperti militari ritengono che l'esercito giordano sia in grado di liquidare i guerriglieri. Gli esperti diplomatici non escludono che, nel caso d'una vittoria, necessariamente sanguinosa, il re decida di abdicare. Sembra di capire che agli israeliani non dispiaccia avere quale .possibile interlocutore un « duro » come il generale Habib Majali anziché Hussein. Le fonti ufficiali mantengono il massimo riserbo, limitandosi a ripetere quanto ha detto stamane il ministro Eban alla sua parien: a per gli Stati Uniti: « Il governo segue con la massima detenzione la crisi giordana ». In una conferenza ristretta, «ad alto livello », presieduta da Allon, che nell'assenza di Golda Meir e di Eban regge ad interim la presidenza e gli Esteri, s'è fatto stasera il punto sulla situazione giordana alla luce degli ultimi sviluppi militari e delle possibili implicazioni politiche. Non si esclude che ancora una volta tutto finisca nel¬ l'ennesimo compromesso: lo lascerebbe pensare l'angosciosa richiesta di Arafat ai Paesi arabi perché intervengano a porre fine alla lotta fratricida (ciò confermerebbe le difficoltà in cui versano i fedayn), l'appello lanciato in questo senso dal segretario della Lega Araba. Hassouna, e, soprattutto, il mancato intervento delle torze siriane e irakene. La notizia diffusa dal comitato congiunto dei palestinesi che tfe aerei americani sono decollati dalla Turchia diretti ad Amman vanno definite un ingenuo tentativo di allargare la crisi. Non è impossibile che aerei degli S. U. siano giunti o giungano ad Amman, ma soltanto per sgomberare gli americani. La sorte degli ostaggi L'America e la stessa Unione Sovietica appaiono decise a continuare negli sforzi intrapresi per « gelare » la situazione. Nonostante la tragedia giordana, non sono per dute le speranze di mantenere la tregua per rilanciare la missione Jarring. Le dichiarazioni del ministro degli Esteri egiziano Ryad suonano come una rinuncia al piano Rogers. ma. si nota qui, la Rau non ha chiuso del tutto la porta. Da parte sua Eban ha dichiarato stamane che incontrerà Jarring. Qui si pensa che il grave problema degli ostaggi ancora in mano dei fedayn di Habash stia per passare in secondo piano; torna d'attualità il negoziato. Se gli S.U. riusciranno a soddisfare tutte, o in buona parte, le « esigenze » che Golda Meir prospetterà con scontate franchezza e decisione a Nixon, prima o poi si tornerà a parlare di pace. Igor Man (4 pag. 2: Drammatico appello di Arafat a Nasse i'. A pag. 11: Angoscia nel mondo per la sorte degli ostaggi; piano americano d'intervento per liberarli?)