Adamo ed Eva negri felici contro il superman bianco

Adamo ed Eva negri felici contro il superman bianco Il cinema di protesta a Pesaro Adamo ed Eva negri felici contro il superman bianco (Dal nostro inviato speciale) Pesaro, 16 settembre. Sul lido di Pesaro è comparso un fantasma. E' il fantasma di Cocteau, evocato in « Le jouet criminel » (« Il giocattolo criminale») da uno spagnolo suo imitatore, Adolfo G. Arrieta, pittore prima che cineasta. Egli ha presentato tutto l'armamentario poetico dello scrittore francese: angeli dall'ambigua bellezza, delitti che maturano nel pensiero e per un attimo si fissano nella realtà, persino il suo attore preferito, Jean Marais. Quest'ultimo, che a sessant'anni suonati ha il coraggio di esibirsi in una seconda avanguardia distante dalla prima più di una generazione, è il punto forte della modesta pellicola. Ma il favoleggiamento del passato è andato ben presto in frantumi sotto l'urgere dei più drammatici problemi contemporanei esaminati dall'esordiente italiano Antonello Branca in « Seize the time » («Afferra il tempo»). L'autore aderisce all'ideologia delle « Pantere nere », il movimento che intende rivendicare il diritto delle genti di colore a portare le armi per difendersi « dall'oppressione dei bianchi » e determinare da sole il destino della propria comunità. Il regista ne tesse l'apologia e ne indica le prospettive. L'inizio è volutamente scanzonato. Siamo nel più idilliaco dei paradisi terrestri, dove un Adamo e una Eva neri vivono felici e si amano. La cosa però non garba ad un superman bianco, che tralascia la lettura del «Wall Street Journal » e piomba su loro, dalla sua macchina di gi-ossa cilindrata. Il movimento è accelerato alla Ridolini perché il regista non prende sul serio il personaggio: tanto che le parti s'invertono e alla fine saranno ì due a bastonare l'intruso. Di qui si passa ad una fase veristica scrupolosamente documentata e ad un momento epicoteatrale con recite, mimiche e canzoni allusive all'impegno ed alla violenza. Solo il finale I scivola nella retorica: con l'at tore Norman Jacob che ca| rica un fucile sotto gli ocelli del figlioletto per « bruciare sul tempo », secondo il titolo, gli avversari. La retorica dilaga nel lungometraggio francese « Camarades » (« Compagni ») di Marin Karnitz che accompagna un giovane bretone nella sua diffìcile vita da emigrato a Parigi e nella presa di coscienza rivoluzionaria attraverso il lavoro in fabbrica e l'iscrizione al sindacato di estrema sinistra. Assai più serie, a giudicare da quanto si vede nel documentario « Partizan zenshi » (« Preistoria dei partigiani n), le ultime leve giapponesi. Nioraki Tsuchimoto stende la cronistoria di una lunga battaglia scoppiata l'anno scorso all'Università di Kyoto, dove gli studenti si rinchiusero nella torre-orologio della facoltà di Lettere e si opposero per mesi con ogni mezzo alla forza pubblica. Molla della resistenza fu lo « Zenkyoto ». movimento che raccoglie tutte le sette giovanili della sinistra extraparlamentare dopo la scissione dallo « Zengakuren ». Il film mostra il dibattito teorico tra i suoi aderenti, la preparazione di tipo militare per il corpo a corpo con la polizia, gli scontri e la dura repressione che non sembrano piegare i leaders, i quali riproporranno la lotta di classe. Come un flusso della coscienza doveva scorrere l'altro film italiano, accolto con indulgenza in una mostra quali¬ ficata come quella del Nuovo Cinema: «Necropolis» di Franco Brocani. Invece i suoi stucchevoli monologhi e le fantomatiche apparizioni di visi noti (Pierre Clementi e Carmelo Bene, Tina Aumont) hanno solo indisposto il pubblico. Mentre un Frankenstein, rivale nella finzione di Montezuma, del diavolo, della sanguinaria ecc., scriveva sul muro per gli spettatori: «Maledetti, vi amerò », si levavano puntuali clamori di prolesta. Piero Perona

Luoghi citati: Parigi, Pesaro