I fantasmi di Porta Pia di Carlo Casalegno

I fantasmi di Porta Pia ANTICLERICALI O LAICI? I fantasmi di Porta Pia Laici sì, anticlericali no. Che lo scorso agosto, durante il digiuno dei divorzisti davanti a Palazzo Madama, nella sola Roma siano state raccolte 300 mila firme contro l'indissolubilità del matrimonio e per la denuncia del Concordato mi sembra un fatto positivo: si direbbe che la coscienza laica stia risvegliandosi da un lungo sonno ed i problemi della libertà religiosa incomincino ad appassionare anche i giovani, non soltanto la sparuta minoranza che li tenne vivi in questo dopoguerra. Ma il proposito di risuscitare «spiriti anticlericali », riprendendo fuori del tempo e della realtà i temi polemici dei vecchi mangiapreti, mi sembra ridicolo, di cattivo gusto c dannoso: tra l'altro è regalare armi al superstite clericalismo. Il centenario della breccia di Porta Pia non dev'essere celebrato accomunando nella stessa gloria Pio IX e Cavour, o tentando un'impossibile conciliazione tra Risorgimento e Antirisorgimcnto. Il XX Settembre fu una vittoria dello Stato liberale, della libertà di coscienza, della civiltà moderna, e una disfatta dell'assolutismo, della religione di Stato, della confusione tra potere temporale e spirituale: si può onorare insieme la memoria dei bersaglieri e degli zuavi caduti sui due fronti quel giorno del 1870, ma non cambiare il passato e falsificare la storia. Tuttavia sarebbe altrettanto grottesco e non meno dannoso celebrare questo centenario nel segno dell'anticlericalismo. La « questione romana » è sepolta da un pezzo, nei fatti e nelle coscienze: non siamo più nel 1895, al tempo delle battaglie per il monumento a Giordano Bruno e delle fratture insanabili tra nostalgici che volevano il Papa-Re e razionalisti che profetizzavano lo sfacelo imminente della Chiesa. « Er pretaccio » non è più, come nel sonetto di Pascarella, « nimico de la patria e der progresso », anche se può essere diviso tra due lealismi e intendere il progresso in modo diverso dai laici. Il cappello del prete non nasconde, come pretendeva un manifesto apparso davanti a Palazzo Madama, una mano assassina pronta a strangolare la Repubblica: forse nemmeno se la Repubblica fosse decisa a farsi strangolare. Il pericolo di una clericalizza/.ione dello Stato, ben vivo non molto tempo fa, all'epoca delle polemiche contro il « culturame », della censura ottusa, delle misure persecutorie contro le sette protestanti, della politica interna condizionata da pressioni ecclesiastiche, sembra ormai scongiurato. La Repubblica non porta il clergyman e difende meglio la sua autonomia (il merito è anche ilei Concilio); si è cominciato ad attuare la Cc-tituzione, nelle leggi e nella realtà pratica. Ma molto resta da fare. 11 divorzio è soltanto una delle necessarie riforme laiche: da noi arriva anzi in ritardo, quando l'hanno accettata da decenni quasi tutti gli Stati a maggioranza cattolica. Occorre cancellare dal Codice penale gli articoli che non assicurano un'eguale tutela a tutte le confessioni religiose, ma garantiscono alla Chiesa cattolica una posizione di privilegio (non esiste « vilipendio » contro i « culti ammessi ») e consentono o impongono agli organi dello Stato di assistere col braccio secolare gli ecclesiastici « negli atti del loro ministero n (caso Isolotto). C'è infine da affrontare, risolutamente, la revisione del Concordato promessa dal governo nel 1968 e sinora di fatto insabbiata. Anche su questo punto non c'è, da parte laica, nessun programma persecutorio, ma' soltanto la volontà di tutelare « le ragioni dello Stato e le esigenze della democrazia ». Il Concordato non fu soltanto un cedimento opportunistico di Mussolini alle richieste del Vaticano; fu un patto di due potestà illiberali. Pio XI attribuì gli accorili del Laterano al fortunato incontro con un uomo « che non aveva le preoccupazioni della scuola liberale»; e non difendeva « gli ordinamenti brutti e deformi » dello Sddd«drmlldlncnmsmsccvnpasvdmpmlcst Stato prefascista; i fascisti vedevano in essi uno strumento di potere, un'arma contro la dissidenza anche religiosa, il « colpo di grazia alle ideologie dell'Ottaiitaiiove ». E lo si vede con molta chiarezza negli articoli che proclamano il cattolicesimo «sola religione dello Stato », fanno della dottrina cristiana « il fondamento e coronamento dell'opinione pubblica », graduano i diritti dei cittadini a seconda della fede religiosa, esonerano i chierici dal servizio militare (ma gli obiettori di coscienza sono colpiti come criminali), puniscono i preti apostati, delegano all'autorità ecclesiastica ed al codice canonico la disciplina degli effetti civili del matrimonio, impongono a Roma un regime speciale per il suo « carattere sacro d. Sono altrettante norme che, a 25 anni dalla caduta del fascismo, non dovrebbero più vincolare la Repubblica. E' indispensabile rivederle: di comune accordo, se possibile; con provvedimento unilaterale, se mancherà l'intesa. Ma ogni laico che non pecchi d'incoerenza, ed abbia raccolto qualcosa dell'eredità cavouriana, non chiede soltanto una revisione a vantaggio dello Stato: è egualmente inaccettabile ed (a mio giudizio) incostituzionale l'articolo, voluto da Mussolini, che vieta ai sacerdoti ed all'Azione Cattolica di « fare politica ». In pratica, oggi è un inganno; come principio, mi sembra un'ingiustificata discriminazione a danno di cittadini che non debbono essere meno eguali degli altri. Non c'è motivo per impedire che in Italia, come in altri Paesi democratici, un vescovo entri in Senato, un frate faccia il deputato, un prete diventi sindaco, se così vuole la scelta sovrana degli elettori. L'importante è che non esistano religioni né privilegiate, né perseguitate; che la Chiesa non invada i diritti dello Stato; e che la coscienza pubblica si opponga ad ogni clericalizzazione (oggi cattolica, domani marxista) della società civile. Carlo Casalegno

Persone citate: Cavour, Giordano Bruno, Mussolini, Pascarella, Pio Ix, Pio Xi

Luoghi citati: Italia, Roma