Occidente e 3° Mondo di Ennio Caretto

Occidente e 3° Mondo ANALISI Occidente e 3° Mondo (In proporzione dà più il Mec degli Usa; avaro negli aiuti il blocco comunista) Bruxelles, 15 settembre. Nel quadro dei lavori preparatori del « Secondo decennio dello sviluppo» (197119801, si è riunito ieri a Tokio il comitato d'assistenza dell'Ocse. Gli aiuti pubblici e privati al Terzo Mondo e il crescente divario tra di esso e i Paesi industrializzati sono gli argomenti principali sull'agenda. Ne hanno già discusso due settimane fa a Ginevra i delegati dell'Onu alla « Conferenza sul commercio »: allora l'Urss accusò il Mercato Comune di discriminazione a danno dei Paesi meno privilegiati. Alla fine del « Primo decennio dello sviluppo» (19611970), il problema del divàrio tra il Tefzo Mondo ed i Paesi industrializzati si rivela in tutta la sua drammatica urgenza. « Per paradossale che sembri, è aggravato dal progresso tecnologico — ha scritto Le Monde —. Esso esige investimenti irrealizzabill per le Nazioni meno privilegiate ». Ha dichiarato l'ex consigliere della Casa Bianca William Knox: « Presto non sapremo più comunicare con chi non tiene il passo con le scoperte scientifiche e tecniche già incorporate nelle nostre strutture industriali ». In dieci anni, l'Ocse ha prestato o dato al Terzo Mondo 103 miliardi di dollari. Dagli 8 miliardi del 1960, si è passati ai 14 circa dell'anno in corso: un aumento inadeguato. « Si spende molto di più per gli armamenti — ha osservato l'ex ministro della Difesa americano McNamara, attuale presidente della Banca Mondiale — c cioè 175 miliardi dì dollari annui, con un tasso di incremento superiore a quello dei beni e dei servizi sulla terra intera ». Nonostante le accuse della Russia, i più generosi negli aiuti al Terzo Mondo sono stati i Paesi della Cee. Essi si sono attenuti alla richiesta dell'Ocse di destinargli almeno l'I per cento del proprio prodotto nazionale lordo. Nel 1969, l'Olanda vi ha destinato l'l,32 per cento, la Germania 1*1,30, il Belgio 1*1,10, la Francia 1*1,2, l'Italia 1*1,01. Proporzionalmente, hanno dato molto meno gli Stati Uniti, il cui prodotto nazionale lordo rappresenta oltre la metà di quello complessivo dell'Ocse: 0,49 per cento (che in cifre assolute corrisponde però a 4 miliardi 645 milioni di dollari). I più avari sono stati i Paesi del blocco comunista che, assillati anche dal loro divario rispetto all'Occidente, in dieci anni hanno fornito aiuti per 3 miliardi di dollari, cioè lo 0,1 per cento del loro prodotto lordo, e le cui importazioni dal Terzo Mondo sono risultate sette volte inferiori a quelle della Cee. Urss e Cina inoltre hanno usato gli accordi tecnico-scientifici soprattutto come strumento di penetrazione politica, facendo fruttare al massimo gli investimenti. Ma si tratta soltanto di aumentare il totale degli aiuti? L'Ocse crede di no. Per il « Secondo decennio dello sviluppo », occorre svincolarli, diversificarli e qualificarli. Attualmente, l'80 per cento degli aiuti pubblici al Terzo Mondo è condizionato dall'impegno di acquistare i prodotti del Paese che li fornisce. Gli Stati Uniti specialmente si sono avvalsi della clausola, sostenendo così le loro industrie e una bilancia dei pagamenti cronicamente in deficit. Ne è rimasta danneggiata l'espansione del commercio. Un accordo tra Stati Uniti e Cee, ormai in aperta concorrenza, si profila però in tale campo. Nell'ottobre '69, Nixon ha annunciato che i prestiti al Sud America saranno « svincolati ». All'inizio di quest'anno, il segretario di Stato Rogers ha prospettato analogo provvedimento per l'Africa, purché l'esempio venga seguito dalla Cee. Questa, da parte sua, ha presentato di recente all'Ocse un piano per accordi commerciali preferenziali coi Paesi in via di sviluppo vantaggioso per loro: ma lo applicherà soltanto se imitata dagli Stati Uniti. La diversificazione e qualificazione degli aiuti dipenderà invece, in gran parte, dai Paesi beneficiari stessi. Anche a loro si chiede un impegno preciso. Essi dovrebbero concentrare le risorse sulla base di programmi elaborati dopo consultazioni internazionali. Urgono soprattutto l'istruzione e la preparazione dei quadri. Ma proprio i Paesi in via di sviluppo, ha commentato McNamara, spendono proporzionalmente di più per gli armamenti. I loro bilanci militari crescono del 7,5 per cento annuo, contro il 6,5 per cento del prodotto nazionale lordo. Ennio Caretto (rlanmssmlscrotdqeggStsdpmptldanfvrsddafSia

Persone citate: Nixon, Rogers, William Knox