Il traforo del Fréjus

Il traforo del Fréjus UN CONVEGNO A TORINO Il traforo del Fréjus Il 1970 è l'anno del centenario di Roma capitale. Ma anche un altro centenario, meno noto, merita tuttavia d'essere ricordato per il significato storico e l'importanza che ebbe nello sviluppo tecnico del nostro Paese: il 25 dicembre 1870, infatti, si incontravano le due gallerie a fondo cieco con cui tredici anni prima s'era iniziato, da Bardonecchia e da Mudane, il traforo del Fréjus che collega il Piemonte c la Savoia. Tre mesi dopo l'entrata delle truppe italiane in Roma, culminava così l'impresa che il piccolo regno di Sardegna aveva progettato subito dopo il disastro del '49 e il cut avvio, nonostante le difficoltà finanziarie, era stato approvato nell'estate del '57 dal Parlamento subalpino su proposta del Paleocapa, ministro dei Lavori Pubblici, e dal Cavour. Aver osato una simile impresa in momenti tanto difficili prova la consapevolezza dei politici e la fiducia che il Paese nutriva nel proprio avvenire. Così come ne documenta la preparazione scientifica e tecnica il grandioso progetto che fu opera, con la collaborazione di Severino Grattoni e Sebastiano Grandis, di Germano Sommeiller, ideatore di uh nuovo tipo di perforatrice meccanica ad aria compressa che facilitò enormemente i lavori. Preventivati per una .durata di venticinque anni, essi furono di fatto dimezzati anche per l'ottima natura del terreno, per le scarse infiltrazioni d'acqua e per il notevole contributo finanziario della Francia, che si interessò all'opera solo dopo l'annessione della Savoia. A cento anni di distanza c dopo che la tecnica dei trafori e delle comunicazioni s'è tanto sviluppata, il Fréjus può apparire un semplice episodio nello stadio iniziale dell'era tecnologica. E l'uomo d'oggi potrebbe essere indotto a un sorriso di sufficienza di fronte all'entusiasmo dell'epoca o trovar « retoriche > le parole con cui il conte Sclopis, celebrando la riuscita dell'impresa, affermava non essere « più una metafora il dire che l'incivilimento vola sulle ali del vapore, siccome non è più un'iperbole l'asserire che oggi il pensiero si comunica colla rapidità del fulmine ». * * La sufficienza irridente sarebbe tuttavia ingenerosa e ingiusta. Bisogna considerare il traforo del Cenisio nell'ambito dell'epoca in cui fu attuato e delle possibilità scientifiche e tecniche di cui disponeva: c allora il suo interesse e la sua importanza non appaiono inferiori a quelli che noi oggi attribuiamo alle imprese spaziali. Come ora avviene per queste, così anche in occasione del traforo lo sforzo tecnico aprì nuovi orizzonti alla scienza, specie alla ricerca geologica. « L'apertura del tunnel — potè dichiarare il Beaumont al termine dei lavori — ha sollevato la scienza dalla sua povertà comparativa, ed essa ha motivo di felicitarsi che questo grande monumento dell'industria sia divenuto nello stesso tempo un vero monumento scientifico ». Si comprende così perché l'Accademia delle Scienze di Torino — che nel secolo scorso fu fortemente impegnata per il lato scientifico dell'impresa — ne celebri in questi giorni il centenario con un convegno internazionale Sui problemi attuali connessi con lo sviluppo tecnologico ed economico del Piemonte e delle regioni limitrofe. Una celebrazione, dunque, che non è fine a se stessa, ma che, partendo dal ricordo d'una grande opera del passato, vuole richiamare l'attenzione sulle questioni più urgenti del presente. Tre sono i temi del convegno: trafori e grandi vie di comunicazione, fonti di energia difesa dell'ambiente naturale. Quest'ultimo, a cui è data am pia parte, è oggi il tema dominante che preoccupa i ricerca tori d'ogni parte del mondo. S sente che la difesa dell'ambicn te naturale non può più essere procrastinata, e non solo per salvare le bellezze della natura, bensì per la stessa nostra sopravvivenza, perché impcn dono sempre più minacciosi i pericoli della contaminazione dell'aria e delle acqoc. Quello sviluppo tecnologico che un se¬ cscpvcFgsbrstcaèvlnefistcdccsdsrtmrtmtboirnctsmbc colo fa, ai suoi inizi, sembrava soltanto apportatore di benefico progresso, appare oggi, nel pieno della realizzazione, grave di oscure minacce. E' molto significativo che, celebrando il centenario del Fréjus, si sia sentito il bisogno di invitare gli esperti a discutere sulla difesa dell'ambiente naturale. Poiché ai pericoli della tecnica non ci si sottrae con il favoleggiato ritorno al mondo pretecnico o con un'utopistica rivoluzione antitecnica: la sola via che ci è aperta e l'invenzione di nuove tecniche che ci forniscano le contromisure più efficaci. Se nel secolo scorso i primi ed entusiasmanti successi scientifici c tecnologici poterono far sorgere- l'illusione dell'onnipotenza della scienza e della tecnica, non dobbiamo oggi cadere nell'illusione contraria che il miglioramento delle condizioni di vita possa attuarsi senza o, addirittura, contro di esse. La lezione del presente e che l'impegno della ricerca non può essere che continuo, perché il padroneggiamcnto della natura è sempre rischioso e mai definitivo. Chi è passato in piazza Statuto a. Torino, s'è certo soffermato a guardare il monumento, poco comune anche se non bello, che più di novantanni or sono fu eretto per celebrare il traforo del Fréjus: una piramide di massi su cui s'innalza il Genio della scienza che, dopo aver fatto precipitare dal monte i Titani, incide sul granito i nomi di Sommeiller, Grattoni e Grandis. Niente potrebbe meglio simboleggiare la concezione ottocentesca della scienza e il suo positivismo ottimistico. Sarebbe troppo facile oggi far dell'ironia, dato che i massi della natura divelti e dissestati dall'uomo minacciano di travolgerlo. Ma sarebbe egualmente risibile, oltre che impossibile, far precipitare il Genio della scienza. Tutto ciò che va ricordato è semplicemente che i Titani non precipitano mai definitivamente. Essi risalgono sul monte sconvolto dall'uomo che vuol dominarlo: ed altre fatiche c altre pene sono necessarie perché non ci opprimano con la loro potenza sfidata. L'abbandono, anziché l'affinamento delle nostre capacità tecnologiche, ci lascerebbe indifesi: e la vita stessa non avrebbe sapore se il Genio della scienza non potesse più incidere sul granito una serie senza fine di nomi. Francesco Barone

Persone citate: Beaumont, Cavour, Cenisio, Francesco Barone, Germano Sommeiller, Grandis, Grattoni, Sebastiano Grandis, Severino Grattoni