Moore, scultore della natura tra i faraoni e l'Universiade di Marziano Bernardi

Moore, scultore della natura tra i faraoni e l'Universiade Il grande artista inglese in visita a Torino Moore, scultore della natura tra i faraoni e l'Universiade Ha assistito alle gare degli studenti ed ha scoperto i «segreti» dei musei torinesi Ieri mattina alla solenne inaugurazione del tempio di Ellesija nel Museo Egizio di Torino nessuna delle personalità presenti della politica e della cultura, tolto il soprintendente egittologico professor Curio indaffar olissimo negli onori ufficiali di casa a un ministro della Rau e a un sottosegretario italiano, sapeva che tra loro si trovava uno spettatore eccezionale: Henry Moore, lo scultore inglese che ha raggiunto il vertice della celebrità mondiale. L'avessero saputo, forse avrebbero abbreviato i discorsi per festeggiare — proprio in un museo che raduna tanti capolavori della statuaria più remota — questo rivale moderno degli anonimi maestri nilotici: come l'avevano festeggiato il giorno prima, sul tardo pomeriggio, appena riconosciutolo, gli studenti inglesi della Universiade allo Stadio. Perché il prestigioso artista, che all'età di 72 anni conserva viva la passione per lo sport, non era voluto mancare ad almeno mezz'ora di spettacolo atletico. Eppure, benché avesse lasciato in auto al mattino la sua casetta in Versilia dove per due mesi ha lavorato presso Querceta a due grandi sculture, pranzando mercoledì sera in un ristorante tori nese mostrava un volto ripo sato e roseo come quello d'un ventenne, appena solcato da qualche ruga sulla fronte sotto l'onda lieve dei capelli serici, dai riflessi d'argento. E pacata e amabile era la sua j conversazione sia con la moglie, una signora d'origine russa, nata a Kiev, che nei tratti del viso minuti e fermi ci ricordava vagamente una maschera orientale, sia con gli altri due commensali. Soltanto se gli si poneva una domanda d'interesse artistico i suoi occhi incassati, mobilissimi, s'accendevano di una rapida luce quasi turchina. Così quando fu interrogato sul vero motivo della sua rinurlzia al monumento di Cuneo: « Il monumento alla Resistenza italiana toccava a uno scultore italiano ». Ed alla risposta delicata unì l'elogio per l'esito di Mastroiannì. Due gli scopi del suo rapidq passaggio a Torino, dove fu già altre volte, ma per brevi ore e giudicando bellissima la città: prendere nuovi accordi con Ezio Gribaudo per due volumi sulla propria opera dì cui s'occupa il pittore e grafico torinese, uno per i Fratelli Fabbri, l'altro per i Fratelli Pozzo: poi, ancora sollecitato dal solerte Gribaudo, esaminare una sua grandiosa scultura che, esposta all'aperto nell'atrio del palazzo della Sai, ha sofferto nella patina a causa dello smog. Moore l'ha palpata e accarezzata come una creatu-ra viva. Male curabile: la prossima primavera verrà dal-la fonderia Noak di Berlino- Ovest (lo scultore lavora a Perry Green, un villaggio del-la campagna inglese dell'Hert-fordshire, ma fa fondere in Germania) un esperto, e la statua riacquisterà il suo splendore. Certo sarebbe meglio ve- derla come da tempo Moore desidera sian viste le armoniose forme che immagina e modella, sempre col pensiero fisso alla natura (« Gli artisti che non capiscono, che non amano la natura sono semplicemente idioti », ci diceva l'altra sera posando aperte sulla tovaglia le sue delicate mani, mani giovani, purissime, mani da musicista più che da scultore avvezzo a duramente impiegarle), nei suoi ateliers campestri: e cioè adagiate sui verdi prati come nate spontaneamente dal grembo terrestre, o in mezzo agli alberi sotto il cielo mutevole della sua isola; forme, per esempio, che hanno mirabilmente trovato il loro habitat nel giardino botanico di Edimburgo, ma che anche meglio respirano con flato possente sul profilo di una bassa collina o nella radura d'un silenzioso bosco. Non aveva mai visitato il Museo egizio, ed entusiasma- to continuava a ripetere: « Ma io devo ritornare a Torino per fermarmi una settimana qui dentro ». Mentre i discor sì continuavano davanti al tempio di Ellesija, lutto vo leva sapere intorno alle ori gìni del famoso museo, che andava paragonando col Bri- tish e col Louvre, interessato soprattutto agli esemplari arcaici e ai monumenti della XVIII Dinastia. Parlava da artista e insieme da erudito (davvero ci si domanda che cosa non abbia visto e capito nel panorama mondiale dell'arte quest'uomo straordinario che, fra l'altro, ha anche scritto su Giovanni Pisano, pone i Prigioni al sommo dell'arte di Michelangelo, ma riserva il suo amore alla Pietà Rondanini, « perché lì c'è soltanto più l'idea »); e mostrando il labbro leggermente pronunziato d'un ritratto dì donna vissuta tremila anni fa, o l'eleganza lineare d'una figura disegnata sul papiro, trovava parole tenere e illuminanti, come se quei lontani artefici fossero suoi contemporanei coi quali da pari a pari colloquiare. Insistemmo con Gribaudo per strapparlo a tanta ammirazione e dargli almeno un assaggio, ai piani superiori, della Galleria Sabauda. L'ae¬ reo per Londra lo attendeva, ma con garbo squisito e con una specie di modestia che incanta in un artista il cui nome è un onore della sua patria, accettò l'invito e l'omaggio d'un nostro libro sitila Galleria nella traduzione inglese; ed ebbe la pazienza di sfogliare le pagine, la cortesia di chiedere una dedica. E di nuovo, in quelle sale, diede prova delle sue stupefacenti conoscenze: davanti alla Madonna Guatino di colpo identificando il carattere duccesco, ascrivendo alla a bottega » la Venere botticelliana, elencando le opere di Jan van Eyck a proposito del San Francesco, gridando « Splendid » appena visto il capolavoro del Saenredam: con riferimenti continui ai dipinti della Galleria Nazionale di Londra, ch'egli ricorda quadro per quadro. Poi, osservando le finestre modellate in cotto dal Guarini, si risvegliò in lui lo scultore. Fece con la mano il gesto di chi plasma. Henry Moore non s'è trattenuto a Torino che ventiquattr'ore. Ma ha visto molto e congedandosi ha detto: « Anche Torino è una città d'arte ». Venendo da Moore, è un giudizio che pesa. Marziano Bernardi