Leopardi filologo e moralista di Carlo Carena

Leopardi filologo e moralista Leopardi filologo e moralista Giacomo Leopardi: « Scritti filologici » Ed. Le Monnier, pagg. XXV, 738, L. 10.000. « Come — si chiedeva il Leopardi, — se non mediante l'uso e la familiarità degli antichi, lipigliercmo per rispetto alla poesia la maniera naturale di favellare, rivedremo quelle parti della natura che a noi sono nascoste, agli antichi non furono? ». Ritorno agli antichi come mezzo per evadere dal mondo incivilito verso la conoscenza integrale del mondo; come primo strumento per avviarsi alla storia e all'intelligenza della storia, per ritrovare le glorie e lo spirito nazionale; ed anche un'avvisaglia o già un'accentuazione del distacco di Leopardi dalla società letteraria contemporanea. Viva modernità Il suo non è infatti, in ogni caso, uno studio retorico e approssimato. In ogni momento e in ogni forma si ha una netta delimitazione dei caratteri dell'antico rispetto al moderno e quindi una rigorosa individuazione dei metodi con cui accostarlo. Ma insieme era in lui un appassionato amore per la classicità, di cui sentiva le consonanze con i sentimenti nazionali del suo tempo. Di qui una straordinaria capacità di intelligenza del passato, ma in una misura critica e storica, e dunque nella posizione più esatta, più rigorosa e insieme moderna, quale nasce da un'ispRBlone dolorosa del presenta. Questo il senso e la lezione degli studi intrapresi dal gio- vane poeta e con particolare intencità fra il '16 e il '23, ma condotti anche ben avanti nel corso della sua vita. Se ne hann' testimonianze per la pausa poetica dal '22 al '28, ma anche per il '30 e il '32, oltre i limiti solitamente fissati, fra gli scritti che ora pubblicano con grande perizia G. Pacella e S. Timpanaro, dandoci larga messe di inediti. E se anzi, da principio, sono scritti legati a cir- costanze occasionali, dopo di- mostrano una disposizione personale, una più libera scelta di letture, sia pure spesso legate allo sviluppo o al progetto di lavori; se nei primi anni lo avvincono a un gusto, a una concezione dell'arte in seguito superata, molti elementi rimasero tuttavia operanti anche dopo nell'estetica del poeta. Per non j dire. si capisce, del fonda- mentale valore di tirocinio che la filologia ebbe per il più colto e attento dei nostri romantici. Il lavoro dell'officina classica del Leopardi è davvero sorprendente, se si pensa alla giovane età dello studioso, all'isolamento in cui operò e agli indirizzi accademici di gran parte dei dotti italiani in quei primi decenni del.secolo decimonono: non per nulla uno dei massimi estimatori del Leopardi — stima lungamente ricambiata, almeno fino agli scherni dei Paralipomeni — fu il tedesco Niebuhr. I testi leopardiani superano anzi spesso il valore di documento biografico, gra- no accolti in edizioni critiche zie all'acume di certe osser vazioni sugli scritti antichi: taluni suoi emendamenti si I rivelarono solidissimi e furo-ì eus^" sì"nòta "addirittura posteriori. Il Leopardi Aiolo- go è in effetti essenzialmente un critico di testi. Legge, an-nota, discute le opere degli autori greci e latini che gli pone fra mano l'occasione, in particolare le pubblicazio- lli del Mai: frammenti di Dio- . j,.,. n nig dAlicarnasso, Frontone, Iseo, la Repubblica di Cicero- ne e quindi la Cronaca di . una parabola sempre più ri-gorosa o austera nel suo mo- do di lavorare. Se da princi- pio gli «interventi hanno la l'orma di lettere, con quel che di disteso, di formalmente elaborato e compiuto il gene- re richiede, dal '22-'23 assu- mono la secca precisione del-l'articolo, anzi della nota scientifica, e il latino passa da quello oratorio delle osser- vazioni sulla Repubblica al-l'essenzialilà delle schede sui retori greci. La grande « querelle » Le annotazioni contenute in questo volume costituiscono dunque il necessario complemento o presupposto delle altre, linguistiche ed estetiche, che si annidano nello Zibaldone. Ma non mancano anche qui, pur nell'inevitabile aridità della tecnica, i giudizi di valore o di metodo di più ampio interesse. E' il caso delle discussioni sugli stili « pomposi » o « snelli » in una lettera al Giordani e negli api punti sopra il Frontone del a coincidenza tra la polemi - Mai, studiato in quegli anni 1816-17) non solo per la elamorosa scoperta di parte del a sua opera, ma altresì per a linguistica di quel retore, la tase Puristica anoia at- , raversata dal nostro poeta | E cl sono- p'u suggestivi, i segm "cii ea-UIlltarl0 ael1 uo ; m0, m mezzo alla 0«ere"e ; classico-romantica, come in , ?.uejjte '«sedazioni sull utili-, a dei ìbn antichi, anche 11 u : ^ Ciò non vuolÌ,,,.(, ^ ,um u scmori m. ^ qml mil aual m crivessero meglio dei moder-1 ni 0 cìle le cose anuc)lt lm. I portino più delle modèrne. \ Ma se negi\ scritti manca on-1 nimmente la novità, manca 'utilità: perche quello che non è da niuna parte nuovo, è già noto; e l'opera di chi ratta le cose note, e trattale nel modo usato, è tutta vana... IE spesso da minime particel- 'e di scrittori antichi, o non divulgate per l'addietro, o non bene considerate, si riraggono improvvise conoscenze, che giovano alla storia dell'antichità e dell'uomo antico, e quindi alla scienza generale della natura umana». La passione erudita e scien- tifica per l'esclusivamente vero,- l'essenzialmente esatto e nuovo traspare da tutto il lavorio di queste carte e porta soprattutto il segno di una stagione, di un fervore giovanile; ma vi è anche presente il fervore di una moralità, la consonanza di questo metodo, di queste scelte culturali con lo sviluppo pieno del pensiero e dell'arte leopardiana. Carlo Carena

Persone citate: Cicero, Giacomo Leopardi, Monnier, Pacella, Timpanaro