Chi creò la reggia dei Montefeltro di Marziano Bernardi

Chi creò la reggia dei Montefeltro Chi creò la reggia dei Montefeltro Il Palazzo Ducale di Urbino, la reggia di Federico da Montefeltro, è — come tutti sanno — una delle massime creazioni dell'umanesimo. Educato a Mantova da- Vittorino da Feltre presso la corte di Gianfrancesco Gonzaga, il futuro capitano generale della Lega Italica e gonfaloniere della Chiesa (orante ai piedi della Madonna ma ri- vestito dell'armatura del guer-riero lo rappresentò infatti Piero della Francesca nella pala di Brera), fin dalla sua presa del potere in circostanze drammatiche aveva dimostrato, giovanissimo, gusto artistico sicuro ordinando al pittore di Borgo San Sepolcro la Flagellazione di Cristo per commemorare l'assassinio del fratellastro. Da allora fino alla- morte nel 1482, per quasi quarant'anni e fra imprese di guerra ed accortissimi atti politici — quelli che gli diedero fama dall'Inghilterra alla lontana Persia — fare della sua dimora urbinate « una città in forma di palazzo» che rispecchiasse l'ideale umanistico di cui s'era spiritualmente nutrito fu a capo dei suoi pensieri. Un grande senese Tosto la vicenda dello straordinario monumento interessò i più potenti mecenati italiani. Ne vollero informazioni Lorenzo il Magnifico e Federico Gonzaga,.e assai più tardi il cardinale d'Aragona; Baldassare Castiglione concepì il Cortegiano in quell'atmosfera di raffinati splendori; il Vasari giudicò « così bello e ben fatto tutto quel palazzo, quanto altro che in sin a ora sia stato fatto giammai », e ancor nel 1724 ne fu pubblicata per Giacomo III Stuart la descrizione di Bernardino Baldi, scritta nel Cinquecento. Sommi maestri del Rinascimento direttamente intervennero nella sua costruzione od indirettamente contribuirono a creare il clima esteti co, ed in un certo senso morale, per cui essa potè attuarsi: Piero della Francesca, forse Leon Battista Alberti, il Bramante, Luciano Laurana, Francesco di Giorgio Martini, per tacer dei minori come Baccio Pontelli o Matteo da Volterra. Ma poiché nel palazzo è soprattutto ammirata la parte attribuibile all'architetto dalmata, l'intera fabbrica è considerata di so a a ito in chiave lauranesca, benché Luciano abbia lasciato Urbino nel 1472 e a continuare i suoi lavori sia subentrato Francesco di Giorgio. Appunto a rivendicare l'importanza dell'opera di questo genio senese (1439-1501) nella reggia montefeltresca tende, con un apparato filologico perfetto e un'analisi critica acutissima, il libro ora uscito di Pasquale Rotondi — da anni succeduto a Cesare Brandi nella direzione dell'Istituto Centrale del Restauro — che a ragion veduta s'intitola Francesco di Giorgio nel Palazzo Ducale di Urbino, editori a Milano Provinciali-Spotorno, ampiamente corredato da impeccabili illustrazioni. Il Rotondi è un veterano di studi urbinati e martiniani, e perciò questo suo importante saggio (nel cui particolari concernenti le attribuzioni a Francesco dì Giorgio di varie parti del palazzo ovviamente in questa sede non possiamo addentrarci) appare in polemica con quanto si legge nel nuovo Dizionario enciclopedico di architettura e urbanistica (6 volumi, Istituto Editoriale Romano, 1969), che la critica attuale concorda nel riconoscere al Martini la paternità di « elementi secondari ». Non è l'opinione del Rotondi, che fermamente s'impegna a dimostrare come proprio a Francesco di Giorgio, più che al Laurana, sia toccato dì dare un valore umano al gigantesco organismo architettonico, « spogliandolo del suo manto aulico e restituendolo alla sua funzione di vita ». Secondo l'autorevole studioso anche l'invenzione dei disegni di numerose tarsìe del celebre « studiolo » di Federico, già attribuiti al Botticelli, compreso il ritratto in piedi del duca, è da restituire a Francesco di Giorgio. « Classici dell'arte » « Classici dell'arte ». Nel 1951 l'editore Rizzoli aveva iniziato con il volumetto Tutta la pittura di Michelangelo una eccellente collezioncina tascabile sull'opera completa di antichi maestri italiani e stranieri, curata da specialisti: giunse a una trentina di testi. Poi, dopo un'interruzione, la collana riprese in ampio formato, riccamente illustrata a colori, includendo tra i « classici » anche artisti moderni e contemporanei, come Cézanne, Modigliani, Boidini, Boccioni, Picasso. Con il Correggio (presentazione di Alberto Bevilacqua, apparati critici e filologici' di A. C. Quintavalle) siamo al numero 41 di questi libri che escono con periodicità mensile e — fatta qualche riserva sulle presentazioni affidate a letterati — per le accuratissime documentazioni e per il catalogo dell'opera d'ogni autore costituiscono un'ottima divulgazione culturale. Marziano Bernardi