"Hair" per la Roma-bene

"Hair" per la Roma-bene La "prima,, italiana dello spettacolo al Sistina "Hair" per la Roma-bene La commedia musicale americana, nata per i giovani, è stata recitata davanti ai gran pubblico delia capitale, con tante dive e tutte le mamme degli artisti - Le poltrone a borsa nera salite fino a 80 mila lire (Nostro servizio particolare) Roma, 3 settembre. C'erano proprio tutti questa sera al teatro Sistina: i professionisti delle « prime » teatrali, gli addetti ai lavori, i nomi del mondo dello spettacolo, della mondanità e della cultura che fanno bella la ])lalea. Per l'apertura della stagione teatrale, occasione migliore di questa non poteva offrirsi. Hair, giunto in Italia con alcuni anni di ritardo rispetto agli altri paesi, ma ricco di leggenda in un alone di scandalo, ha fatto registrare il tutto esaurito. Oggi si diceva a Roma che una poltrona a borsa nera non si poteva avere a meno di ottantamila lire. Però nel pomeriggio c'era ancora chi si presentava al botteghino e, con placida innocenza, chiedeva due posti in platea come se si fosse trattato di una « prima » qualsiasi. Lo spettacolo è imperniato sui sogni, le visioni e la gioia di vivere di una « tribù » hippie, ma la serata inaugurale ha allontanato dal tea-1 tro — per t prezzi proibiti-| vi — i veri giovani e capeiioni, ed ha visto invece il trionfo della sofisticazione e del lusso ispirati alle mode beat, il nude look integrale ma di sartoria, gli stracci che « fanno » povero e sono invece firmati. Ancora una volta la promessa di una scena piccante e di una tematica provocatoria, ma non troppo, ha iunzionalo da specchietto per le allodole. La rappresentazione è filata vìa senza scandalo e senza suscitare turbamenti: un « musical » per famiglie, ha detto qualcuno alla fine, forse un po' deluso. Il successo è stato pieno e cordiale (ma poteva essere diversamente, trovandosi tutti fra amici e parenti, con le mamme di quasi tutti gli interpreti nelle prime file, e Alida Valli fra le più attente e plaudenti spettatrici?). Da domani si può trovare posto dove si vuole in teatro. Le prenotazioni non sono state ancora troppo numerose per le repliche: la pigrizia e la proverbiale diffidenza dei romani hanno avuto la meglio sul « caso » creato intorno ad uno spettacolo teatrale. 1. mad. stinandedeimsicosonepeunDsoSteevNon fa più scandalo (Dal nostro inviato speciale) Roma, 3 settembre. Da quando, ripulito e agghindato, Hair è balzato da un'avventurosa cantina del Greenwich Village alle luci di Broadway, e sono ormai tre anni, gli hippies, e neppure autentici, sono soltanto in palcoscenico, la platea è gremita, si, di giovani, ma più numerosi sono proprio i benpensanti che non vedono di buon occhio i « capelloni » (hair significa, appunto, capelli), che chiamano vagabondi, sudicioni, drogati e via insultando. Cosi avviene a New York come a Londra, a Parigi, come ad Amsterdam e in una ventina di altre città nel mondo. E cosi avviene ora anche a Roma, dove l'edizione italiana del celebre musical è decollata stasera per una tournée che durerà due anni: la gente si è contesa con ogni mezzo biglietti che costavano ottomila lire l'uno. E' certamente di qualche interesse cercare la spiegazione del rumore che questo musical ha sollevato e continua a sollevare intorno a sé. Senza aver fatto nulla per meritarsela, Hair si è conquistato infatti la fama di spettacolo scandaloso: è bastata una scena di pochi secondi durante i quali una manciata di ragazzi e ragazze sbucano come mamma li ha fatti da sotto un immenso lenzuolo (veramente, sarebbe la bandiera americana, ma qui, prudentemente, stelle e strisce sono scomparse) e, abbastanza in penombra, cantano in coro una loro canzone. Ora questa scena nell'edizione italiana c'è, e non c'è stato nemmeno bisogno di annacquarla con troppi giochi di luci. La censura (abolita per il teatro di prosa, ma non per quello di rivista) non ha battuto ciglio, anzi ha consentito lo spettacolo anche ai minori di quattordici anni. Ma, come già a Londra e a Parigi — tutto il mondo è provincia — quei pochi secondi hanno fruttato in pubblicità più di cento agguerriti uffici-stampa. E la voce, non importa se infondata, che Hair potesse venire proibito già dopo poche rappresentazioni ha indotto il pubblico a fare ressa al botteghino del Sistina per acqui- stare i biglietti della serata inaugurale (ma qui c'entra anche lo snobismo del cosiddetto bel mondo romano) e delle prime repliche. In realtà, salvo sorprese improbabili ma non Impossibili da noi (ancora si ricorda con raccapriccio il caso di quel magistrato milanese che tentò di interrompere, e per una sera ci riusci, un'innocentissima rivista di Dapporto), il pericolo di una sospensione è assai remoto. Se mai, piti che il nudo, poteva preoccupare la caricaeversiva e contestatrice del testo di Gerome Ragni e James Rado. Tuttavia è ragionevole presumere che, se hanno rischiato 150 milioni, i produttori sapessero quel che facevano. E ad ogni buon conto, si sa che la versione di Giuseppe Patroni Griffi non insiste più tanto, ad esempio, sull'elogio della droga (e saggiamente: non è proprio il momento di scherzare con la « peste » del nostro secolo). Ma c'è di più. Hair giunge in Italia quando la sua protesta è già stata regolarmen- te inghiottita e consumata dalla società stessa contro la quale era diretta, quando anche questa protesta fa parte del « sistema » al quale la primitiva edizione off Broadway voleva, forse, dare battaglia campale. Che cosa rimane allora? A parte le gradevoli musiche di Galt Mac Dermot che ormai tutti conoscono attraverso i dischi ed i jukeboxes, uno spettacolo che, nonostante tutto, può darci un'immagine del nostro tempo. Iti che misura, e con quanto divertimento dello spettatore, lo dirò domani. Alberto Blandi