Inflazione e "tupamaros,, di Gianfranco Piazzesi

Inflazione e "tupamaros,, Inflazione e "tupamaros,, Molti italiani si sono appassionati alle imprese dei Tupamaros, che in Uruguay hanno fatto compiere un decisivo salto di qualità alle tecniche della guerriglia urbana. Ma' in questi giorni, mentre in Italia tanto si parla delle nuove tasse, e della urgenza e dei costi delle riforme sociali, l'interesse per le vicende di quel lontano Paese può essere giustificato anche da altri motivi. L'Uruguay non può dirsi un Paese povero. Due milioni e ottocentomila persone dispongono di un territorio vasto come mezza Italia. Il clima è temperato e la più forte asperità naturale è una collina di quattrocento metri. In quella sterminata e fertile pianura pascolano sette milioni di vacche (più di due per abitante) e ben ventiquattro milioni di pecore. Né l'Uruguay soffre delle malattie che affliggono i Pae¬ si sottosviluppati, in quanto il suo indice di analfabetismo è inferiore al cinque per cento e l'incremento della natalità (1,4 per cento) è il più basso dell'America Latina. La popolazione è omogenea, di pelle bianca, e sono quindi sconosciute le tensioni razziali; la maggioranza della popolazione attiva è formata da persone impiegate nel settore terziario. Una classe media così numerosa ha garantito fin dall'inizio del secolo la stabilità delle istituzioni democratiche. Gli uruguayani non hanno mai destinato alle spese militari più del dieci per cento del bilancio e l'andamento della loro economia non è mai stato condizionato dall'« imperialismo yankee ». Il volume degli investimenti nord-americani è modesto: si aggira sui 70 milioni di dollari. La fonte del reddito è so¬ prattutto l'allevamento del bestiame e purtroppo gli allevatori uruguayani hanno mostrato una completa allergia alle innovazioni zootecniche dell'ultimo mezzo secolo, perdendo molti mercati. Eppoi, negli ultimi dieci anni, i greggi di pecore sono rimasti gli stessi, mentre continuano a proliferare i greggi delle « capre », vale a dire le schiere degli impiegati statali, che si rivelano sempre più voraci e sempre meno produttivi. Sulla carta gli abitanti cli Montevideo e dintorni godono di un perfetto sistema di sicurezza sociale. Gli impiegati lavorano 30 ore la settimana. L'assistenza medica e l'istruzione scolastica sono gratuite. Il sistema delle pensioni è fra i più avanzati: ogni cittadino è autorizzato a ritirarsi "dopo trent'anni di lavoro e comunque non oltre i 55 anni. Lo Stato gli corrisponde lo stesso stipendio che riceveva al momento di abbandonare l'impiego. Una donna con un figlio può andare in pensione a 28 anni, con un terzo della paga, se avrà lavorato dieci anni in una fabbrica o in un ufficio. La popolazione attiva è composta da un milione di persone: quasi trecentomila sono statali. I pensionati sono 350 mila. Le conseguenze dell'enorme sproporzione fra apparato produttivo e oneri sociali non si sono fatte attendere: negli ultimi cinque anni la moneta è stata svalutata dell'800 per cento. Il potere di acquisto dei salari e delle pensioni si è sbriciolato. Un Paese dove esistono due mucche e dieci pecore per ogni abitante è inaffondabile e gli uruguayani per primi si rendono conto che, se riuscissero a spendere un po' di meno e a produrre un poco di più, tutti i loro problemi sarebbero risolti. Ma da dieci anni cercano invano di imporsi qualche misura di austerità. Un tempo era di moda lamentare l'inefficienza dei partiti, divisi in correnti e afflitti dalle clientele, e incolpare la debolezza delle istituzioni che limitavano troppo i poteri dell'esecutivo; ma da cinque anni la Costituzione è stata emendata e i due ultimi presidenti hanno potuto formare governi « forti ». Tuttavia la crisi economica è rimasta; anzi alla inflazione si sono aggiunte difficoltà politiche: prima gli scioperi, poi i tumulti studenteschi e infine i Tupamaros. Basterebbe non consumare più di quel che si produce, e gli uruguayani 10 sanno benissimo; ma ciascuno v pretende che a stringere la cintola sia soltanto 11 vicino di casa. Gianfranco Piazzesi

Luoghi citati: America Latina, Italia, Montevideo, Uruguay