Favole senza mostri

Favole senza mostri "DE EUROPA,,: VIAGGIO NELLA FINLANDIA D'OGGI Favole senza mostri Alla mitologia finnica sono estranei orchi e terrori: è l'immagine di un Paese verde e ceruleo, dove l'immensità della foresta non sgomenta e lo spazio vuoto non dà brividi - Innumerevoli isole tutte eguali offrono un'illimitata possibilità d'isolamento - Qui anche la morte, sentita come un momento della natura, si affronta con serenità, quasi con allegria (Dal nostro inviato speciale) Helsinki, agosto. La mitologia e le fiabe finniche sono prive di veri mostri. L'orco non vi compare. Cos'i dicono quelli che conoscono l'argomento, paragonando la Finlandia ad altri Paesi del Nord. Mostri e terrori, per esempio, hanno la loro parte nelle fiabe della Norvegia, paese di fiordi e di montagne. Quei lunghi e tortuosi bracci di mare, penetranti profondamente tra rocce alte e spesso scure, talvolta stretti, in antico deserti ed ignoti ai navigatori, suggerivano la fantasia d'essere covi di creature malefiche, micidiali per chi sì avventurava incauto nei loro labirinti. Potevano avervi asilo i Polifemi nordici, i demoni, i morti. 60 miia laghi La mitologia finnica, in paragone, è bianca. Non so se siano esatte queste informazioni che mi è impossibile controllare. Ma esse corrispondono ad una sensazione che mi accompagna mentre giro questa terra, in un paesaggio sempre bello che non muta mai. Sempre foreste, sempre laghi, uno o un altro dei tanti, laghi di cui qualcuno ha stabilito il numero, sessantamila. E strade su lingue di terra che attraversano le acque non viste dietro il paravento dei tronchi, per cui il lago si sdoppia, e poi si sdoppia ancora; e traghetti da una sponda all'altra. Tutto verde e ceruleo, più i tappeti gialli dei fiori di radicchio selvatico; il tremolio dei rami verde chiaro delle betulle sensibili ad ogni soffio contro il verde più scuro e fermo degli abeti. Una natura amena e media, la natura media del Nord, senza asprezze, senza paure. La foresta, per quanto grande, perpetuamente linda, perpetuamente gaia. Nessun mistero e nessun brivido davanti alla sua vastità; penso che anche di notte, camminandovi soli, le ombre dei tronchi non farebbero sussultare. La natura è come espurgata d'ogni terrore, segreto, veleno, crudeltà, realtà tragica. Qui nessuno avrebbe potuto immaginare l'esistenza di orchi, streghe malvagie, mostri fatati, negromanti, emissari infernali, spettri. Non conta ricordare il nome di una cittadina, di un luogo, Savonlinna, o la striscia di creta chiamata Puntahariu, tesa tra due bacini. In ogni caso, camminando nel bosco, si costeggia uno specchio d'acqua; si volta, e un altro specchio d'acqua subentra al primo; e sembra ritornare sempre allo stesso che, girandogli attorno, appare in nuovi scorci. Il ricordo poi fonde i luoghi e non ne distingue nessuno. Si ha la bellezza della natura in se stessa, dei suoi elementi primordiali: l'azzurro, gli alberi, l'acqua sempre presente, le luci della sera, il sottobosco col muschio copioso, i funghi, le bacche, i mughetti e le viole del pensiero selvatiche. Qua e là fiorisce un albero che da lontano somiglia al nostro lillà, ma sparge un odore di miele. Chiunque voglia vivere in questa natura, ne ha un tratto bello come gli altri: è una perfetta democrazia naturale. Le case di legno Quante sono le piccole case, per lo più di legno, sparse nella Finlandia? Centinaia di migliaia, certo. Lo spazio è così vasto che vi si perdono, e ognuna vi conserva la sua solitudine. Se anche tre o quattro si radunano in una stessa insenatura, rimangono abbastanza lontane e divise dagli alberi per non suggerire l'idea di un villaggio o di un altro genere di comunità qualsiasi. S'ignorano a vicenda, piccoli regni eguali e sordi, nel cui interno si annulla il collettivo ed il sociale; organismi senza finestre né occhi per quello che sta a fianco, e che, non conoscendosi, guardano tutti avanti e fuori, dove? In un pezzo di bosco, uno scorcio di lago, la spianata su cui sì può correre a piedi nudi, la roccia che orla la riva. Le case più pregiate sono in un'isola, simili ad un'isola in un'altra. Sono dimenticate le comodità dì quel progresso tecnico che altrove, nei paesi nordici, sembra di\ ventato un feticcio. La luce 1 elettrica non giunge, l'acqua dev'essere raccolta, riscalda- mento non esiste, i luoghi i d' decenza sono relegati in \ capanne divise dalle abita- ' zioni, e le provviste alimentari sono integrate dalla pe¬ \ \ 1 1 sca. In una seconda capanna più grande è contenuta l'immancabile sauna, da cui si parte in corsa per buttarsi nell'acqua. E' la sauna dei cittadini; i contadini l'hanno in casa più grande per viverci e dormirci dentro nei mesi freddi. Per i cittadini dunque la solitudine non è la condizione d'altri beni, ma il fine, un bene che cercano per se stesso. Ho sentito parlare contro queste usanze da alcuni che le vorrebbero distrutte. Esse sarebbero imputabili, come segni rivelatori di una malattia atavica, alla famosa timidezza dei nordici, alla loro mancanza di socievolezza reale, per cui, quando possono, lasciano i luoghi dei consorzi insoddisfacenti per fuggirsi a vicenda e riprofondarsi nella propria perso na. Queste usanze diminuirebbero la passione politica (che per molli non basta mai), impedendo il formarsi di una socievolezza profonda, totale e interiore. Un'eco di queste opinioni ho raccolto, come ho già detto, nei discorsi di alcuni architetti-sociologi che vogliono riformare l'architettura finlandese. E anche nei di'scorsi di alcune donne. « Mio marito vive per l'isola, mi ha detto una. La sua casa nell'isola per lui è sopra di tutto. Vi corre appena ha un giorno libero, da anni, e io lo seguo; poi, si divide anche da me, va a pescare da solo ». Dunque, per quanto antica, l'usanza è insidiata, ma spero che durerà ancora a lungo. Forse, così regolare, costante, simile ad un'istituzione o a una funzione pubblica, costituisce quello che ammiro di più in popoli che, per altro verso, comunque lo sentano, in modo felice o infelice, hanno un senso così assillante della morale collettiva. Le parole che ho riferito: « Per lui l'isola è sopra a tutto », di cui in molti ho potuto constatare la verità, ci dicono che non si tratta soltanto di una fuga. La natura (questa natura, che non è un punto panoramico, un luogo specialmente bello, ma natura e basta) diventa una trascendenza, l'unica vera trascendenza di gente per cui ogni altra religione si estingue nella politica e nella morale. In fondo, è un equivalente più facile della contemplazione o immaginazione interiore (l'oblò interiore volto in giùl e per me l'unica indicazione o modello che questo genere di società ci fornisce. Inquinamenti Non è da pensare, tra l'altro, che l'industria, la tecnica, e tutto quello che chiamiamo progresso non divaghino in questi spazi dì intermittenti solitudini individuali. Lappeenranla. una cittadina che non tocca i trentamila abitanti sulla punta meridionale del lago Saimaa, è, come Kiruna nella Lapponia svedese, disseminata su una superficie vastissima e pianificata per essere una metropoli industriale. Ai finlandesi preme che lo straniero veda il canale Saimaa, che dal lago va a Vijpuri nella Carelia annessa dall'Unione Sovietica. Questo magnifico canale, dove per superare oltre settantacinque metri di dislivello le navi entrano sette volte in cotti par lìmentì stagni dove l'acqua le porta in basso quando scendono ed in allo quando risalgono, toccando il Golfo di Finlandia, vivifica il commercio del centro del paese, ed è opera dell'ingegneria finlandese, benché il suo tratto più lungo sia oltre confine. Purtroppo anche in Finlandia la crescita delle industrie è accompagnata dall'inquinamento delle acque. La bellezza di alcuni bucini del Saimaa è guastata dal cattivo odore. Le rapide di Imatra, prorompenti da uno sfondo di foreste e di rupi tra pareti di rocce, erano un celebre spettacolo fin dai tempi del dominio zarista, e vi fu costruito un curioso albergo a torrette di stile Liberty. L'acqua ora è stata confiscata da una grossa industria e le finestre dell'albergo contemplano un torrente secco. Nella buona stagione le dighe sono aperte la domenica per un'ora a beneficio dei turisti, ma le acque adesso si scatenano da una muraglia di cemento e non di rupi solitarie, mescolate a sostanze che effondono anche nella corsa furiosa un puzzo nauseabondo. I fiori di Turku II momento più strano del mio viaggio in Finlandia è quello che ho passato a Turku, una città portuale graziosa, con una cattedrale gotica, e, come Helsinki, molta bella architettura d'oggi. Uscivo da un vecchio quartiere superstite di case artigianali, modeste, di legno rossiccio, tenute, come sempre in questi Paesi, a museo: case-botteghe del mereiaio, del tipografo, del fornaio, dell'incisore, dell'orefice, del vasaio, ed anche del marinaio, che non vendeva nulla. Vi si conserva tutto, perfino le fotografie famigliari. Mi avanzava tempo, e pensai di andare al cimitero in periferia, nel quale sorge la cappella della Resurrezione, opera dell'architetto Bryggman, di una trentina d'anni fa. Poteva essere mezzogiorno; il cimitero era un bosco in collina che aveva come sottobosco le tombe. Entrai nella cappella, che era spaziosa e gaia. Ricordai subito l'orrendo cimitero di Forest Lawn, presso Los Angeles, su cui si è scritto tanto, e che è diventato argomento di letteratura comica. Anche li la stessa intenzione, di mostrare la morte come un semplice cambiamento del luogo di soggiorno in terra, da una casa ad una tomba in un paesaggio ameno. Ma la stessa filosofia, se di filosofia si poteva parlare nel cimitero americano, si liberava qui di ogni cinismo, d'ogni inganno, d'ogni rozzezza affaristica, pesantezza pubblicitaria, ridicolo volgare. Qui diventava naturale, quasi riportata alla sua origine nel pensiero, tornava seria, intellettualmente discreta, tuttavia suggestiva e perfino convincente. La cappella era altissima, bianca, sen-.a ornamenti, tolti due organi argentati. Il settore più grande, con le panche, non era in linea retta con l'altare, ma fortemente sghembo: dietro l'altare un alto muro era coperto d'edera rampicante. Dall'altro lato delle panche, aperta alla vista del cimitero perché la parete era a vetri, si vedeva una grande serra, o giardino d'inverno, inclusa nella chiesa. La riempivano piante esotiche fiorite. La morte voleva apparire come un passaggio di stato che non cambia nulla nella vicenda naturale, non diversa dalla vita. Ero solo, ma un organo suonava, e presto ne scopersi il perché. Davanti a me c'era una bara bianca, secondo l'uso del Paese, per cui i morti sono portati in chiesa senza compagnia ed attendono li i parenti; la musica era per il morto. Certo si preparava la funzione funebre, ma per tutto quel tempo non entrò anima viva. Questo, tra i fiori, il verde e la luce del sole che irrompeva dalla vetrata, mi suscitava dentro pensieri allegri. Esiste un'allegria della morte, e ne facevo l'esperienza. All'uscita, l'autista, uno dei pochi autisti incontrati in Finlandia con cui riuscivo ad intendermi, mi chiese se potevo concedergli qualche minuto prima d'andare all'aeroporto. Prese una strada in mezzo ai boschi, e dopo un paio di chilometri mi indicò un edificio di pietra bianca, basso e piuttosto grande^ né bello né brutto, dicendo: « Il nostro crematorio ». Lo mostrava orgogliosamente, ma con lo stesso tono che aveva avuto nel mostrarmi la cattedrale e il municipio, i musei, la biblioteca e il teatro, come uno dei luoghi importanti senza di cui il ciclo della vita di Turku poteva sembrare incompleto. La morte come un momento della natura, alla pari di tutti gli altri, è una delle ultime immagini che, prima di lasciarla, mi ha dato la Finlandia, intonandosi con le notti bianche, in cui non si sa bene da quale parte ci si trovi, se di là o di qua. Guido Piovene (Questo articolo conclude l'inchiesta sul Nord europeo. Gli articoli precedenti sono apparsi il 30 giugno; il 12, 17, 19, 23, 28 e 30 luglio; 11 2, 6, 9, 15, 20 e 23 agosto). Helsinki. Incontro di generazioni sotto l'ultimo sole d'estate (Foto Lehtikuva)

Persone citate: Forest Lawn, Guido Piovene, Polifemi