In "Pretalia" di Vittorio Gorresio

In "Pretalia" In "Pretalia" (La mostra dell'anticlericalismo in Piazza Navona e le trecenlomila firme contro il Concordato) Roma, agosto. Nella Corsia Agonale, breve tratto di strada che da piazza Navona conduce a piazza Madama — dove ha sede il Senato — i dirigenti della Lid (Lega italiana per il divorzio) hanno allestito una mostra dell'anticlericalismo del momento. C'è anzitutto un giornale murale fatto di ritagli stampa a dare conto degli ultimi eventi vaticani ed ecclesiastici: dai matrimoni dei preti in clergyman alle informazioni sulla speculazione edilizia nella quale sia immischiata la finanza d'oltre Tevere; dalla famosa « tratta » delle suore indiane allo sciopero sindacale minacciato dai gendarmi pontifici. Ci sono inoltre — e sono il pezzo forte della,mostra — manifesti illustrati in rosso e nero, ispirati al divorzio, al Concordato ed alla ricorrenza centenaria di Roma capitale. Ci sono intimazioni ai senatori laici perché si impegnino a votare, entro il 9 ottobre, la legge Fortuna-Baslini sui casi di proscioglimento del matrimonio: « Senatori laici, la maggioranza che voi esprimete è la maggioranza democratica del popolo italiano. Per questo non dovete cedere ai ricatti clericali e ai compromessi ». « Senatori laici, quando imparerete ad essere ima maggioranza? ». « Senatori, laici, respingendo o dilazionando il progetto di legge per il divorzio, sarete voi a divorziare dalla volontà popolare ». Poi c'è il ricordo del famoso ordine del giorno presentato alla Camera del Regno d'Italia da Giuseppe Ferrari il 28 marzo 1870 («/a Camera nulla curandosi della infallibilità del Papa, passa all'ordine del giorno ») rapportato in chiave satirico-amara al confronto con quella che sarebbe stata la decisione del Senato della Repubblica italiana circa il problema del divorzio, attorno al Ferragosto di quest'anno: « Il Senato, molto curandosi dell'infallibilità del Papa, prende le ferie t. Sono accostamenti un poco arbitrari o approssimativi, si potrebbe dire, ma non è dubbio che essi rivelino la tenacia d'un rancore profondo non sopito. * * E' l'anticlericalismo di oggi, ravvivato alla vigilia del XX Settembre, espresso in chiave di due essenziali motivi paralleli che sono la battaglia a favore del divorzio e la battaglia per la denuncia dei Patti Latcranensi. In molti manifesti si raffigura il Concordato come un carro armato che avanza stritolando la libertà e la dignità civile degli italiani laici. E' guidato da un prete, è decorato dagli emblemi pontifici, e sopra e sotto sono iscritte due date e due sentenze: « Venti Settembre 1870: i bersaglieri italiani conquistano Porta Pia - Venti Settembre 1970: il Vaticano non ha ceduto ancora ». Un altro carro armato, in un altro cartello, si traina dietro il carico dei vizi nazionali secolari, diligentemente elencati sotto le voci di clericalismo, oppressione, nepotismo, costrizione, oscurantismo, repressione, demagogia, assolutismo, taglione, onnipresenza. L'insegna sul carro è sempre la stessa: Concordato. Altro motivo ricorrente è il cappello da prete. Ce n'è uno che, enorme, copre il Senato della Repubblica ed è illustrato da una didascalia che dice in versi romaneschi: « Sotto 'sta cappella - nun ce serve più l'ohibrella ». Un altro cappello da prete, sempre enorme, in un altro cartello nasconde una mano assassina che strangola la Repubblica italiana. Figurano sullo sfondo croci c tombe, ed una dicitura si richiama al primo verso dell'inno di Garibaldi: « Si scopron le tombe ì. Mezzo cappello da prete copre metà della testa d'una specie di Giano bifronte che da una parte è prete, dall'altra è senatore della Repubblica: « E' ora di scegliere, o senatori o preti », comanda la didascalia. Il pessimismo e l'allarmismo sono la nota dominante di tutta una serie di cartelli. C'è una bandiera tricolore che ha come stemma le chiavi di San Pietro e il triregno dei papi; c'è il simbolo ufficiale della Repub¬ blica italiana in campo bianco e giallo, colori del Vaticano; c'è un prete grasso in funzione di vigile che intima l'alt alla Repubblica, ed ancora in tema di traffico ci sono due scene in uno stesso cartellone, istoriatissimo. Si vede nella prima un corteo pontificio che fa il suo ingresso da Porta Pia; nella seconda tre bersaglieri sono invece fermati, vietato Io ro il passaggio a norma d'una didascalia che avverte trionfalisticamente: « Breccia ampiamente riparala. Souvenir 1870». * * in un altro manifesto l'Italia è tristemente chiamata Pretalia, e vi si legge una lunga filastrocca che comincia: « In Pretalia, è risaputo, - tutto regge co lo sputo... ». Tra le diverse illustrazioni che rappresentano draghi c diavoletti in un contorno di vittime innocenti, c'è quella d'un prete, il solito prete sudicio e grasso, avido, esoso, prepotente, in funzione di pastore. Suo gregge sono i partiti politici italiani, disegnati come pecore: ma nello sfondo c'è un lupo, naturalmente grifagno, con un cartello al collo che ne indica il nome. Come si immagina, il nome del lupo è « Divorzio », ed è allo stesso tema che si ispira un altro manifesto dove si vede un pover'uomo cornuto. Alle sue corna il solito prete ha appeso una specie di altalena, c vi si dondola beato, sotto una scritta che qualifica le corna come l'albero della cuccagna per i preti. La cuccagna, però, sta per volgere al termine, grazie al divorzio. In tutta una sene di manifesti si sviluppa difatti una tematica pervasa da una vena d'ottimismo o volontà di riscossa. Nel cartellone che raffigura il cornuto, per esempio, c'è anche una mano che brandisce un'accetta — sulla quale è scritto « Divorzio » — pronta a recidere le funi dell'altalena, così come il lupo sarebbe una minaccia per i partiti politici pecoroni. Si vede altrove una sacra rota, debitamente ornata dei contrassegni pontifici, che torce un corpo umano facendolo grondare soldi a beneficio dei preti. Ma una dicitura informa: « L'ultimo giro della sacra rota. Prezzi popolari. Saldi ». Sembra che la paura colga i preti ed i frati, che in una scena angosciosa intonano un cantico vagamente abruzzese: « Oh, santi Ziffirini - che il divorzio nun c'irruvini». Un'altra dicitura in un altro cartello annuncia la fine di un'epoca: /(.Concordato fallimentare: decreto del tribunale del popolo laico n. 209-1970 ». Le figurazioni rappresentano, in tre momenti diversi, la svendita di oggetti inerenti al magistero ecclesiale. « Chi se spiccia — si legge in un cartello — gode ultimi giorni di liquidazione ». E' questo il punto culminante della polemica anticlericale, perché nel manifesto è rappresentato, senza riguardo alcuno né rispetto, lo stesso papa Montini che personalmente sovrintende agli annullamenti matrimoniali. Nelle intenzioni degli autori si vuol significare che con l'approvazione del divorzio volge al suo termine definitivo tutto quanto è rimasto del potere temporale in Italia, alla vigilia della ricorrenza centenaria di Roma capitale. Sussiste un ultimo pericolo, tuttavia, e cioè che per via di emendamenti senatoriali alla legge Fortuna-Baslini si vada al rischio di ritardare siile die l'approvazione del divorzio. Si vedono infatti due senatori della Repubblica che stanno per cadere in un fosso nel quale sono appiattati a spiare, in agguato, due pretacci. In cinque lingue — italiano, spagnolo, francese, inglese e tedesco — si definisce il cattolicesimo: « Religione nel mondo - tirannia in Italia*. C'è una minaccia: « Non accetteremo senza lotta un'altra resa agli interessi clericali ». Una richiesta: ^Niente crisi né emendamenti pretestuosi ». Un oltraggio di fattura latina: « Senatores boni viri, senatus mala bestia ». Una deplorazione di natura storica: « Ciò che il temporale ha insurpalo nei secoli al popolo italiano, lo spirituale non restituisce t. Un invito di carattere programmatico: c Domenica venti settem¬ bre 1970: tutti i divorzisti italiani in Piazza Navona, al/c ore ventuno ». Se in realtà vi convenissero tutti, piazza Navona sarebbe ovviamente incapace cli contenerli. La Lid peraltro sta organizzando manifestazioni in diverse città, per suscitare in tutta Italia « spiriti anticlericali », come è nei propositi enunciati dai dirigenti. I partiti politici, anche quelli che sono favorevoli al divorzio ed hanno confermato il loro impegno a votarne la legge in Senato senza emendamenti né rinvii, non appaiono molto ben disposti. La prospettiva d'un risorgere dell'anticlericalismo italiano — probabile fomite d'un accentuarsi del clericalismo residuo — sgomenta in particolare comunisti e psiuppini: «Ma noi stiamo rodendo la loro base — dice allegramente il segretario generale della Lid, Marco Pannclla — e ridaremo vita e fiato all'Italia laica ». Per riuscire allo scopo, i dirigenti della Lid si prospettano anche di porre termine al digiuno che stanno praticando da quasi tre settimane. Marco Pannclla ha perduto dieci chili di peso, essendosi sostentato assieme a compagni e compagne di sofferenza — Brunella Chillotti, Grazia Pacifici, Giuseppe Vaccari, Giovanna Minotti e pochi altri — esclusivamente con qualche bicchiere di latte, o mezzo bicchiere di whisky, sali minerali e vitamine, durante tutti Questi giorni. Sabato, forse, ricominceranno a nutrirsi regolarmente per essere in grado di dedicarsi a organizzare le celebrazioni nazionali — laiche — del prossimo venti settembre. « Altrimenti nessuno di noi ce la potrebbe fare più », dicono. Pannclla e Vaccari, al limite delle loro forze. •* * Lasceranno la Corsia Agonale, smonteranno la mostra dell'anticlericalismo italiano contemporaneo, avranno dato una testimonianza di come possano restare, nel fondo dell'anima nazionale, motivi e sentimenti che si credevano esclusivi dell'età del post-Risorgimento. Per i dirigenti della Lid essi rimangono validi, come nella quartina di Cesare Pascarella trascritta in grande evidenza nella Corsia Agonale: « Che mettetelo in testa che er pretaccio — è stato sempre lui, sempre lo stesso — er prete? E' stato sempre quell'omaccio — nimico de la patria e der progresso ». L'idea che gli italiani continuino a pensarla come Pascarella, per gli anticlericali di oggi è fondata sul fatto che in venti giorni essi hanno raccolto più di treccntomila firme in calce al loro appello per il divorzio e contro il Concordato. Vittorio Gorresio

Luoghi citati: Italia, Roma