Che scrisse la moglie di Niarkos di Sandro Viola

Che scrisse la moglie di Niarkos La famiglia dell'armatore rivela le lettere della morta Che scrisse la moglie di Niarkos « Non ne posso più, mio marito mi ha reso la vita impossibile... » - Secondo i familiari, il tono delle missive e l'incerta calligrafia proverebbero che Eugenia Livanos si uccise: mentre scriveva, era sotto l'effetto del veleno - Tuttavia troppi elementi gravano a carico del miliardario - Un'altra donna nel dramma? (Dal nostro inviato speciale) Atene, 26 agosto. A poco a poco, come si conviene ad una operazione drammatica ben condotta, le lettere di Eugenia Niarkos stanno venendo alla ribalta del « caso ». Il mistero che attorniava queste lettere, che aveva fatto persino dubitare che esistessero, si sta diradando: e le indiscrezioni vengono tutte da fonti « simpatizzanti » per l'armatore. Sono le lettere di una persona che sta per uccidersi, quindi la prova che Eugenia intendeva suicidarsi. In un primo momento, come si è saputo oggi, Niarkos e i Livanos non avevano consegnato le lettere agli inquirenti. Lo hanno fatto successivamente, forse quando hanno capito che l'inchiesta veniva condotta con più, scrupolo (loro dicono «testardaggine») del previsto. Messi in difficoltà dagli sviluppi della vicenda giudiziaria, insomma, mentre mezza stampa internazionale appare più o meno scopertamente colpevolista, i Niarkos non hanno più interesse a celare l'esistenza degli ultimi fogli scritti dalla moglie dell'armatore. Essi contengono parole molto dure nei confronti del marito? Pazienza. In compenso — mentre c'è un magistrato che nella sua richiesta di rinvìo a giudizio di Niarkos adombra l'omicidio preterintenzionale — rappresentano la prova che Eugenia, quella notte, si suicidò. Qualcuno dice di conoscere le frasi che la 7iiano di Eugenia Livanos tracciò, la scrittura sempre più incerta per l'effetto incalzante dei barbiturici, sulla sua carta da lettere. Riportiamole, per dovere di cronaca, anche se non esiste alcuna prova che esse siano autentiche. « Sono nata un 26 del mese, ed è perciò che sono doppiamente sfortunata: perché ventisei è la somma di due 13... ». « Non ne posso più, mio marito mi ha reso la vita impossibile... ». Vere o false che siano queste frasi, la cosa certa è che Eugenia era sconvolta. Aveva cominciato a scrivere subito dopo la scenata col marito, poi aveva ingoiato le 25 pastiglie di Secanal (di cui 15 furono suf-, fidenti a darle la morte: 10 sono state trovate nel suo stomaco praticamente intatte), infine aveva ripreso a scrivere. Sicché le ultime righe saì-ebbero illeggibili, un seguito di segni senza senso: sopravveniva il coma. L'inutile iniezione Alle 11 (nessuno dei due coniugi, dopo la lite seguita alla telefonata di Charlotte Ford, ha mangiato), la cameriera trova Eugenia riversa sul letto. Ci sono i tentativi di rianimarla, gli « schiaffi » di cui parlano i Niarkos, quello spalancarle la bocca a forza per versarvi dentro prima acqua e poi.caffè. Passa un po' di tempo, poi l'armatore telefona alla sorella signora Dracopulos chiedendole di cercare il dott. Arnautis, e di mandarlo immediatamente all'aeroporto. Arnautis viene svegliato, si prepara, poi va dal quartiere in cui abita — Kypseli, alla periferia di Atene — nel quartiere opposto dove c'è l'aeroporto: ventìcinque chilometri. Quando arriva a Spetsopula, nella villa, sono trascorse due ore e mezzo dacché Eugenia è stata rinvenuta esanime. Arnautis riempie la siringa con un cardiotonico, inietta il liquido in una vena di Eugenia Niarkos, ma il liquido rimane dov'è: il sangue s'è fermato, la donna è morta. Perché Niarkos non ha chiamato il dottore dì Spessos, l'isola che sta a poco più di cinque minuti di motoscafo? L'entourage dell'armatore — lo abbiamo riferito ieri — parla d'un dottore vecchio, asmatico, e con tutta probabilità privo del necessario per un intervento medico di quel genere. Ma il dottore di Spessos ha parlato anche lui. « Certo, sono vecchio e asmatico. Tuttavia avevo l'occorrente per intervenire, e se mi avessero chiamato sarei accorso. Mi sono mosso quando mi chiamavano per curare le cameriere, potevo andare per la signora Niarkos a. Quando Arnautis si rifiuta di firmare il certificato di morte, dalla villa di Spetsopula parte una telefonata per Atene. Il destinatario è Demetrios Kapsaskis, direttore del dipartimento di medicina legale del ministero della giustizia e, oggi, il più fermo assertore del suicidio di Eugenia. Cosa si vuole da Kapsaskis, a quell'ora, mentre la signora Niarkos è appena morta? Un consiglio? Può darsi. Ma non bisogna dimenticare che Kapsaskis, oltre ad essere l'esperto medico-legale che ha sempre negato che nelle prigioni greche si pratichi la tortura, è noto per un'altra ragione. Quando un gruppo di malviventi, in combutta con la polizia, -uccise nel 1962 il deputato progressista Lambrakis (chi ha visto il film Z conosce la vicenda), Kapsaskis fu incaricato della perizia medica: ed egli affermò che la morte di Lambrakis era probabilmente dovuta ad una caduta. E' Kapsaskis, comunque, quella notte, che avverte il procuratore Fafutis. Si rende conto che non c'è altro da fare, sveglia il procuratore del Pireo e qualche ora dopo — è già giorno — Costantino Fafutis giunge nell'isola a bordo d'una lancia della polizia, accompagnato da cinque agenti. Arnautis, intanto, aveva già chiamato il commissario di Spessos, Dimitros Koronis. Niarkos è un rottame, il suo dolore è evidente. « La notte prima del funerale — racconta uno sterratore di Spessos —, mentre noi scavavamo la fossa di fianco alla cappella dove era stata allestita la camera ardente, Niarkos venne di continuo a vedere la moglie. Si inginocchiava, piangeva, lo vedemmo molte volte stringersi la testa fra le mani e scuoterla violentemente. Poi i familiari, che subito accorrevano, lo convincevano a ritirarsi. Ma mezz'ora più tardi era di nuovo lì ». Milioni di dollari All'inizio, comunque, benché vi sia un'inchiesta in corso, Niarkos non pensa minimamente che essa possa condurre ad una richiesta di incriminazione. Chiede che i giornali tacciano sull'accaduto e vi riesce in forza d'ini articolo del codice penale che vieta di parlare delle cause e delle forme dei suicidi. Ma il funerale lo pretende con rito religioso, e l'ottiene, benché la Chiesa ortodossa rifiuti il servizio funebre ai morti per suicidio. E' la prima set¬ timana successiva al dramma, e Niarkos, che da più di dite mesi tentenna su alcune clausole del suo contratto col governo, che. tiene in sospeso i colonnelli cercando di ottenere condizioni migliori per i suoi giganteschi investimenti in Grecia (250 milioni dì dollari), si decide d'un tratto a firmare. Non molti giorni dopo, all'inaugurazione di un impianto, il ministro dell'Economia, Makarezos, paragonò l'armatore a un eroe dell'antica Grecia: il fato si è abbattuto sulla testa di Niarkos, ma egli non cederà, continuerà a costruire. Il « costruttore » intanto è praticamente in stato di fermo, la magistratura avendogli chiesto dì non lasciare la Grecia. E a nessuno sfugge che l'elogio del regime (per bocca del suo «numero due») è ben strano, visto che c'è un'istruttoria in corso. «Lesioni letali» Nessuno, e tanto meno Niarkos, pensava che la magistratura potesse giungere al punto in cui siamo oggi. E che Costantino Fafutis non si sarebbe accontentato della perizia coordinata dal prudente Demetrios Kapsaskis e che ne avrebbe richiesta un'altra all'istituto di medicina legale di Salonicco. Così, quando Salonicco fornisce un responso dove si parla di spappolamento della milza, il procuratore trova conferma ai suoi dubbi. Avvelenamento? Forse, ma dopo che Eugenia Niarkos aveva ricevuto « lesioni letali ». Niarkos ha intanto nominato il suo collegio di difesa nelle persone degli avvocati Triandafilu, Petzmatzoglu e Aguridis, i quali hanno già presentato un promemoria al « Consiglio Penale » (che deve decidere sulla proposta di rinviare a giudizio) in cui si ribadisce che l'unica verità della vicenda è quella contenuta nelle dodici pagine della perizia tossicologica. Nei caffè di Atene, dove il pronostico è sempre a favore dell'armatore (« Niarkos non andrà mai in galera»;, con-e stasera un'ennesima voce: quella notte, nella villa, c'era una giovane donna canadese di nome Janet Strass, e sarebbe stata la sua presenza — 77077 la telefonata di Charlotte Ford — a provocare la lite tra i due coniugi. Sandro Viola Stavros Niarkos

Luoghi citati: Atene, Grecia, Salonicco