Numerosi i quadri falsi Rare le opere autentiche

Numerosi i quadri falsi Rare le opere autentiche Troppi acquirenti non se ne intendono Numerosi i quadri falsi Rare le opere autentiche Secondo un mercante d'arte svizzero, gli italiani spendono ogni anno mezzo miliardo per acquistare opere « antiche » realizzate pochi mesi prima - Un pigiatore dice : « Un De Pisis si dipinge in tre ore, un Daiì in dieci giorni » (Nostro servizio particolare) Roma, 20 agosto. « Autentico o falso? ». Inquietante dilemma che s'affaccia dinanzi a un quadro o a un pezzo archeologico, specie se di provenienza clandestina o sospetta. « Dubbio più che fondato » rispondono gli esperti. E citano percentuali sorprendenti d'imitazioni che, in certi casi, toccano il novanta per cento delle opere autentiche attribuite ad un autore. Secondo Elia Borowski, mercante d'arte di Basilea, gli amatori d'arte italiani spenderebbero ogni anno circa mezzo miliardo per acquistare, attraverso catene misteriose, dipinti antichi e moderni, vasi etruschi e monete, monili e statuette ritenuti preziosi, ma che, in massima parte, sono volgari falsi, ancorché perfetti, realizzati qualche mese prima. la "specializzazione" Si falsifica tutto: da Michelangelo a De Chirico, da Picasso a Renoir, dalle anfore etrusche o greche alle tombe delle stesse necropoli. Vi sono pittori di talento tecnico, specializzati nell'imitare un certo artista. « Un De Pisis si dipinge in tre ore, dopo qualche settimana d'allenamento, un Dalì o un De Chirico in dieci giorni » ha detto uno di questi plagia tori. Un caso, ormai noto anche in Italia grazie ad una trasmissione televisiva, è divenuto celebre in Europa. La vicenda di Han van Meegeren, pittore olandese disconosciuto dalla critica ufficiale, e perciò afflitto da cronica miseria, ma divenuto ricchissimo fra gli Anni Trenta e Quaranta, quando si dedicò alle falsificazioni d'arte. Nel 1945 una commissione alleata rintracciò nella pinacoteca di Goering un quadro di Jan van der Meer, celebre maestro olandese. Risultò che l'opera era stata venduta al gerarca nazista da van Meegeren che, di conseguenza, fu accusato di collaborazionismo. Durante il processo, che poteva concludersi con la sua condanna all'ergastolo, Van Meegeren preferì rivelare il proprio segreto. « Quel " Cristo e l'adultera " — disse, fra l'incredulità della Corte — è un falso fatto con le mie mani. Mi sono specializzato nell'imitare Van Der Meer e ho dipinto altre tredici tele a lui attribuite ». Alcune di queste tele erano esposte in musei di Rotterdam, di Parigi; un'altra, « I discepoli di Emmaus », falsificata fra il 1932 e il 1936, fu giudicata autentica da due studiosi parigini La Corte non crede alla confessione ma, nel dubbio, offre a Van Meegeren la possibilità di dare una prova concreta. Gli portano in cella Cavalletti, tele, pennelli, tavolozza e colori. Van Meegeren dipinge per mesi. Il risultato è sbalorditivo: il suo quadro sembra uscito dal pennello di Van Der Meer. La prova della verità è fornita e il geniale falsario è condannato ad un solo anno. Uscito di galera, gli piovono addosso ordinazioni da ogni parte del mondo. E' un caso balzato alla ribalta della celebrità, ma dietro le quinte prospera l'attività dei falsari. Spesso gli stessi intenditori incontrano difficoltà nella stima di un quadro moderno, perché i trafficoni riescono, con stratagemmi, ad ottenere l'autenticazione del falso dagli autori imitati (e truffati), naturalmente in buona fede. « Per strapparmi un falso riconoscimento — ha raccontato Giorgio De Chirico — sono giunti a farmi firmare, in presenza di un notaio, il retro di un'opera che era effettivamente mia. Purtroppo, alla tela su cui avevo lavorato, era stata applicata una seconda tela bianca: su questa apposi inconsapevolmente la firma che il notaio autenticò ». Naturalmente il falsario dipinse su questa tela l'imitazione di De Chirico e la potè tranquillamente vendere, chissà a che prezzo, perché si trattava non solo d'un quadro autenticato, ma con autografo... Un falso De Chirico, pagato mezzo milione al falsario, raggiunse anche i sei, sette milioni sul mercato clandestino. Di notte col piccone Se la pittura è minacciata dai falsi, specie di autori moderni, l'archeologia è addirittura' una miniera per i trafficanti. , Qualche tempo fa giunsero a Roma due ricchi svizzeri interessati a comperare reperti etruschi da certi « tombaroli » di Cerveteri con i quali avevano trattato sotto- e banco. Con mille precauzioni, per diverse notti, furono accompagnati in zone di necropoli alla ricerca d'una tomba che gli scavatori clandestini sostenevano d'aver individuato. Scava qua, scava là, una notte il piccone incontra il tufo. « Ci siamo, ecco la tomba », dicono i tt tombaroli ». Alla luce d'unti pila, infatti, i due svizzeri e compagni si trovano dinanzi al muro di massi del sepolcro. Vi entrano e vedono uno spettacolo affascinante: è una tomba in condizioni di rara conservazione, con le pitture murali dai colori ancor vividi, stupende, qualche radice che fuoriesce dalle connessure dei muri e, sul pavimento, frammenti di utensili, qualche vaso in coccio e un'anfora quasi integra. Felici della scoperta, i due svizzeri prendono in mano quest'anfora, l'osservano con estrema attenzione, la rigirano con cura fra le mani. Hanno l'impressione che « qualcosa » si muova dentro l'anfora. La capovolgono e ne esce un pacchetto accartocciato di sigarette. Computer per falsari La spiegazione è chiara: i truffatori, abilissimi nel costruire la falsa tomba etrusca, erano stati vittime del vizio del fumo che, in compenso, aveva sventato la turlupinatura architettata a spese dei due svizzeri di pochi scrupoli. Per quanto paradossale, l'episodio viene narrato come realmente accaduto da chi ha scoperto l'incredibile, storia. In dimensioni più modeste si sviluppa ogni giorno il traffico di falsi vasi etruschi o greci, a scelta degli acquirenti. « Se la gente sapesse quante " bidonate " gli diamo — mi ha detto un personaggio coinvolto in faccende del genere — si guarderebbe bene dall'acquistare persino i vasi etruschi autentici». Vengono falsificati non solo i vasi in terracotta, ma vasi e statuette in bronzo. « Gli oggetti di bronzo — prosegue l'informatore clandestino — li fanno soprattutto a Taranto e Napoli. Usano bronzo puro che invecchiano, dopo averlo fuso, tenendolo per venti-venticinque giorni sottoterra a contatto con acidi Che non conosco e con fili di rame, per dargli quelle ombreggiature verdastre. Quasi sempre i falsari adoperano frammenti di vasi autentici. Questi frammenti costano dalle venti alle ventìcinquemila lire il chilo. Una statuetta costa ai falsari dalle trenta alle cinquantamila lire, ma la vendono da un minimo di mezzo milione a un massimo di due o tre milioni. Si vendono con relativa facilità. In genere andiamo con una bella ragazza, line e intelligente, tutti ben vestiti. Se presentiamo la merce a qualche antiquario abbiamo l'accortezza di portare sempre un oggetto autentico. Con questo sistema abbiamo " castigato " diversi intenditori ». Fra ladri, contrabbandieri clandestini e falsari, il mercato d'arte e d'archeologia è costellato di punti interrogativi, l'unica garanzia consiste nel rivolgersi esclusivamente ad antiquari seri che prima di esporre un pezzo lo controllano e lo sottopongono a studiosi. « Non ci sarebbero falsari — diceva Domergue — se non ci fossero falsi intenditori d'arte». Con l'espansione delle richieste, cresce il traffico sotterraneo, aumentano i danni al patrimonio artistico italiano, ma per fortuna si perfezionano anche i meccanismi preventivi e repressivi. Il ministro dell'Interno, ad esempio, sta costituendo un nucleo di specialisti, come quello dei carabinieri, a difesa dell'arte e dell'archeologia. Fra qualche mese entrerà in funzione alla Criminalpol di Roma un cervello elettronico collegato con dodici fra le maggiori questure italiane, che incasellerà nomi, cognomi e caratteristiche di furfanti, falsari, truffatori d'ogni risma nel campo artistico e archeologico. Lamberto Fumo