La guerra dei nervi di Igor Man

La guerra dei nervi ANALISI La guerra dei nervi (Dopo l'euforia per la tregua, Israele teme di pagare un prezzo troppo alto per la pace) Sospesa, con la tregua, la guerra guerreggiata, si combatte ora la guerra dei nervi. Le « ostilità » sono cominciate sul « fronte americano » quando il Dipartimento di Stato ha omesso, nella lettera israeliana da inoltrare a Rogers, la riserva imposta al governo di Gerusalemme, proprio Ul'ultimo momento, dal generale Dayan. Nel documento che sanciva il « si » al piano Rogers, Israele accettava il principio del ritiro delle forze israeliane dai territori occupati « su linee di confine sicure, riconosciute e concordate che dovranno essere stabilite dagli accordi di pace ». Al Parlamento, la signora Meir s'è sforzata di gettare acqua sul fuoco limitandosi a dire che la posizione del governo israeliano rimane immutata. Ha ripetuto tuttavia che Israele non pone come condizione pregiudiziale «il ritiro su frontiere riconosciute ». L'intervento moderato del primo ministro tradisce la preoccupazione di non entrare in polemica con gli Stati Uniti, fatti segno a una violenta campagna di stampa da parte dei giornali vicini alla destra e accusati in pieno Parlamento da Beigin di « giocarsi agli scacchi la sorte d'Israele ». Anziché guastarsi con Washington sulla questione della lettera « epurata », Golda Meir ha preferito richiamare l'attenzione degli americani sul fatto che « le violazioni della tregua da parte russo-egiziana » minacciano di rendere inoperante il piano Rogers. Ma il portavoce di Stato, McCloskey, ha detto di non ritenere che la denuncia israeliana possa rallentare gli sforzi del mediatore Jarring. Ciò fa scrivere a giornali di larga tiratura quali il Maariv e l'Yedioth che « gli S. U. ci hanno imposto un diktat e non sì curano minimamente di quel che dicono i nostri Ministri, né dei loro passi ufficiali... Siamo ormai diventati il cinquantunesima Stato dell'Unione Americana ». E fa dire a Beigin che il piano Rogers pone a Israele l'alternativa: « O un accordo seguito da una nuova guerra, o una nuova, rovinosa guerra senza alcun accordo ». Nevroticamente felice fino a 48 ore fa, l'uomo della strada si interroga con angoscia crescente: « Si va verso una soluzione imposta? E di che tipo? Dovremo sgomberare tutti i territori in cambio della pace? Ma che pace sarà: ufficiale o di fatto? Si ripeterà la beffa del 1957, quando sgomberammo il Sinai in cambio di vaghe promesse? ». L'opposizione di destra e di sinistra rimprovera concorde al governo di tener nascosta la verità. Per la destra, occorre avere il coraggio di confessare che «gli Stati Uniti ci hanno ingannato » o, se è vero il contrario, bisogna rivelare il tenore e la portata delle « garanzìe di Washington in base alle quali è stato considerato opportuno dire "sì" al piano Rogers ». Per la sinistra è invece assurdo «tentar di nascondersi dietro un dito »: accettando il piano Rogers, Israele ha accettato di sgomberare tutti i territori. Lo sgombero avverrà e ad esso non seguirà, « almeno per adesso », alcun trattato di pace. Israele dovrà accontentarsi 11 per il momento » di una pace « che non è più la guerra », dovrà contare sulle garanzie internazionali (zone smilitarizzate, contingenti dell'Orni, ecc.) per scongiurare il pericolo d'un nuovo conflitto. L'opinione pubblica, secondo l'opposizione di sinistra, deve sapere che « siamo stati costretti ad accettare il piano Rogers non dagli S. U., ma dalla realtà dei fatti ». Israele non poteva e non può continuare all'infinito la guerra: il 20':o del suo prodotto nazionale lordo è assorbito dalle spese militari, il deficit della bilancia commerciale supera il miliardo di dollari l'anno, ci sono divise pesanti per soli 300 giorni, non è più possibile far fronte agli acquisti di materiale strategico, gli aiuti a titolo gratuito non basterebbero a mantenere l'attuale equilibrio di forze. Questi giorni in Israele sono gravi. La gente teme il ripetersi della « beffa del 1957 », ma sembra temere assai di più, stanca com'è della guerra, che le speranze di pace siano destinate a. naufragare, forse irrimediabilmente. Il governo è diviso: c'è chi insiste per un sollecito avvio delle trattative con Jarring, con la riserva di sollevare in quella sede le n giuste istanze di Israele ». Se veramente l'America « ha tradito » ci sarà sempre tempo per reagire adeguatamente. Altri invece sostiene che è indispensabile « chiarire tutto subito ». Igor Man

Persone citate: Dayan, Golda Meir, Meir, Rogers