Un Jules Verne impegnato tra politica e inquinamento di Carlo Casalegno

Un Jules Verne impegnato tra politica e inquinamento Un Jules Verne impegnato tra politica e inquinamento Come «I 500 milioni della Begum» anticipavano, nel 1879, problemi del nostro tempo Jules Verne: « I 500 milioni della Begum », ed. Mondadori, 216 pagg., 600 lire. Anche per i patiti di Jules Verne I 500 milioni della Begum, presentato con un'ottima introduzione di Giansiro Ferrata negli « Oscar Mondadori », sarà una scoperta; ed una scoperta che può suscitare insieme ammirazione e perplessità. Il romanzo appartiene all'ampio ciclo dei « Viaggi straordinari », ma ha ben poco in comune con L'isola misteriosa o Ventimila leghe sotto i mari; contiene intuizioni avveniristiche non meno geniali che Dalla Terra alla Luna, ma d'un genere assai diverso; è avventuroso ed assai carico di tensione, ma senza il piacere disinteressato del racconto. In realtà è un romanzo politico, polemico, a tesi, che anticipa in modo sorprendente vari problemi della nostra storia più vicina, dall'« universo concentrazionario » nazista alla crisi delle città. Per capire questo libro, occorre tener presente la data di pubblicazione: 1879, otto anni dopo la catastrofe della Francia nella guerra contro la Prussia. Ecco in breve i fatti. Una principessa indiana, vedova d'tm francese emigrato in Asia nel primo Ottocento, lascia mezzo miliardo di franchi-oro in eredità ai discendenti del marito. L'enorme somma spetterebbe tutta al francese dott. Sarrasin, medico e biologo che crede nella Scienza e nella Pace; ma con cavillose ragioni legali il tedesco prof. Schultze, un chimico fanaticamente impegnato a dimostrare la superiorità biologica della razza germanica, riesce ad ottenerne la metà. I due scienziati dedicano en¬ trambi quel mucchio di miliardi a costruire ciascuno il proprio Paese d'Utopia: su un tratto della costa americana sul Pacifico sorgono cosi, a venti chilometri di distanza, France Ville e Stahlstadt. Quella francese è la Città della Ragione, governata dalla scienza e volta al benessere dell'uomo, tutta impegnata in opere di progresso e di pace, aperta sul mondo. La tedesca Città dell'Acciaio è un universo chiuso governato da un potere arbitrario e segreto, un sinistro labirinto dove si cercano le « armi assolute » che daranno il potere mondiale alla Germania. Qui il torbido prof. Schultze costruisce un super-cannone all'idrogeno; con un colpo solo, in un attacco di sorpresa, egli distruggerà France Ville, odiato simbolo della civiltà latina. Ma un figlio fedele dell'Alsazia strappata dai tedeschi alla Francia, Marcel Bruckmann, riesce ad introdursi nella fortezza nemica, conquistare la fiducia del suo Fùhrer e sventare il complotto. Il cannone scoppia, i suoi veleni fanno di Stahlstadt una città morta, dove sopravvivono soltanto le due gigantesche guardie di Schultze, sinistri automi educati alla fredda violenza; e Marcel sposa la figlia del prof. Sarrasin. Anche il lieto fine è più di un'astuzia da romanziere per ragazzi: è l'ultimo simbolo che ribadisce la vittoria del Bene sul Male. Ma la tesi ottimistica non cancella l'impressione inquietante lasciata dal libro. France Ville ha una serafica irrealtà di utopia; solo la Città dell'Acciaio è tremendamente viva, pur nella sua atmosfera da incubo. Jules Verne, in questo più che in altri romanzi degli ultimi decenni d'attivi- tà, sembra aver intuito confusamente i rischi del progresso scientifico ed i torbidi germi di violenza che operavano nell'Europa felice della Belle Epoque; c'è come un presagio delle dittature novecentesche ed un timore delle armi assolute che, meno di un secolo dopo il suo libro, avrebbero messo l'umanità in grado di distruggere se stessa. Tuttavia è un'altra intuizione, meno scoperta, che può colpire ancora di più il lettore attento; e confermare che Jules Verne possedeva in misura notevole una sua genialità profetica. Le leggi che il prof. Sarrasin impone ai costruttori di France Ville anticipano, con esattezza impressionante, quasi tutte le norme che gli urbanisti d'oggi prescrivono per risolvere i problemi tecnici ed umani delle metropoli. Il buon Sarrasin vuole che la sua città alteri il meno possibile l'ambiente naturale. Impone un rapporto fisso tra costruzioni e spazi verdi, incoraggia le villette unifamiliari, esige il rispetto di minuziose garanzie igieniche. Si preoccupa dell'inquinamento: forni speciali depurano il fumo e sostanze chimiche vengono introdotte nelle fognature; le lavanderie collettive sono veri locali di disinfezione; e la polizia sanitaria ha larghissimi poteri. Gli ospedali sono piccoli, distribuiti nei vari quartieri ed il più possibile isolati; un corpo di infermiere specializzate è al servizio della comunità. Ad intervalli regolari, spazi verdi attrezzati favoriscono le attività sportive dei ragazzi e degli adulti. E' stabilito un severo controllo sulle sostanze eccitanti... E' quello che Amsterdam e Stoccolma stanno facendo; e sono leggi che, a chiedere di applicarle oggi a Milano od a Roma, c'è da passare per sovversivi e visionari. Carlo Casalegno - 4 Jules Verne e la moglie in un'incisione di fine '800

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