Le leggi contro la mafia forse saranno modificate

Le leggi contro la mafia forse saranno modificate Le "cosche,, sono state colpite, non debellate Le leggi contro la mafia forse saranno modificate Non sarebbero sufficientemente efficaci - Il problema è all'esame della commissione antimafia - D'altra parte, alcuni giuristi sostengono che le attuali misure sono anticostituzionali (Dal nostro corrispondente) Palermo, 24 luglio. Il soggiorno obbligato e le altre misure di polizia contro la mafia non sono sufficienti a contrastarla efficacemente. La tesi è sostenuta dalla maggior parte dei componenti la commissione parlamentare d'inchiesta sulla mafia, che ieri ha deciso di svolgere una nuova ispezione in Sicilia. I parlamentari inquisitori saranno a Palermo nella seconda metà di settembre. Nei giorni scorsi, era parso che la nuova « insita » dell'Antimafia sarebbe stata imminente e una notizia in questo senso era circolata a Roma e a Palermo. Poi è stato deciso il rinvio a settembre. Anzitutto la commissione parlamentare deve stabilire se proporre al Parlamento più severi sistemi di lotta alla mafia. Ciò nella supposizione che il soggiorno obbligato e le altre misure di prevenzione e di sorveglianza adottate finora non siano sufficienti ad impedire l'azione mafiosa in Sicilia. Fra le misure suggerite, vi è quella dell'accertamento patrimoniale e della fonte dei redditi dei sospettati di appartenere alla mafia. L'on. Cattanei, a quanto pare, vedrebbe di buon occhio V«accertamento». Dello stesso parere è 'il prefetto di Palermo Giovanni Ravalli, un siciliano della provincia di Ragusa che da anni sostiene la « indispensabilità del provvedimento» da estendere, se è il caso, ad esponenti politici. Su numerosi esponenti politici siciliani gravano da anni sospetti, che tuttavia non hanno mai preso forma concreta. Il nucleo della Criminalpol a Palermo ha concluso ormai da un paio d'anni alcune inchieste a carico di amministratori od ex amministratori comunali palermitani, ma i dossiers sono tuttora stipati in un mobiletto nell'ufficio del capo della Criminalpol in Sicilia. Il vice questore Francesco Arcuri, che aveva condotto le ricerche, non è più a Palermo, è stato trasferito. E' vero che molte accuse si sono sgonfiate o addirittura non sono state provate. Un caso clamoroso fu quello dell'ex ministro Bernardo Mattarella, accusato da Danilo Dolci d'essere in combutta con ambienti mafiosi del suo paese, Castellammare del Golfo, in provincia di Trapani. L'on. Mattarella ottenne la condanna, per calunnia, dello scrittore sociologo, che in tribunale si dimostrò assai meno deciso nel puntare l'indice accusatore di quanto non lo fosse stato sulle piazze del Trapanese. Ma il problema più grosso è quello del confino di polizia, che, per abolire l'espressione coniata durante il fascismo, è stato ribattezzato « soggiorno obbligato ». La misura viene considerata da molti antigiuridica e anticostituzionale, insomma un at- tentato alla libertà individuale. Nelle quattro province della Sicilia occidentale, le più interessate al fenomeno mafioso, nel 1969 sono state inviate al confino 129 persone, 30 hanno dovuto lasciare la Sicilia in seguito a sentenza di divieto di soggiorno nell'isola, 316 sono state sottoposte alla sorveglianza di polizia e 843 sono state diffidate. Secondo un calcolo approssimativo, dei 129 inviati al confino nel 1969 soltanto una cinquantina sono presunti mafiosi a carico dei quali le sezioni speciali antimafia dei tribunali dei 4 capoluoghi di provincia occidentali hanno emesso il provvedimento giudiziario. Per contro, nel 1964, l'anno successivo alla strage di Ciaculli, gli inviati al soggiorno obbligato furono 96, i sottoposti al divieto di soggiorno in Sicilia 19, i sorvegliati 302 ed i diffidati 1133. Tra costoro la percentuale dei mafiosi è più elevata che nel 1969. Ciò dimostra che le misure straordinarie adottate dalla Magistratura, su segnalazione dei questori o dei comandi dei carabinieri o, in virtù della legge 1965, dei procuratori della Repubblica, non hanno colpito soltanto mafiosi, ma oscuri appartenenti alla « mala n. Le province con il più alto numero di « colpiti » sono Palermo e Caltanissetta. Al 30 giugno di quest'anno, a Palermo i diffidati erano 9182, i sorvegliati speciali 800, i colpiti dal soggiorno obbligato 476, quelli dal soggiorno con obbligo di risiedere fuori della Sicilia 41. Ecco la situazione a Caltanissetta, alla fine d'aprile: 65 persone al soggiorno obbligato, 13 obbligati a stare fuori della Sicilia, 58 sorvegliati speciali. Non si dispone del dato sui diffidati. Il prof. Girolamo Bellavista, ordinario di procedura penale, uno dei più insigni penalisti siciliani, si rifiuta, per protesta, di assumere difese davanti ai giudici della sezione speciale antimafia, dove i processi si svolgono in camera di consiglio presenti solo i magistrati, il difensore e l'accusato. « La figura del difensore — osserva Bellavista — è puramente formale in queste circostanze ». L'aw. Filippo Siciliano, di Caltanissetta, in un recente dibattito sull'operato della Commissione antimafia, ha affermato che « sì passa dall'investigazione della polizia al provvedimento del giudice, senza attraversare il filtro dell'accertamento giudiziario, che dovrebbe significare il riconoscimento e la tutela delle garanzie giurisdizionali ». Secondo Siciliano, è indispensabile « la predisposizione dei mezzi affinché l'innocente non venga colpito », nonché « il riconoscimento ad ogni cittadino della virtualità piena della difesa in omaggio alle norme della Costituzione ». Stamane l'aw. Giuseppe Rarhirez, che difende alla prima sezione speciale un palermitano proposto dal questore per il soggiorno obbligato, ha presentato una questione di incostituzionalità della legge antimafia per quanto concerne l'invio al soggiorno. Il legale s'è appellato all'art. 27 della Costituzione osservando come la « presunzione di una colpevolezza» vada estesa ad un principio più generale: quello, in sostanza, secondo cui non si può accusare nessuno che non sia già colpito da prevenzione di colpevolezza. Ramirez ha sostenuto che le « fattispecie di sospetto » sono ben diverse dalle «fattispecie di pericolosità ». Antonio Ravidà