Il voto politico di Giovanni Trovati

Il voto politico AJNALISI Il voto politico (La pretesa degli uccelli vuoi distruggere l'Università rendendola ridicola) A Roma gli esami di Architettura sono stati rinviati a settembre per i disordini provocati da un gruppo, neppure molto numeroso, di studenti, detti « uccelli », che si opponevano alle prove tradizionali e pretendevano il voto politico. Il loro leader spiegava: « Vogliamo ~ che il professore prenda visione del libretto e ci promuova. L'esame è un interrogatorio che serve ai professori per stabilire la loro forza all'interno dell'università e impedire la lotta studentesca ». Perché gli altri potessero sostenere gli esami, come volevano, si dovette ricorrere alla protezione della polizia. Di qui la protesta del movimento studentesco (anche se la maggioranza è contraria alle richieste degli « uccelli ») e di alcuni docenti, con la conseguente chiusura della facoltà. L'università è entrata in crisi da dieci anni, da quando è cessata di essere scuola per pochi. Le vecchie strutture non hanno retto all'aumentato numero di giovani. Tutti sono d'accordo nella necessità di doverla rinnovare. Ma in che modo? Con le riforme, sostengono alcuni; rendendola inutile e distruggendola sostengono altri. Ma le riforme tardano, mentre i distruttori non sanno che cosa proporre, e ripetono l'illusione illuministica di certi gruppi spontanei che dalle rovine sorgerà di certo qualcosa di meglio. Per distruggere l'università si è lanciato il grido di guerra contro la selezione, accusandola di essere un criterio al servizio dei ricchi. Non è un'idea originale. Anche in Francia ci sono gli « uccelli » tra gli studenti e tra i professori. Durante la « festa » del maggio 1968, occupazioni, distruzioni, tumulti videro alla guida delle masse numerosi figli di papà. Con il pretesto della rivoluzione, seppur inconsciamente, essi si sono assicurati per un po' di tempo il loro avvenire di « ereditieri », togliendo ai compagni meno favoriti socialmente la possibilità di raggiungerli e di- superarli attraverso la selezione. E' l'infantilismo degli studi, come ha scritto Georges Vedel su « Le Monde », la svendita dei titoli, la mancanza di selezione all'inizio, durante, alla fine dell'università che fanno il gioco della borghesia: quando si porrà per il giovane il problema dell'impiego, ossia dell'ingresso nella vita reale, la selezione si farà secondo i criteri della classe dirigente. Il figlio del ricco potrà sostenere l'onerosa specializzazione all'estero (gli operai, i maestri, gli impiegati non possono mantenere i figli in Germania, in Svizzera, in America) e valersi delle influenti raccomandazioni, sempre utili sotto tutti i regimi. All'Ovest e all'Est la selezione vale ancora. All'università americana di Harvard su 100 mila candidati ne sono accolti 5 mila. In Polonia gli studenti sono iscritti in relazione alle necessità indicate dalla programmazione: lo scorso anno solo l'un per cento ha potuto accedere al corso di Archeologia. In Russia e in Cina le prove sono severissime. Da noi (e in Francia) si pretende la selezione nello sport, la si rifiuta nella formazione dell'insegnante, dell'architetto, del sociologo. Il movimento studentesco sorse come contestazione ai corsi di studio troppo vecchi, alle attrezzature insufficienti, alle scandalose (a volte) assegnazioni delle cattedre, al potere baronale di certi docenti. Non chiedeva una scuola da burla, ma una scuola più seria. Allora il movimento studentesco era stimolato da leaders con il libretto pieno di trenta e che alla laurea si portarono via anche la lode (e non erano i voti « burocratici » delle facoltà di Architettura di Milano e di Venezia, o quelli «politici» pretesi a Roma). Quei leaders si erano preparati con molto studio, non altrettanto quei ragazzi che due anni fa portarono la contestazione nelle medie, credendosi maturi politicamente solo per aver rubato qualche slogan alle assemblee del movimento studentesco universitario, e che adesso sono entrati negli atenei; Per ignoranza o pigrizia troppi preferiscono credere che la politica sia frutto di volontà, di azione immediata, non di preparazione. Gli « uccelli » romani sembrano gli eredi di quello studente che a Roma nel 1963 gridava: pecca di intellettualismo chi conosce più di 5 pensieri di Mao. Ma quello studente è stato definito « versione caricaturale di un preciso momento politico ». Giovanni Trovati

Persone citate: Georges Vedel, Mao