L'estate del jazz

L'estate del jazz Shelly Manne applaudito a Verona L'estate del jazz (Nostro servizio particolare) Verona, 22 luglio. Inaugurato al Teatro Romano, colmo in ogni ordine di posti, il primo Festival internazionale del jazz, l'unica forma d'arte finora non presente nel cartellone dell'Estate teatrale veronese. Per quanto possa sembrare incredibile, a Verona sino a ieri non era mai stato dato un concerto di jazz. Ciò spiega la curiosità di una parte del pubblico (l'altra era costituita da «forestieri», come sidice qui con una parola comprensiva degli italiani non indigeni e degli stranieri veri e propri) e gli applausi talvolta fuori tempo rispetto all'esecuzione musicale. I consensi hanno in parecchi momenti toccato i vertici dell'entusiasmo, specie nei confronti di Shelly Manne e del suo complesso, alla seconda e purtroppo ultima comparsa da noi in questa stagione. La serata è stata aperta dal pianista Teddy Wilson, accompagnato dal 'contrabbassista Azzolini e dal batterista Cuppini, nettamente inferiori a Jackie Samson e Charles Saudrais, che erano con lui l'altra settimana al Festival di Pescara. Se tuttavia Azzolini ha mostrato, oltre all'efficacia del suono, una notevole prontezza nell'adeguarsi agli improvvisi cambiamenti di tempo di Wilson o nell'inserirsi negli spazi da lui lasciati di proposito vuoti per consentire l'assolo dei partners, Cuppini si 'è limitato all'accompagnamento puro e semplice in uno stile per giunta diverso e in più di un caso non ha tenuto il ritmo. E' seguito il quartetto del ventottenne violinista francese Jean-Luc Ponty che, usufruendo di due strumenti ad arco elettricamente amplificati dall'interno, ha sbalordito dal punto di vista visivo chi non ne conosceva la tecnica virtuosistica specifica, die ben pochi riscontri trova nella storia del jazz. Dal punto di vista musicale, ha eseguito insieme con i suoi compagni un unico brano, nei quale erano fusi, contrapposti e giustapposti altri pezzi, puntando, per quanto lo riguardava personalmente, ad una interpretazione da un lato dissonante se non atonale, dall'altro rapsodicamente popolaresca, facendo leva su cinque note fondamentali. La non facile composizione, accolta assai bene dalla platea, ha rappresentato il miglior preludio all'esibizione di Shelly Manne e del suo quintetto, che hanno chiuso la serata in un diluvio d'applausi, spesso punteggiati da grida di approvazione. Come già a Pescara, Manne ha travolto ogni barriera e cancellato ogni ricordo del suo passato di capo della scuola del jazz californiano, mediante l'esecuzione di musica non classificabile se non come contemporanea. Di jazzistico nel nuovo Manne è rimasto appena il linguaggio in tutte le sue sfumature. L'abbondante sostanza invece deriva da un pensiero filtrato attraverso la cultura e l'esperienza. Verona non poteva offrire di meglio ai suoi cittadini che non avevano ancora avuto il jazz in forma di vero concerto. Attilio Baldi

Luoghi citati: Pescara, Verona