Vecchia zia Provvidenza

Vecchia zia Provvidenza Un altro magistrale romanzo di Greene Vecchia zia Provvidenza Graham Greene: « In viaggio con la zia «, Ed. Mondadori, pag. 359, lire 2800. Inglese innamorato delle buone maniere, solitario e flemmatico, il protagonista del nuovo, bellissimo romanzo di Greene sembra proclamare con ogni gesto il proprio ossequio verso quelle leggi che governano le esistenze più rassegnate o mediocri. Fedele alla propria discrezione, più che mai sospettoso, in qualche modo reticente, Henry Pulling non ha amici, non conosce veri affetti o profonde inquietudini. Si annoia di qualunque idea, si stanca di qualunque progetto. In lui indoviniamo al primo sguardo una mal distribuita tiepidezza, un egoismo quasi maniaco e una castità senza virtù. Per colmo di goffaggine, costui si porta nella voce un timbro stridulo, una vaga ma sgradevole sonorità adolescenziale. Le fantasie più irridenti, le trovate più volutamente caricaturali non ci autorizzano tuttavia a considerare questo romanzo un ingegnoso dìvertissement. Al contrario. Dietro le suggestive tinte, che avvolgono un intreccio a sorpresa, tra comico e grottesco, attraversato da impronunciabili malinconie, Greene nasconde una complessa problematica: contro la moderazione, che soffoca le fiamme della mente e i più generosi slanci interiori, egli esalta gli eccessi degli spiriti più accesi. I soli che conoscano il tormento del rimorso, il faticoso cammino della Redenzione e la Divina Misericordia. Ancora nel pieno vigore dei cinquantanni, con una tranquilla pensione da direttore di banca, Pulling abbandona una modesta ma non indegna carriera, praticamente deciso a tutto lasciar correre. Crede gli bastino, a colmare il vuoto di una vita senza affetti, le dalie del suo giardino: quattro braccia di terra a Southwood, nei sobborghi di Londra. Davanti a una tale ignavia inutile dire, Greene prende fuoco: oltre a essere un peccato contro il'cielo, la condotta del protagonista è una sfida alle potenze delle tene bre. Sordo alla grazia divina, Puliing sarebbe capace di li quidare con uno sbadiglio le più raffinate tetftazioni, scartando con un gesto tra indolente e sbadato i più golosi bocconi. Si capisce che la situazione, le conseguenze e i pericoli che adombra, siano assolutamente congeniali al Greene. Il quale, tuttavia, si astiene da quei ragionamenti morali che appesantiscono le pagine di taluni suoi romanzi più recenti e meno felici. Ai funerali della madre, dove si trascina imbarazzato e incapace di commozione, Pulling riconosce una zia ultrasettantenne, che credeva ormai all'inferno. Con i capelli rossi monumentalmente acconciati sul capo, un carattere insieme femminile e durissimo, la figura della vecchia dama si rivela artisticamente una creazione magnifica. In lei, con non si sa quale accortezza, Greene ci lascia riconoscere una singolare inviata della Provvidenza. L'opera, che il cielo le ha affidato, comincia con una rivelazione a bruciapelo: non è sua madre colei, che il protagonista si è appena sforzato di piangere. E prima che Pulling si possa riavere dalla I sorpresa, lo troviamo impreI vedibilmente coinvolto in un traffico di droga. Le emozioni, vale la pena di precisare, sono appena in¬ cominciate. Conducendo il lettore attraverso luoghi già famigliari alla sua narrativa, dagli alberghi di Brighton ai polverosi vagoni dell'OrientExpress, Greene sceneggia una specie di moderna discesa agli inferi: ingoiato dalla schiuma del mondo, passando attraverso prove lontane persino dalla sua immaginazione, sotto la indeterminabile influenza della zia, lo sbiadito eroe del libro ritrova così una libertà, che contiene in se stessa anche il germe del libero arbitrio. La dignità umana, viene a dire ancora una volta lo scrittore, coincide con una spregiudicata coscienza della propria natura non soltanto materiale. Nell'ordinare le intricate vicende che danno vita a queste pagine, Greene si vale di una lunga e proficua esperienza condotta in un genere prossimo al giallo. Ma, beninteso, la sua scrittura svelta e magistrale, estremamente comunicativa, non è dovuta soltanto al lungo mestiere. Con il gusto di raccontare, che accompagna ogni autentico scrittore nei suoi momenti migliori, egli forma accuratamente le frasi, ottenendo dalla propria penna gli effetti più insperati e straordinari, le note più diverse e sfumate. Antonio Debenedetti Graham Greene, a destra, e Francois Mauriac ad un congresso internazionale di scrittori

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