Le bizzarrie "underground,,

Le bizzarrie "underground,, NUOVO CINEMA AMERICANO Le bizzarrie "underground,, « Si immagini un mondo prima del " principio era la parola ". Vedere è ritenere-assimilare. L'eliminazione di ogni paura c nella vista - ciò cui si deve tendere ». Questo imperativo categorico lo leggiamo all'inizio di Metafore della visione (editore Feltrinelli), in cui Stan Brakhage raccoglie « scritti sul film e in particolare sul film come lo vede e lo fa ». E' un testo di arte mitopoietica, avverte l'introduzione di Adams Sitney, « vale a dire il rinnovamento di un mito o la sua invenzione ». Non l'invenzione, ci pare, ma il rinnovamento di un mito. Si ritorna infatti, dopo gli Anni Venti, al miracolismo della « camera », della cinepresa; all'apologia dell'obiettivo, il quale avrebbe proprietà sovrumane, divinatorie. Rifiorisce, in terre distanti dall'Urss, la « rivoluzione del \ino\i », del cineocchio, sia pure con intenzioni e finalità diverse anzi opposte, ilo sono l'occhio, lo sono il costruttore », affermava nel 1919 Dziga Vertov, tenace avversario del film a soggetto, da lui definito « oppio per il pubblico ». « Oh allucinazione trasparente, sovrimpressione dell'immagine, miraggio di movimento, eroina delle mille e una notte, tu ostruisci la luce, confondi il puro biancore dello schermo perlinato (suadente) con le tue strutture vibranti »: così inizia Brakhage il capitolo L'occhio della camera. I devoti sanno che tu stai ancora nascendo, aggiunge; aspettano i preti d'una religione tesa a muovere divinamente le interiora cinematiche, i profeti che getteranno le proprietà di un nuovo ordine sulla poltiglia filmica. « Il film, come l'America, non è ancora stato scoperto ». Oltre a Vertov, molti altri rimandi all'avanguardia cinematografica storica (e non soltanto cinematografica) sono rintracciabili nelle teorie, o meglio « poetiche » di Brakhage e in genere del Nac, il « New American Cinema » o cinema « underground t. * * Naturalmente le varianti ci sono, e anche profonde; le fonti culturali dell'avanguardia storica si accompagnano all'* esperienza della pop art, della beat generation, degli hippies », a poeti scrittori musicisti quali Ginsberg, Kerouac, John Cage, Robert Creeley, Charles Olson, e soprattutto come Pound; e infatti nel libro di Brakhage afforano le citazioni da Bufiuel, Germaine Dulac, Maya Deren, Gertrude Stein, Cocteau e dello stesso Vertov. Non è un caso che due anni dopo la costituzione del Nac, avvenuta a New York nel I960, il suo organo ufficiale Film Culture abbia pubblicato il manifesto del kjno\i. Vertov poteva e può condurre a poli opposti: agli approdi politici, di intervento diretto dell'ultimo Godard, ancora inedito persino in Francia, oppure agli esiti del Nac e in particolare di Brakhage; a Marx oppure a Freud, interpretato peraltro dall'* underground » in maniera unilaterale e discutibile. «.Una volta avevo voluto fare un film chiamato Freudfilm », confessa l'autore di Metafore della visione. « Il sesso è la metafora centrale del nostro tempo. Prima c'era la morte, ma ora fi sesso ha caccialo la paura della morte e ci ha spiegato che cosa significa l'eternità », afferma un altro esponente del Gruppo, Cari Linder. Il nostro riconoscimento della sessualità è diventato, ripete l'« underground » con Freud, il motivo più forte — lo confessino o no — delle ostilità degli altri nei confronti dell'analisi. In Metafore della visione Brakhage sottolinea come il suo cinema sia ricco di atti erotici, di nudi. Se, come è stato scritto, il suo film L'arte della visione è «la Bibbia del Nac», possiamo dire altrettanto del libro? La teoria in esso appare debole, di ricalco e troppo spesso delirante. Lo stesso prelature Massimo Bacigalupo — regista dell'* underground » italiano — fra tante affermazioni agiografiche è costretto a riconoscere che esistono scorie nel testo, un'in¬ sistenza a giocare con le parole, a riferire ossessivamente sui rapporti familiari più intimi. « Leggendo queste pagine — scrive — si dovrà sempre tenere presente che il vero contributo di Bral(hage è nel campo del film, mentre gli scritti non ne sono che pallide proiezioni, se non addirittura fuorviami qualora la vistone delle opere cinei\iatografiche non lì accompagni ». Nel colloquio con l'autore, all'inizio del libro, anche Sitney si domanda se Brakhage non parli troppo del proprio cane, della propria famiglia; se in qualche modo non siano nel vero quei critici che gli rimproverano una specie di narcisismo e un campo d'azione assai limitato, eccessivamente « soggettivo ». L'« underground » ha avuto in America, e forse ha tuttora, una sua funzione di « rottura » dinanzi agli schemi hollywoodiani, al film seriale a soggetto. Ma il suo maggiore limite era ed è l'incapacità di passare dall'autobiografia dei singoli autori alla biografia, dal caso privato, del tutto personale, alla storia: l'interpretazione a oltranza e insieme manipolatrice di Freud. Persino un critico sensibile e aperto al fenomeno « underground », Callisto Cosulich, limita « ad alcune frange del Nac » il tentativo spontaneo di uscire dal vicolo cieco in cui, secondo noi, il movimento è approdato. Siamo d'accordo con lui nel sostenere che il primo piano di un nudo intimo può diventare materia di impegno e di un certo tipo di protesta, di rottura nel costume tradizionale e"arretrato; ma anche Cosulich riconosce che una ribellione soltanto etico-sessuale non basta: « Lo stesso Marcuse ha rettificato il suo pensiero e tende oggi a stabilire un colloquio, una continuità tra la rivolta etico-sessuale e la rivolta politica ». Assistiamo in questo momento a uno sviluppo del Nac, in cui « l'unità tra le due ribellione viene ottenuta e la critica sociale si sposa al sesso »? Può darsi che sia così. D'altra parte Antonioni informa che l'« underground » ha fatto di recente alcuni passi indietro; che il suo ideologo ]onas Mekas avverte la necessità di un ritorno all'intreccio. E non da oggi il « film sotterraneo » è uscito dalle catacombe, è arrivato sugli schermi dei cinematografi normali. I « terroristi » del Nac — veri o falsi che siano — starebbero dunque per diventare «retori »? L'oltranzismo adialettico e delirante contenuto in questo libro (da Feltrinelli giustamente incluso nella collana « Materiali ») può nascondere qualche indizio di cedimento. Metafore della visione risulta comunque l'autodifesa d'un autore che tende ad alimentare il suo proprio mito, già così diffuso in alcuni strati della cultura italiana. Guido Aristarco

Luoghi citati: America, Francia, New York, Urss