A nuoto tra i rifiuti di Gigi Ghirotti

A nuoto tra i rifiuti IN LAZIO DUECENTO KM DI SPIAGGE INQUINATE A nuoto tra i rifiuti Forse c'è stato un eccesso di paura; ma anche le autorità riconoscono che ci si deve bagnare con cautela e tenere occhi e bocca lontani dall'acqua piena di virus - C'è la colpa degli scarichi industriali e urbani, delle petroliere; però amministratori indolenti e bagnanti ineducati aiutano a trasformare gli arenili in un interminabile deposito di immondezze (Dal nostro inviato speciale) Fregene, luglio. I romani quest'anno hanno scoperto che il loro ma-re è inquinato. Abbiamo trascorso ieri e l'altro ieri due giornate sul litorale del Lazio, e davvero la sensazione è c/ie i bagnanti abbiano cambiato atteggiamento di fronte al, mare, e giochino con circospezione con lui, quasi una lunga bomba liquida, innescata e pronta ad esplodere con tutte le sue cariche microbiche, fosse deposta sul ciglio della spiaggia da Civitavecchia a Formio. Come quest'allarme si sia prodotto, non si capisce bene: nel giugno scorso, all'Eur, ci fu un convegno ad alto contenuto scientifico in cui si parlò di « disfatta ecologica », e si compilò un preventivo dei danni alla salute umana, alle ricchezze naturali ed ai beni turistici provocati dall'indolenza degli amministratori pubblici e dall'incoscienza degli inqui¬ natori privati. Ma parvero discorsi fatti, come al solito, al vento. Fu quando l'anno scolastico finì, e il termometro prese a salire, e la cronaca ad occuparsi dell'esodo dei romani verso i lidi prediletti, fu allora che da Ostia giunsero notizie insolite di ombrelloni rimasti accatastati negli stabilimenti balneari, da Fregene di ville rimaste da affittare, e di spiagge quasi deserte, nell'ora del mezzogiorno, a Ladispoli, a Tor Vaianica, a Castel Porziano, in tutti gli altri siti di regola stipati in questa stagione da compatte comunità di bagnanti. Abitudini incivili Un'indagine microbiologica sulle reali condizioni di agibilità del mare di Roma, in programma per uno dei giorni scorsi, fu rinviata perché, è stato spiegato, la situazione è già sotto control- lo ed il medico provinciale di Roma, Gaetano Del Vecchio, non ha detto che i microbi non ci sono, ma che soltanto è necessario stare alla larga dagli scarichi dei canali e delle fogne. Altri professori, interpellati, hanno confermato tutti che il bagno bisogna farlo con molta cautela: i romani, facili a disinibirsi a contatto con le acque marine, dovranno invece prender guardia alla bocca e al naso, « perché l'acqua contiene virus e batteri, e perché anche dal naso possono entrare organismi infetti nel nostro corpo », avverte saggiamente il prof. Girolami; e si aggiunge la raccomandazione dì smetterla anche con « certe incivili abitudini che si hanno al momento di entrare in acqua ». Il che, se abbiamo ben capito, equivale ad una preziosa indiscrezione sul comportamento dei bagnanti in stato d'immersione: a che serve la provetta del microbiologo nelle acque di Roma, se lo san tutti di che male siano ammalate? Un male che può imputarsi senza errore alle industrie, ai paesi, alle città che scaricano sul Tevere e sulla rete fluviale della regione tutti i loro detriti, sicché il fiume, un tempo « biondo », giunge ora alla foce d'un opaco color melanzana, e qua e là animato da sinistri riflessi marrone, -e greve d'ambigui odori di marcita. Per buona parte il collasso della habitat » balneare romano può essere anche ascritto al progredire di certe abitudini igieniche da parte dei consumatori: a forza d'inseguire il mito del «bianco più bianco del bianco », stiamo riversando nel sistema delle acque una tale profluvie di detersivi che i canali e i fiumi ne sono quasi soffocati, e giungono privi d'ossigeno alle foci. Pini che muoiono Un'altra parte dell'imputazione riguarda le petroliere, use a sciacquare impunite le loro cisterne in vista della costa, sicché quando il libeccio si leva, e rimescola davanti alla spiaggia il fondo marino, l'onda spumeggia dì quelle scorie petrolifere, e il vento le nebulizza e le sospinge contro la massa scura dei pini della riva. Giunti a Fr:gene, una delle prime, rovinose impressioni è la pineta: monumento vegev^e, monumento nazionale con tutte le carte in regola, le sue prime file d'alberi davanti al mare appaiono devastate: fusti e cupole dei pini hanno un aspetto spettrale. La flagellazione chimica li ha rivestiti d'una crosta cinerea e uccisi. Sono in piedi, ma morti: avanguardie necrotizzate, destinate a crollare alla prima burrasca, dopo di che la loro stessa sorte toccherà ai pini della seconda, e poi della terza fila e a quelli delle retrovie. Questa è la meccanica della strage: la si conosce, ma non c'è chi muova un dito a impedirla. Mi dice Mastino « il pescatore », che nel suo ristorante attavola le comitive più prestigiose della cinematografia nazionale, che « il mare di Fregene non è mai stato così pulito »; ed è vero. Fu più sporco l'anno scorso, quando il vento stracciò il manicotto d'una petroliera ormeggiata a Fiumicino, e la spiaggia ne fu incatramata per mesi; e l'anno prima, quando nella tenuta del Maccarese si pensò bene di far pulizia ai canali irrigui, e s'impiegarono per la bisogna solven lì chimici che fecero massacro dei pesci, tant'è che una cinquantina di pescatori di Fregene dovettero addirittura cambiar mestiere. Giornali e clienti Dappertutto, sul litorale del Lazio, si sente ripetere che la colpa di tutto è dei giornali che ne parlano « proprio adesso che siamo nel colmo della stagione ». « Voi ci fate scappare i clienti », ci han ripetuto albergatori, gestori di stabilimenti balneari, operatori dell'economia turistica; essi vedono già l'estate colpita a morte dall'improvviso insorgere di questa « coscienza ecologica » che sembrava impossibile a suscitarsi nell'animo collettivo, dopo anni e unni d'inutile predicazione e d'invocazioni per il rispetto dei beni di natura. Le smentite, i discorsi tranquillizzanti delle autorità sanitarie non hanno disperso l'impressione che il pubblico potere sia incapace tanto di confermare l'allarme quanto di sconfessarlo, e sia ridotto perciò a sperare nella bontà divina, nella gagliardia degli anticorpi espressi dai bagnanti in forme spontanee. Purtroppo quest'ambiguità del linguaggio adoperato per appellarsi alla calma e al sangue freddo sembra studiata apposta per far sì che i furbi s'arrangino. E' l'aspetto più iniquo della crisi ecologica. La costa laziale è sminuzzata in centinaia di lotti e di concessioni, alternate qua e là da brevi e squallidi tratti di « spiaggia libera ». A Castel Porziano, il presidente Saragat ha'donato alla cittadinanza romana una lunga striscia di arenile, che. gestita dal Comune, garantisce il pieno rispetto delle norme igieniche di pubblica incolumità. Ma il dramma non è a Castel Porziano, bensì nelle altre grame spiaggette che, ritagliate qua e là nei luoghi più sconfortevoli, accolgono le masse del sottoproletariato balneare più a corto di lire, più cospicuo in figli, più smarrito e con¬ fuso in tema d'informazioni e di galateo igienico. Domenica su questi arenili dei poveri diavoli, formati assai più di ciottoli e di dischetti in metallo (tappi di Coca cola e d'altre bevande) che di sabbia vera e propria, non si scorgeva a perdita d'occhio né un vigile urbano, né un agente, né un qualsiasi addetto alla pulizia. E la sporcizia, per legge fisiologica, cresceva d'ora in ora e le mamme che accorrevano a liberarne i loro bambini erano svelte poi a concludere l'operazione con un volo di cartoccetti in acqua. Niente servìzi igienici; certi cestelli in metallo che, nelle intenzioni delle autorità municipali, erano slati collocati tempo fa per la raccolta dei rifiuti, risultano asportati, e non più sostituiti. Più che in una spiaggia a pochi chilometri dalla capitale d'Italia, sembrava di essere in un'assurda riviera dove gli uomini, e i più indifesi, giacevano intontiti nel sole e nello strepito delle radioline, abbandonati dalla società al mero istinto della sopravvivenza, al di fuori d'ogni responsabilità. Nel quadro della « disfatta ecologica »'di cui s'è detto, sono importanti, sì, le petroliere, i solventi chimici, le fogne non costruite, i depuratori promessi e mai realizzati; ma ci sembra ancor più importante e grave questa diserzione dai doveri civili di educare il cittadino al rispetto dì se stesso attraverso il corretto godimento dei beni di natura. Gigi Ghirotti 4 Fregene. La spiaggia/libera: un immondezzaio per le domeniche balneari dei poveri diavoli (Foto Team)

Persone citate: Gaetano Del Vecchio, Girolami, Mastino, Saragat

Luoghi citati: Civitavecchia, Formio, Italia, Ladispoli, Lazio, Roma