Tre ufficiali rinviati a giudizio per truffa e omicidio colposo
Tre ufficiali rinviati a giudizio per truffa e omicidio colposo Si presenteranno in Tribunale ad Asti Tre ufficiali rinviati a giudizio per truffa e omicidio colposo Sono imputati per il crollo d'una costruzione, nella caserma del XXI fanteria, in cui morì un soldato che con due commilitoni stava demolendola - Con loro compariranno in aula altre cinque persone (Dal nostro corrispondente) Asti, 8 luglio. Il comandante della regione militare Nord-Ovest per il Veneto, generale Antonio Casertano, in servizio a Padova, e due colonnelli della scuola di guerra di Civitavecchia, Antonino Greco e Pasquale Valentini (tutti e tre già appartenenti al XXI reggimento fanteria Cremona, di stanza ad Asti) sono stati rinviati a giudizio davanti al nostro tribunale per i reati di omicidio colposo, truffa ai danni dello Stato e falso ideologico aggravato. Sono pure stati rinviati a giudizio per il reato di truffa il maresciallo del XXI reggimento fanteria Nicola Del Raso, l'impresario edile Agostino Quattordio, residente a Castellazzo Bormida, e gli ex militari di'leva Leonardo Noie, Baldassarre Aiello e Faustino Minucchi, accusati di favoreggiamento. I fatti addebitati accaddero nel dicembre del 1964 all'interno della caserma « Colli di Felizzano », dove ha sede il XXI reggimento fanteria Cremona. A quell'epoca, il Casertano era colonnello e comandante del reggimento, il Greco vice comandante e tenente colonnello, il Valentini maggiore. II pomeriggio del 10 dicembre, i soldati Giovanni Puggioni, di 21 anni, da Sassari, Leonardo Noie, di 22 anni, da Potenza; e Domenico Casa, nova, di 20 anni, da Aitamura (Bari) vennero travolti nel crollo di un fabbricato, all'interno della caserma, che stavano demolendo. Il Puggioni morì sul colpo, mentre il Noie e il Casanova riportarono gravi ferite e guarirono dopo una lunga degenza all'ospedale militare di Torino. L'allora colonnello Casertano, nella sua veste di comandante del reggimento, svolse in collaborazione con gli altri due ufficiali un'inchiesta, i cui risultati furono trasmessi alla procura militare di Torino e alla procura della Repubblica di Asti. In essa si sosteneva che i tre soldati si erano introdotti di propria iniziativa nell'interno dello stabile, malgrado fossero stati avvertiti che esisteva il pericolo di un crollo. Nel corso dell'istruttoria prima sommaria, diretta dall'allora sostituto procuratore della Repubblica di Asti dott. Catrambone e poi dal giudice istruttore dott. Bozzola, si appurò che i risultati dell'inchiesta condotta dal colonnello Casertano non rispecchiavano la realtà dei fatti. Secondo la sentenza di rinvio a giudizio, il maresciallo Del Raso aveva ricevuto l'ordine di inviare alcuni soldati a demolire lo stabile, dopo che alcuni operai dell'impresa Quattordio avevano demolito, alcuni giorni prima che avvenisse il crollo, una parte del tetto. Mentre i tre soldati erano intenti ad eseguire i lavori, una volta del fab- bricato crollava e i tre precipitavano dall'altezza di una decina di metri. Al Casertano, al Greco, al Valentini, al Del Raso ed al Quattordio viene addebitato il reato di truffa per avere, « violando i propri doveri di appartenenti alle forze armate, impiegato militari nell'esecuzione di lavori di demolizione di uno stabile militare, appaltati dall'impresa Quattordio, con l'artificio di farapparire compiuti dai propri operai i lavori suddetti, avendo indotto in errore gli uffici contabili del ministero della Difesa, procurato l'ingiusto profitto dell'ammontare relativo ai valori stessi con pari danno allo Stato ». Per quanto riguarda l'imputazione di falso, i tre ufficiali avrebbero appunto formato un rapporto dando versioni non veritiere sulle circostanze dell'incidente. Due civili, Renato e Stefano Baronio, avendo il proprio laboratorio di riparazioni gomme in via Arò (su cui si affacciava lo stabile in demolizione), ebbero però modo di vedere, il giorno stesso della disgrazia, che i militari venivano impiegati nei lavori di demolizione. Leonardo Noie, l'Aiello e il Minucchi avevano in primo tempo taciuto la verità sulla morte del loro commilitone. La famiglia del Puggioni si è costituita parte civile con l'assistenza dell'avv. Guglielmo Pasta del Foro di Asti. II gen. Antonio Casertano
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