Il dialogo per le riforme di Arturo Barone

Il dialogo per le riforme I nostri soldi Il dialogo per le riforme Fra le tante conseguenze della crisi ministeriale dobbiamo lamentare anche l'interruzione del confronto di opinioni fra governo e sindacali circa le « riforme ». Non condivido in proposito le preoccupazioni di coloro che affermano clic gl'incontri alimentavano l'illusione che le riforme, anche le più costose, fossero a portata di mano. Prima o poi, per ciascun problema veniva infatti a galla il problema-chiave dei costi: anche i sindacati finivano col dover constatare come non si possa volere « tutto e subito », ma si debbano fare delle scelte e graduarne nel tempo la realizzazione. Forse, ripensando alla trattativa per le pensioni della primavera del 1969, anche qualche sindacalista con maggior dimestichezza con le grosse cifre si rende oggi conto di aver tirato allora troppo la corda. Le centinaia di miliardi l'anno « strappate » al governo, in sede di trattativa prima e poi in sede parlamentare, verranno a mancare nei prossimi anni per altre esigenze sociali non meno importanti. Con la riforma delle pensioni l'Italia ha compiuto indubbiamente un « salto di qualità » ma è probabile che sia stato troppo lungo, specie se si tiene conto che il diritto alla pensione matura da noi parecchi anni prima che negli altri paesi del Mec. Se il problema della riforma delle pensioni non fosse scoppiato all'improvviso, in un periodo di « congiuntura pallida » e di prezzi eccezionalmente stabili, il discorso dei costi sarebbe stato verosimilmente più lungo e più approfondito, con vantaggio di tutti. Ecco perché ci spiace che sia stato interrotto il dialogo sulle riforme coi sindacati, e più ci spiacerebbe — naturalmente — se non venisse ripreso. Siamo persuasi, ad esempio, che la polemica sulla riforma sanitaria fra il ministro del Lavoro Donat-Cattin e il ministro della Sanità Mariotti fosse estremamente interessante. Sia Donat-Cattin che Mariotti si sono pronunciati a favore del « servizio nazionale », finanziato per intero dal bilancio dello Stato. Ma il primo ha collocato il traguardo della fiscalizzazione completa a una distanza di « 6-7 anni » che Mariotti giudica troppo remoto. Grosso contrasto Donat-Cattin gli ha opposto dei calcoli che Mariotti non ha smentito. 11 ritmo di aumento delle spese, soprattutto ospedaliere, è assolutamente insostenibile: nel primo quadrimestre del 1970 si è registrato, rispetto al 1969, un aumento medio dei costi del 73 per cento, pari su base annua a 490 miliardi. Ciò è dovuto alla legge Mariotti del 1968 che prevedeva aumenti dei compensi ai medici sino al 50 per cento (in cambio del « tempo pieno »), la riduzione a 40 ore dell'orario di lavoro del personale e l'ammodernamento delle strutture. Ora, lamenta Donat-Cattin, la gran parte degli ospedali ha aggiornato le rette come se tutte le condizioni previste fossero già soddisfatte, il che non è affatto vero. Le mutue hanno perciò impugnato centinaia e centinaia di delibero degli ospedali, provocando agitazioni a non finire da parte dei medici e del personale ospedaliero. E poiché le mutue non pagano, alcuni ospedali hanno sospeso l'attività e molti altri minacciano di farlo. 11 contrasto è grosso e rischiano di farne le spese i mutuati che hanno bisogno urgente di cure e, peggio ancora, di operazioni. Come possono pagare rette salatissime (non di rado di 20-22 mila lire il giorno), per non parlare degl'interventi chirurgici che in Italia sono fra i più costosi d'Europa? E' diffìcile contestare, in questa situazione, la tesi del ministro del Lavoro secondo cui 10 Stato non può più limitarsi a saldare i conti, senza controllare in qualche modo la quantità e la qualità delle prestazioni e il livello dei costi. 11 sistema mutualistico corrisponde agli 80 mila medici — generici, specialisti ed ospedalieri — circa ottocento miliardi all'anno (ossia 10 milioni a testa come media), senza ottenere un servizio soddisfacente; e ciò perche i medici coltivano con maggiore assiduità la propria clientela privata dalla quale percepiscono, « mediamente », un ammontare annuo di non molto inferiore. Ed è pure doveroso chie¬ dersi a quale livello di spesa si possa arrivare. Con l'attuale carico di assistibili (46 milioni) le previsioni di spesa del sistema mutualistico per il 1975 si aggirano oggi sui 4000 miliardi, di cui 2500 coperti dai contributi dei datori di lavoro c dei lavoratori; a carico dello Stato rimarrebbero i 1500 miliardi che mancano. Per estendere l'assistenza.sanitaria agli 8-9 milioni non protetti si calcola occorrano 800 miliardi; migliorando le prestazioni per le categorie peggio assistite (ad esempio, statali e contadini), la spesa salirebbe di altri 700 miliardi l'anno. L'onere per lo Stato (1500 miliardi) rappresenterebbe a quella data circa un decimo delle sue entrate, cioè una quota senza dubbio eccessiva. Sistema superato Ciò non significa che il sistema mutualistico non sia effettivamente superato e che non si debbano porre le premesse per la sua sostituzione con un sistema più efficiente, meno burocratizzato e meno costoso. Ma pare alquanto rischioso che si gettino le fondamenta di un sistema diverso, senza avere discusso pubblicamente tutte le implicazioni — amministrative ed economiche — del nuovo sistema. Arturo Barone

Persone citate: Donat-cattin, Mariotti

Luoghi citati: Europa, Italia