Era capo del vizio a Londra l'uomo morto dopo le nozze

Era capo del vizio a Londra l'uomo morto dopo le nozze Il giallo di SANREMO ad una svolta clamorosa Era capo del vizio a Londra l'uomo morto dopo le nozze La distinta signora sposata tre mesi fa era stata la principale attrazione delle sue «case» - Ora è sparita con la Rolls Royce, i denari ed i preziosi - I fratelli chiedono l'autopsia della salma e sostengono che il matrimonio è nullo: la donna risulta sposata ad un inglese dal corrispondente Sanremo, lunedì mattina. La bomba è scoppiala, il clamore è immenso. Quello che tutti, a Sanremo, credevano un onesto gioielliere si è rivelato un ex esponente della malativa londinese, condannato ed espulso dall'Inghilterra. Attorno alla sua morte improvvisa si addensano i sospetti: come mai la sposa è sparita subito dopo? Ed inoltre: si trattava di un matrimonio regolare, o la donna è bigama? A dare l'avvìo a tante domande è stata la denuncia presentata dai tre fratelli Attilio, Salvatore e Margherita Messina, patrocinati dagli avvocati Alfonso Carella ed Aldo Ferraro, di Sanremo, assieme alla richiesta che si accerti se la morte di Eugenio Messina, sessantaduenne, è dovuta proprio ed esclusivamente a cause naturali. Avevano realizzato guadagni colossali Questo — per ora — l'ultimo capitolo di una vicenda che affonda le radici in un passato di vizio, che gli stessi Messina credevano definitivamente sepolto. Ma basta sfogliare i giornali di dieci anni addietro, per trovarvi, nelle corripondenze da Londra, il nome temuto ed odiato dei « Messina Brothers », i capi della prostituzione. Sono siciliani, originari di Linguaglossa, si erano trasferiti in Inghilterra giovanissimi. Già nel '39 avevano un grosso nome, come proprietari di case malfamate. Il capo dell'organizzazione era Carmelo (morto poi nel '63): una guardia del corpo 10 proteggeva ventiquattro ore su ventiquattro ed era anche pronta a punire con 11 rasoio le ragazze che alzavano troppo la testa; nelle case, muscolose donnacce, allenate in palestra ai segreti dello ju-jutsu, mantenevano la disciplina. Ma èrano misure quasi superflue: nei di- ciassette anni in cui i « Messina Brothers » tennero nelle mani il loro gigantesco impero del Vizio, non si ebbe mai un caso di ribellione Maria Teresa Vervaecke in una foto recente (Telefoto) aperta fra le ragazze che avevano accettato di essere « assunte nella ditta ». La fortuna di Carmelo e dei suoi fratelli minori raggiunse proporzioni colossali: oltre alle donne, trafficavano in droghe e probabilmente anche in merce di contrabbando. Alla fine della guerra, il capo dell'immenso racket si vantò di aver raggranellato più di un miliardo di lire, e si tratta di lire di allora. Tre distinti signori vivevano in Riviera Nel '47 Carmelo ed Eugenio si trasferirono in Belgio, appena in tempo per sfuggire a Scotland Yard, che solo allora aveva accumulato prove sufficienti per intervenire. In Belgio crearono un'organizzazione simile a quella inglese; altre centinaia, migliaia di donne, altre decine di case, altri milioni a palate. La richiesta di « materiale di prima scelta» era tale che gli inseparabili fratelli andarono a Berlino Est, per alimentare con nuove leve i quadri del loro già vasto esercito femminile. Qui la loro attività destò sospetti: le telefonate furono registrate, si scoprì che erano arrivati con passaporto falso, i sovietici li arrestarono e li consegnarono agli alleati, i quali a loro volta li rispedirono in Belgio. I fratelli furono processati in Corte d'Assise, a Tournai, con un capo d'accusa nutrito ed infamante. Ammisero il passaporto falso e negarono tutto il resto, calmi, sicuri, sorridenti, mai si erano sporcati le mani con il traffico delle donne. I giurati furono di altro parere: Eugenio fu condannato a sette anni e 114 mila lire di multa, Carmelo se la cavò con dieci mesi. Eugenio sì fece tutti gii anni in Belgio, Carmelo, avendo scontata la pena nel carcere preventivo, fu rilasciato, rientrò clandestinamente in Inghilterra, fu scoperto, condannato a sei mesi e inviato in Italia come indesiderabile. Anche Attilio ed Eugenio vennero in Italia, e ad essi si aggiunse poi la sorella Margherita. Era il 1964. Da allora tennero una vita irreprensibile: Eugenio, che disponeva del patrimonio più cospicuo, aveva acquistato una gioielleria, Attilio dirige una avviata agenzia immobiliare, Salvatore, il più anziano, ha sempre condotto una vita ritirata. Tre signori anzìanotti, sempre ben vestiti, distinti, con l'aspetto solido delle persone di ampie possibilità finanziarie. Poi, dì colpo, il passato si fa vivo, sotto forma di una donna. E' questa Maria Teresa Rachele Vervaecke, fiamminga, di 39 anni. Ora è una signora dai modi eleganti, non vistosa, truccata in modo discreto: ma vent'anni fa era la principale « attrazione » dei fratelli Messina in Belgio: un tipo richiestissimo, tanto che — come si scoprì al processo di Tournai — eira giunta a guadagnare in sei settimane una somma pari a quattro milioni e mezzo di lire italiane. La Vervaecke giunge l'inverno scorso a Sanremo, riprende a frequentare Eugenio Messina, il gioielliere, e si fa sposare il dodici marzo scorso, con rito civile. Lui ha 62 anni, lei 39. Un pranzo per i fratelli e gli amici in un ristorante della città, poi gli sposi si ritirano nel loro elegante appartamento di corso Imperatrice 42. Verso mezzanotte la Vervaecke si precipita dal portinaio, invoca che si cerchi un medico: il marito sta male, molto male. In- Eugenio Messina, il morto di Sanremo, ai tempi del processo subito in Belgio fatti, quando il medico arriva è già morto. Il referto dice: collasso cardiocircolatorio. Ed ora, a distanza di tre mesi, i fratelli presentano un esposto: dicono che subito dopo la morte del marito la Vervaecke è sparita portando con sé una quantità di gioielli e di preziosi di altissimo valore, diversi documenti, tutto il denaro liquido. Per andarsene, ha adoperato la Rolls Royce, con targa svìzzera, del defunto consorte. C'è qualcosa di più. L'avvocato Ferraro afferma che la sera delle nozze Eugenio Messina si era sentito male, scendendo dalla macchina davanti a casa. La moglie, stranamente, aveva mandato via tutti, dicendo che voleva restare sola con il marito. Ai sospetti sul decesso, per chiarire i quali è stata richiesta l'autopsia, si aggiungono concreti motivi economici: l'eredità di Eugenio passa « in tato » alla Vervaecke, a meno che si possa dimostrare che il matrimonio è nullo. Ed è appunto quanto sostengono i superstiti Messina, affermando che Maria Teresa Rachele è sposata in Inghilterra, fin dal 1954, con un certo William George Smith. Tutto è sparito Rolls Royce compresa Il motivo del ritardo — tre mesi, fra la morte di Eugenio e la denunzia — sarebbe appunto dovuto al fatto che i fratelli hanno dovuto svolgere una lunga inchiesta per chiarire quanto sospettavano. Scltanto ora gli avvocati sono in grado di produrre il certificato in copia autentica, legalizzato dal consolato generale d'Italia a Londra, delle nozze VervaeckeSmiih. Il che, ammettendo che mister Smith sia ancora vivo, significherebbe che la donna è bigama, e quindi può essere accusata di falso, non solo, ma perde qualsiasi diritto ad ereditare le grosse sostanze di Eugenio Messina. Il patrimonio passerebbe quindi ai sopravvissuti, sempre che riescano ancora a mettergli le mani sopra. Ma la Vervaecke è stata per adesso, più svelta: la rapidità della fuga è molto significativa, ed inoltre si sa che, pochi giorni prima delle nozze, aveva aperto conti correnti a suo nome presso un istituto bancario e richiesto due cassette di sicurezza. E' probabile che ormai si tram ben poco del patrimonio accumulato dal vicepresidente della « Messina Brothers ». schivi, mandorleti, uliveti ed alcune case coloniche. Le fiamme sono state domate all'alba, dopo otto ore, da vigili del fuoco, agenti della Forestale, della Pubblica Si¬ curezza, carabinieri e volontari. Il vento di scirocco continua a rendere diffìcile la nar vigazione fra Trapani e le isole dell'arcipelago delle Egadi. Renato Olivieri