La campagna contro i tecnici è assurda: che farà Franchi? di Paolo Bertoldi

La campagna contro i tecnici è assurda: che farà Franchi? Linciamoli, hanno quasi vinto La campagna contro i tecnici è assurda: che farà Franchi? Il presidente della Federcalcio deve difendere i suoi collaboratori e se stesso - Gli incidenti all'arrivo degli azzurri a Fiumicino - Drammatico assalto ad un pullman - Il pianto della figlia di Mandelli Franchi ed i dirigenti devono intervenire. Tutti: il presidente della Federazione, quello della Lega, Stacchi, quanti hanno avuto responsabilità nell'avventura azzurra in Messico. Non si può assistere all'aggressione fìsica e morale di due tecnici, Mandelli e Valcareggi, restando impassibili. Quanto è avvenuto a Roma, all'arrivo della nostra squadra, per colpa di pochi individui indegni di avere ogni rapporto con lo sport, è di una gravità estrema. Gente aggredita, bastonata, scambi di persone (ma la polizia perché si è mossa tardi e male?): violenze nel momento in cui la nostra Nazionale si attendeva un trionfo limitato magari, ma pur sempre un trionfo. Alle spalle dei teppisti che portano la bandiera tricolore soltanto per avere un bastone, con cui — cento contro uno — tentare di colpire chi la pensa diversamente, purtroppo sta la demagogica propaganda di qualche grande giornale. La discussione calcistica prò o contro Rivera ha tutti i motivi di esistere. Nella stessa « équipe » de « La Stampa », in Messico, vi era chi voleva Gianni in formazione, chi non lo riteneva sempre adatto al gioco deciso dei campionati del inondo. Questo va affermato per significare che il « caso Rivera » ha mille sfaccettature, è vivo, deve essere trattato. Non è stato però un giocatore (a tratti insolentemente indisciplinato ) a vincere delle partite o a farle perdere. Rivera, fosse anche il superasso che alcuni ritengono, non avrebbe annullato Pelé o Tostao. Avrebbe potuto dare ottimi palloni a Riva: dubitiamo che il peso in più di un nostro attacco rinforzato da Gianni, avrebbe equilibrato lo strapotere offensivo dei quattro fuoriclasse gialli, Jairzinho, Tostao, Pelé e Rivelino (il quale ultimo, grazie al cielo, non ha avuto la mira esatta nella finale). Parlare di Rivera contro Gerson o Clodoaldo, come interdittore, rappresenta uno scherzo. Ma il problema tecnico passa oggi su un piano differente (non in secondo piano) dopo quanto è accaduto a Roma, e gli aspetti « drammatici » di un arrivo che doveva essere invece la festa dei vice campioni del mondo. Mentre il « DC 8 Gioachino Forjano » sorvolava le coste della penisola, il comandante per radio ha detto attraverso l'interfono: « Una folla di trentamila persone sta aspettando gli azzurri. Non sappiamo se atterreremo a Fiumicino o Ciampino ». Tutti pensavano a una aggressione per eccesso di entusiasmo, non agli insulti o alle minacce. Dallo sportello anteriore dell'apparecchio, fermatosi a grande distanza dall'aerostazione, sono scesi i ventidue giocatori e (per sua fortunai Mandelli. Saliti su un pullman dell'aeroporto sono filati senza gravi guai verso un improvvisato studio televisivo sistemato nella scuola piloti del « Leonardo da Vinci ». Su altri due torpedoni hanno preso posto tutti gli altri, tra cui Valcareggi. E' incominciato il caos. La pazzia. I due automezzi sono stati circondati da una folla di gente che gridava frasi incomprensibili. Lì per lì si è pensato ad applausi, poi alla delusione per l'assenza degli azzurri. I tifosi vogliono star vicino ai giocatori, non gli importa dei dirigenti. Un tizio con la maglietta gialla ed una bandiera era in testa al gruppetto che assediava il nostro mezzo. « Povero ragazzo — abbiamo pensato, mentre si avvicinava agitando lo stendardo tricolore — guarda quanta fatica ha fatto per ringraziare la Nazionale arrivata seconda ai mondiali ». Il « povero ragazzo », approfittando della porta scorrevole non chiusa perfettamente, ha cercato di pestare con l'asta della bandiera quanti erano dentro. Personalmente, scambiati per Mandelli, ci siamo presi un colpo di striscio su un braccio. Le botte contro i vetri sembravano una grandinata. La gente oltre alle bandiere ostentava cartelli e striscioni. Alcuni scritti con infantile calligrafìa avevano almeno il pregio di una ingenuità, peraltro non molto apprezzata, mentre « maglietta gialla » cambiando tattica si muoveva come un cavaliere medievale e con l'asta della bandiera usata a mo' di lancia cercava d'infilzare quelli che stavano sul nostro pullman. Altri striscioni erano ben disegnati (chi li aveva organizzati?). Il testo più iieve era « Mandelli batte Nazionale 4-1 », un altro: « Valcareggi, quanto hai guadagnato? ». Al¬ tri: « W Rivera, Mandelli in galera ». Il nostro pullman guidato da un autista che usava alternativamente acceleratore e freno come il bastone e la carota è giunto a portata di un grande edifìcio dell'Aeritalia, dove il personale ed un paio di finanzieri si sono prodigati in modo ammirevole. Lo « sbarco aereo » per poco non si è trasformato in tragedia per l'altro autobus, quello di Valcareggi e Fini. Su questo mezzo, un operatore della tv, Franco Tonini, è stato ferito ad un occhio da schegge di vetro. Era stato in Algeria, Vietnam, nel Biafra senza riportare una scalfittura: il « tifo dei pazzi » è pericoloso quanto un conflitto. Su questo torpedone erano l'arbitro Sbardella, Valcareggi, il presidente della Lega dott. Stacchi, il medico federale dott. Fini, i tre massaggiatori azzurri Spialtini, Della Casa e Tresoldi, l'assistente spirituale della Nazionale Barp, il figlio di Valca¬ reggi, Furio, la graziosa figlia di Mandelli, Carla (che nella sosta di New York aveva chiacchierato a lungo con Rivera), gli allenatori in seconda Bearzot e Vicini, il presidente del Cagliari Marras, i colleghi della Rai-tv Martellini, Ciotti, con il direttore generale Boriani ed il tecnico Franco Tonini, ed i giornalisti Dardanello, Grandini, Visioli ed altri. Contro questo terzo autobus si è avventata la folla. Fini è stato scambiato per Mandelli. Valcareggi riconosciuto. I vetri sono andati in frantumi. La gente ha cercato di rovesciare l'automezzo, di spaccare tutto; uno è entrato dentro attraverso 1 finestrini e respinto da un massaggiatore con un pugno da k.o.; Carla Mandelli piangeva. A stento il grosso veicolo si è fatto strada nella calca arrivando in un hangar. Due ore di assedio, poi gli sfortunati « reduci del Messico » sono potuti uscire in cellulare. Per parecchio tempo tutto intorno all'aeroporto hanno stazionato centinaia o migliaia di persone: amici degli azzurri o invasati? I presenti per i festeggiamenti si calcola fossero"tra i 30 ed i 50 mila (chi poteva contarli?). Gli aggressori saranno stati due-tremila o forse meno: sufficienti comunque a scrivere una pagina disonorevole per lo sport. Gli episodi di massa — in questo caso — restano circoscritti alla follia di pochi. Dietro ad essi sta però una situazione da non trascurare. Già in Messico avevamo scritto che in certi momenti il gruppo dei dirigenti dava l'impressione di trovarsi su una barca, pronto, in caso di pericolo, a gettare ai pescicani una « vittima » per salvare gli altri. La barca non è naufragata, approdando invece ad una finale, che nessuno avrebbe immaginato prima della partenza. Non ci sono pescicani, ma gente che volutauni e difesi dagli altri. Alla cronaca dei fatti si possono aggiungere queste considerazioni. — A Città del Messico, anche se si veniva a conoscenza di discussioni nel gruppo dei capi, non è stata mai fatta alcuna affermazione ufficiale di dissenso. Abbiamo assistito a tutte le conferenze stampa e naturalmente parlato con Franchi, Stacchi, Mandelli e Valcareggi: nessuno ci ha detto io voglio Rivera (o non lo voglio). — Il mistero del responsabile della squadra azzurra è da chiarire. Franchi ha parlato più volte con i giocatori. Stacchi aveva incarichi particolari senza essere quasi mai a contatto con gli atleti, Mandelli trattava la formazione con Valcareggi, quest'ultimo la manovrava dalla panchina (Mandelli durante le gare si trovava in tribuna). Ad una nostra precisa domanda « Chi sarà applaudito in caso di trionfo o linciato per una seconda Co. rea? » il dottor Franchi ha risposto: « Io sono il capo della comitiva. Tutti comunque condividiamo le responsabilità ». E' il momento di dimostrarlo. — Rivera-uomo. Ha torti e ragioni. Lo hanno escluso dalla squadra senza una preparazione psicologica e si è ribellato (e nel caso ha trovato difensori). Il suo rimane però un atto di indisciplina. Ri vera è bravo, è un asso, ma è uno dei « ventidue ». Per Puia partito titolare e passato al ruolo di terzo stopper non si è levata una voce. Per Furino un « esordiente ignorato » a line gara non una parola. Si vuol combattere il divismo e poi si considera un insulto aver mandato Rivera in campo negli ultimi sei minuti di una gara ormai persa. Juliano, entrato poco prima, è diverso da Gianni? Uno sarà più celebre, più famoso; ma nessun atleta ha privilegi speciali. — Rivera-giocatore. E* un asso che il Brasile ci invidia. In una squadra di attacco è utile, a patto che altri corrano in retroguardia al suo posto. Contrasta poco. Contro la Germania ha effettuato ottimi lanci a Riva, disputando però un secondo tempo fiacco. Non Io si può dimenticare, per sostenere una tesi di parte. Il milanista non è un martire, né un eroe del football e neppure sarebbe stato 11 salvatore della Nazionale, i Avrebbe forse portato ad un | diverso svolgimento: nessuno | può dire se in bene o in j male. E' assurdo creare un « caj so Rivera » e trascurare neli lo stesso tempo la « delusio: ne Riva ». Soprattutto è pe| noso dover oggi difendere chi ha guidato la Nazionale al secondo posto nel mondo, dietro ad un irresistibile Brai sile. Paolo Bertoldi Roma. I Finestrini di un pullman dcll'Alitalia infranti dai tifosi (Telefoto)