Un Goethe raccontato con elegante ambiguità

Un Goethe raccontato con elegante ambiguità Un Goethe raccontato con elegante ambiguità Pietro Citati: « Goethe », ed. Mondadori, pagg. 600, lire 4000. A lettura conclusa, si ha l'impressione che il Goethe di Pietro Citati resti, agli occhi di chi-l'ha percorso per tutte le sue dense seicento pagine, come « ima cipolla sotto la neve ». Alla superficie c'è un nervoso e vibrante scintillio stilistico, un esaltato espandersi del periodare, punteggiato e incalzato da metafore sempre perspicue; ma il fondo, il significato deil'intero, appare velato, e addirittura nascosto. Citati ci ha parlato di Goethe che esce dalla giovinezza e depone la summa di tutta una tumultuosa e romantica esperienza nelle pagine rapite ed - esemplari degli Anni di noviziato di Guglielmo Meister. Poi ci ha parlato di Goethe vecchio, che si affida agli estri della visionarietà col Faust II, e tutto vi caccia dentro, l'ultima estasi della sua cristallina ispirazione e lacerti di senili fantasticherie. Ma la gran parte del volume è occupata dal racconto delle due opere: il Meister passo passo, e il Faust II ancor più passo passo. E per quanto abbiamo volato ansiosamente di pagina in pagina sulle avventure dei due personaggi; altrettan: to, una volta arrivati alla soglia finale, rimaniamo a considerare le ragioni della lusinga cui siamo stati soggetti col sentimento di chi è stato defraudato di qualcosa. E' un difetto di espressione quello che ci trattiene in questa ipotesi? Parlare di un tale difetto sarebbe incauto, tanto il lavorìo dello scrittore è visibile: un lavorìo per nulla esornativo, perché, nel corso della lettura, mai siamo stati oppressi da sazietà. Piuttosto viene il sospetto che Citati abbia scelto — più per via ispirativa che volontaria — il terreno dell'ambiguità. E' forse un ritratto immaginario questo volume, o un saggio che si nega alla sua stessa natura per. approdare a "una "spiaggia'delTutto ira-praticata? Freno alla fantasia Il libro che abbiamo letto sembra aver bruciato tutto il materiale che Goethe offriva — esame minuzioso delle fonti, tracce di un antico sapere perduto — al demone della scrittura. Il paradosso del volume, e la sua ambiguità, è di vivere soltanto nel suo essere scritto. I procedimenti esplicativi, il concerto dichiarativo che un critico, sul pedale del proprio estro, fa risuonare, sembrano aver abbandonato queste pagine per lasciar luogo all'illimitato della fantasia. E la fantasia si è risolta in elaborazione stilistica: perché un freno se lo era posto, un freno col nome di Goethe. Ecco, lo strano del saggio è d'aver preso di petto un j poeta che riuscì a scoprire i i modi più impervi e subii- mi per trasferire in Imma- ghie il proprio violento sen- 1 t zione — è il Goethe che carbonizza i propri istinti, che si nasconde appunto « come una cipolla sotto la neve », in attesa dell'esplosione della poesia. Probabilmente, Goethe non sta tutto lì: ma davanti a queste pagine sempre più precisa si fa la convinzione che in causa non è Goethe, ma Citati. E dunque, l'operazione di tirsi impegnati nella vita: d'averlo preso di petto, dicevo, per compiere un'operazione, infine, d'aspetto del tutto letterario, o per lo meno rischiosamente letterario. Se c'è un volto di Goethe che interessa a Citati — e su quello ha puntato segre- ! temente la propria affabula-1 i Citati e stata quella di dis- i solvere il Meister e il Faust// dentro la propria scrittura, E' vero che ogni critico de- gno del nome compie il me- j desimo gesto: questo il suo j fine. Ma in Citati c'è qualcosa di aggiuntivo. Citati ha bruciato il Meister e il Faust II j per poterne fare racconto, i ma senza alcun altro scopo esplicito, come quello dram rnatico che potè avere Proust nel fare n verso alla prosa 1 dei Goncourt raccontando del t salotto Verdurin. sconcerta; la certezza che le due opere goethiane siano ! st"ate prese per metaforizza- 1 re, nei momento in cui veni- Fatto letterario Di qui l'ambiguità che ci vano trascritte, un'idea della critica. Ed è qui il motivo che ci porta a parlare di operazione letteraria: il fatto che quel ohe riguarda Goethe sia, in questo caso, episodico (ma per lo meno tre acutissimi episodi voglio trascegliere: il Meister, romanzo astratto contro la carnosità della narrativa ottocentesca e tradizionale; la discesa nel re- i gno delle Madri; e Mefisto i fele visfo come scrittore Dor. ghese); mentre quanto ri guarda quell'idea della criti ca e nei tutto, j Ma dunque, qual è questa j idea della critica? Per dirla nel modo più diretto, che la critica debba soppiantarsi all'opera; che la critica possa a tal punto erodere l'opera da togliere il bisogno di in tuirla e comprenderla se non attraverso mediatori. Dopo l'invasione del critico, l'ope ra resta li come una maschera svuotata d'ogni carica, un meccanismo con le molle ciondoloni. Non che il critico l'abbia liberata di un segreto, o di quello che presupponeva essere il suo segreto. Un intervento simile raddoppierebbe le curiosità, interpretazione si contrapporrebbe a interpretazione, segreto a segreto. No: Citati, come a specchio, cerca di duplicare la carica narrativa dell'opera, vuole succhiarne l'estro, quasi con l'intenzione che esso non fugga nelle forma si fissi per sempre sul piano nuile""^nntenetto dell'immaginazione. Così come la narrativa nacque per fermare sulla carta l'eco di fatti veri o immaginari, che la tradizione orale avrebbe lasciato naufragare oltre gli orizzonti del ricordo; Citati è profondamente convinto che l'opera dei poeti, per non essere uccisa dalla sclerosi e dalle macchinazioni concettuali, possa e debba venir raccontata ancora una volta, perché vita si aggiunga a vita, mito a mito. Questa mi sembra sia l'ultima ragione del suo essersi accostato a Goethe, e quella che mette in fuga ogni nostra esitazione ulteriore. Enzo Siciliano