All'Azteca come a San Siro

All'Azteca come a San Siro Migliaia di tifosi scatenati nello stadio messicano All'Azteca come a San Siro (Dal nostro inviato speciale) Città del Messico, 17 giugno. Lo stadio Azteca, un monumentale gioiello di ferro e cemento dedicato ai riti del football, stasera grida « Italia ». Sono arrivati da ogni dove i tifosi, la babele dei dialetti ha trasformato l'immenso catino in una festa popolare molto nostrana. Bandiere e giubbetti, sombreri e camicie, persino le tipiche raganelle messicane ondeggiano secondo ritmi familiari, luccicano di colori amici. C'è chi fa scongiuri napoletani, c'è chi beve troppo per resistere alle emozioni, c'è chi prega. Persino le testate di alcuni giornali sono usate come distintivi. Per un attimo che sem- bra lunghissimo lo stadio messicano sa di Napoli, di Olimpico, di San Siro. Lo scontro Italia-Germania ha fatto sensazione. E' una parte d'Europa che si batte per ottenere il privilegio d'incontrare brasiliani o uruguaiani. Sono le due rappresentative più robuste del vecchio continente, costrette a duellare per una coppa che finora nessuno è mai riuscito a ipotecare completamente. I tifosi tedeschi non sono stati da meno. Sono arrivati da ogni parte. Oltre agli speciali voli charter diretti, hanno risalito il Messico da Monterrey e da Veracruz, da Puebla e dallo Yucatan, dovunque insomma le industrie tedesche hanno fabbriche e impianti. Irriducibili, dotati di grande e mai rallentato ritmo, i vari Muller e Seeler, Schnellinger e Libuda si sono battuti con sicurezza, sapendosi forti. Il loro attacco è stato definito dagli osservatori neutrali come una implacabile macchina da gol, la forza del loro centrocampo esprime un lavoro costante. Fa caldo, l'anello dello stadio ribolle come una grande pentola sotto pressione. Le urla stridono secondo ritmi diversi, i cori e le trombe si intrecciano paurosamente. Gli stessi titosi messicani hanno « sentito » la partita, e si sono divisi in due schiere, a favore di azzurri o di bianchi. Mentre lo stadio Azteca ribolliva di entusiasmo, di urla, fuori l'immensa città era deserta, ma le grida ed i clamori che uscivano dalle case confermavano che chi non era al campo era alla televisione, alternandosi sui due canali per vedere le partite dell'Italia e del Brasile. La caccia ai biglietti è stata continua ed affannosa per tutta la giornata, si è arrivati velocemente al «tutto esaurito». Il pubblico, al¬ meno la maggioranza, ha tifato Italia per vera simpatia ed anche per il semplice fatto che gli azzurri hanno battuto la loro squadra, ed ogni loro successo rivaluterebbe la nazionale messicana. I dirigenti tedeschi dal canto loro non si sono lasciati sorprendere, ed hanno bilanciato i favori popolari con un attento lavoro di « pubbliche relazioni ». La vigilia degli azzurri al « Parco dei Principi » era stata serena, oviamente serena come può essere l'attesa di atleti che si battono per una posta importante, per la loro rappresentativa nazionale, per se stessi e per un po' di milioni (anche se siamo certi che in imminenza della competizione il fattore economico viene dimenticato). Ha dato una mano all'ambiente anche Nereo Rocco, che ora ha trovato un nuovo « affezionato giocatore » in Juliano, certo di passare al Milan. Marras, il dirigente del Cagliari, ha usato parole appropriate per incitare Riva. Poi, per tempo, gli azzurri sono andati al campo. Sono stati protagonisti di una gara emozionante, tesa, a tratti bellissima. Italia e Germania hanno ben meritato il tifo di tutto il Messico. g. arp.

Persone citate: Marras, Muller, Nereo Rocco