Prigionieri a Madrid

Prigionieri a Madrid ANALISI Prigionieri a Madrid (Gli avvocati spagnoli chiedono che i «politici» siano considerati «delinquenti comuni») Madrid, 17 giugno. Il detenuto politico può essere considerato un delinquente comune? Una domanda del genere, posta ad un avvocato (o anche ad un semplice cittadino, ignaro di leggi, ma cosciente dei diritti fondamentali dell'uomo) in un paese retto a democrazia provocherebbe un franco stupore. In Spagna è lecita e suscita discussióni impensabili in liberi paesi, come dimostrano le sedute di lavoro del quarto Congresso nazionale degli avvocati. Una ristretta maggioranza di giuristi ritengono che « un detenuto politico non debba godere di uno status speciale, non essendo altro che un criminale di diritto comune »; e una fortissima minoranza la pensa esattamente al contrario. Scendiamo alle oifre: 157 avvocati sono favorevoli al la prima tesi, 109 alla seconda. Questi ultimi avevano presentato al congresso una mozione in cui si chiedeva il varo di uno speciale statuto per i prigionieri politici. Vi hanno lavorato per parecchio tempo un gruppo di eminenti giuristi di Madrid, fra cui fa spicco il prof. Joaquin Ruiz Jiménez, docente di Diritto naturale alla facoltà di Legge della capitale e uno dei principi del Foro (di tendenza cattolico - democratica). L'emendamento proposto dalla maggioranza, e che virtualmente veniva a neutralizzare la proposta della minoranza, è stato approvato — come abbiamo detto — con 157 voti contro 109. La minoranza liberale ha contrattaccato chiedendo che i risultati del voto fossero considerati nulli, poiché alcuni avevano votato a tempo regolamentare scaduto. E' dubbio tuttavia che i liberali abbiano qualche possibilità di affermare la loro tesi. Nella prima giornata del congresso (che si svolge nella città di Leon) un centinaio di membri avevano abbandonato l'aula quando il ministro della Giustizia Antonio Maria de Oriol y Urquijo stava per cominciare il discorso inaugurale. Per reazione, il resto del l'assemblea aveva decretato un'ovazione al ministro. Da San Sebastiano e da Bilbao (Paese Basco) si ha notizia di scioperi della fame iniziati da familiari di detenuti politici, per premere sul governo. Nel dicembre del 1969 la rivista cattolica di opposizione Cuadernos para el dialogo pubblicò un fascicolo straordinario dedicato ai rapporti fra giustizia e politica. In un ampio studio sul problema dei prigionieri politici, Antonio Rato ricordava che, in base all'art. 1 del vigente regolamento carcerario, le istituzioni penitenziarie hanno come obiettivo principale di «riformare» i reclusi: l'applicazione di un simile criterio (che fu difeso, per i delinquenti comuni, da tutta una scuola di giuristi progressisti del secolo scorso) diventa ingiusta e sterile nel caso dei detenuti politici. Il prigioniero politico infatti è per il suo stesso carattere un detenuto incorreggibile, irriformabile: ora, la sua inadattabilità al principio essenziale dell'ordina mento carcerario provoca una serie di discriminazioni gravi a suo danno iper esempio, non può mai otte nere la libertà condizionata al momento in cui si inizi l'ultimo quarto della sua condanna). Di qui la necessità di uno statuto speciale per i « politici ». Resta poi il problema più vasfo della conciliabilità fra la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo (che il governo spagnolo ha appro vato, ma le Cortes ancora r.oi e la legislazione spagnola, che vieta la diffusione di ideologie diversa dal franchismo. Uno statuto speciale per i « politici » servireobs solo ad alleviare alcuni dei mali che tale inconciliabilità continua a provocare. Massimo Olmi

Persone citate: Antonio Maria De Oriol, Antonio Rato, Cortes, Joaquin Ruiz Jiménez, Massimo Olmi, Urquijo

Luoghi citati: Bilbao, Madrid, Spagna