Razzista svizzero spara a un italiano

Razzista svizzero spara a un italiano Il clima creato dalla legge Schwarzenbach anti-stranieri Razzista svizzero spara a un italiano L'episodio in un paese nel nord della Confederazione - Lo sparatore (arrestato) grida: « Vattene a casa! » - Il colpo è andato a vuoto - Il nostro connazionale, un operaio, vive in Svizzera da vent'anni (Dal nostro inviato speciale) Berna, 4 giugno. L'episodio è accaduto lunedi ad Amriswil, un paese all'estremità nord-orientale della Svizzera, non lontano dal confine con la Germania. Erano le otto e mezzo di sera e l'operaio italiano Romeo Bedini, 37 anni, moglie e due figli, da oltre vent'anni residente in Svizzera, stava piantando spinaci nell'orticello davanti a casa sua. All'improvviso la quiete è rotta da un ordine caporalesco gridato con voce cattiva: « Vattene a casa! Sparisci! ». Romeo Bedini non alza neppure il capo, continua a sistemare le piantine di spinaci. Sa benissimo di che si tratta. Il suo vicino dì casa, Walther Fròhlich, 54 anni, è uno di quegli svizzeri — una minoranza, per fortuna che provano verso gli italiani un senso di sordo rancore. Ne parla male nei pubblici ritrovi li definisce Tschinggen — e) nealeldal ra e Beue sianllo mda dateza a pi si sa, è na iare. ici en « giocatori di morra », auspica che venga presto il giorno in cui saranno cacciati dalla Svizzera. Naturalmente è un acceso sostenitore della « iniziativa Schwarzenbach ». « Via, via dalla Svizzera! » urla il Fròhlich al Bedini. E' un grido privo di senso, ma ormai Walther Fròhlich non capisce più mente, è fuori di sé. Corre in casa, prende la sua pistola Walther calibro 6,35, si precipita di nuovo fuori inseguito dalla figlia che ha intuito vagamente qualcosa e teme una tragedia. Romeo Bedini frattanto si sta avviando verso casa. Ha avuto altre volte che fare con il suo vicino, ne conosce il carattere, sa che è meglio non attaccar briga. E poi ormai ha finito il suo lavoro, è quasi buio. Ma prima — j di arrivale alla porta è raggiunto dal forsennato che protende minacciosamente la pistola. Proprio in quel momento la figlia del Fròhlich afferra il braccio del padre e lo tira a sé. Parte un colpo. E' stato Walther Fròhlich a premere il grilletto? E' stato lo strattone di sua figlia a determinare indirettamente lo sparo? Difficile saperlo. Per fortuna il colpo va a vuoto, il proiettile finisce nel muro, 80 centimetri lontano da Romeo Bedini. Più tardi comunque, interrogato dalla polizia locale, il razzista non approfitterà della circostanza, al contrario ammetterà freddamente che aveva proprio intenzione di sparare. Solo un episodio, d'accordo; un caso isolato come quello di Karl Keller, l'altro svizzero che nel gennaio scor so, in preda ad un impeto di xenofobia, prese le due bambine del suo vicino di casa italiano, le portò alla stazione, comprò loro un biglietto, le caricò sul primo treno diretto in Italia e poi se ne tornò tranquillo a casa a godersi l'angoscia dei genitori delle piccole. Ora, sarebbe un grossolano errore vedere in Walther Fròhlich e in Keller i simboli di tutto il movimento contro la Uberfremdung, l'inforestieramento della Svizzera. Tra coloro che sabato e domenica voteranno sì alla proposta del deputato zurighese ci sono senza dubbio molti ottimi cittadini. Per rendersene conto basta osservare le Lettere al Direttore alle quali in questi giorni i giornali di ogni tendenza dedicano ampio spazio. I motivi addotti dai sostenitori di Schwarzenbach sono numerosi: «a causa della sovrabbondanza di stranieri non è più possibile trovare casa », « i prezzi sono aumentati », « gli ospedali non bastano più », « stiamo andando verso l'inflazione, eccetera. Ma quelle su cui insistono con maggiore frequenza è la sfiducia nel governo che non avrebbe fatto abbastanza per porre un limite al continuo afflusso di manodopera proveniente da altri Paesi. Si tratta, è chiaro, di errate concatenazioni tra causa ed effetto, che nella maggioranza dei casi non sembrano aver nulla che fare col razzismo. Lo stesso Schwarzenbach del resto — ce lo disse personalmente in gennaio — si ritiene immune da qualsiasi macchia razzista. Purtroppo però le iniziative come la sua, al di là delle intenzioni del loro autore e dei loro sostenitori, contengono in se stesse il bacillo della malattia. Casi come quello di Walther Fròhlich, per quanto secondari e isolati, sono un chiaro campanello di allarme, denunciano fin d'ora che quando si imboccano certe strade non si sa — o meglio si sa benissimo — dove si può andare a finire. Gaetano Tumiati

Luoghi citati: Amriswil, Berna, Germania, Italia, Svizzera