Donai-Cattin risponde alle critiche di Giovanni Trovati
Donai-Cattin risponde alle critiche Discorso a Torino dopo l'intervista a "La Stampa,, Donai-Cattin risponde alle critiche Se si accompagna la politica degli alti salari con fermi della produzione avremo una caduta del reddito e ne risentirà l'occupazione - I sindacati hanno sbagliato a ingolfare le agitazioni per le riforme nei periodo elettorale : sono caduti nella « trappola comunista » - Le assemblee di fabbrica trasformate in comizi Donat-Cattin, in un lungo comizio a Torino, ha risposto alle critiche che da più parti gli sono state mosse per la sua intervista a La Stampa. Di rado si è visto in questa campagna elettorale un pubblico cosi numeroso e con tanti giovani II ministro si è riallacciato all'autunno caldo, quando « sono cambiati i rapporti di potere tra le parti sociali e siamo intervenuti con un'azione di soste gno per i lavoratori, convinti dell'utilità dì una politica di alti salari: in quei mesi i lavoratori hanno dimostrato di essere capaci di vincere la lotta con ì gruppi della sinistra extra-parlamentare ». L'aumento globale dei salari si è dimostrato « sopportabile dal sistema, e ha creato l'esigenza dì maggiori investimenti per accelerare il moto dì tutto il sistema del- la produzione ». Lo Stato ha ,i mezzi per frenare l'eccessivo aumento dei prezzi, manovrando con i crediti (alla produzione e alla esportazione) e con il fisco. Ma « se si accompagna la polìtica degli alti salari con continui fermi della produzione » non c'è intervento dello Stato che possa impedire la caduta del reddito nazionale, e allora ne risente l'occupazione. Donat Cattin ha ricordato che la parte attiva della nostra popolazione è sul 36 per cento, mentre la media degli altri Paesi del Mec è de! 40 per cento. « Questa differenza del 4 per cento equivale a circa 2 milioni di persone che non han- \ no un vero lavoro... Al tasso di incremento annuo del reddito del 6 "-'o, noi cammineremo verso la disoccupazione crescente fino a raggiungere nel 1980 un'eccedenza di quat tro milioni di attivi non occupati Bisogna cambiare il tasso di sviluppo e quindi la politica del credito e de gli investimenti E bisogna qualificare gli investimenti. E dobbiamo avere bene in mente che solo la piena occupazione ci dà un regime di pie na libertà » Dialogo polemico Donat-Cattin ha aperto un I dialogo polemico con le j tre confederazioni soprattut- : to per le loro richieste di ri- forme ed ha precisato che j anche i sindacati, una volta | contro il governo (che non j può improvvisare le soluzio- j j che scendono alla lotta poli! tica. debbono accettare di es; ser' . udicati per il loro comI portamento, « e non sentirsi ! subito offesi se qualcuno li critica ». u E' stato uno sbaglio, ha detto, ingolfare questa azione I nel periodo elettorale », peri che gli scioperi proclamati ni) sono scioperi contro i par titi al governo, quindi politici con carattere elettoralistico: « questo non favorisce l'unità sindacale ». E qui è entrato nel punto più delicato della sua intervista, quello che ha provocato i maggiori risentimenti. « Conta poco che sia Camiti, cioè una frangia, ad affermare che i lavoratori avrebbero scartato ideologie di parte per trovarsi uniti in una non meglio Identificata politica di classe autonoma da tutto e da tutti E' La ma che mi deve dire come si sente autonomo. Gli ricor do le parole pronunciate durante la tavola rotonda al teatro Adriano di Roma: " Mi sento un dirigente sindacale, ma anche un militante del mio partito ". Lama non mi dirà mai che è privo di ideo- logia comunista, perché è un sindacalista serio. All' unità sindacale ogni componente deve andare con il proprio mondo di convinzioni. Se no l'unità diventa asettica, una evirazione, e allora avremo la soggezione, la subalternità ». Secondo Donat-Cattin è stata la componente comunista a volere l'agitazione per le riforme durante il periodo elettorale. « Solo dopo l'ultimo incontro con il governo molti dirigenti sindacali si sono accorti della trappola e non hanno voluto scioperi generali c regionali prima del 7 giugno Ma sono caduti dal la padella nella brace, accet- tondo assemblee di fabbrica per discutere la risposta al governo: queste assemblee equivalgono a comizi contro i partiti del centro-sinistra ». A parere di Donat-Cattin nel colloquio con il governo le Confederazioni hanno dato prova di essere scarsamente preparate. Fu offerto allora di continuare il dibattito attraverso sei commissioni che, in un tempo ben delimitato, avrebbero dovuto elaborare di comune accordo una soluzione per la casa, la sanità, i trasporti, i tributi, l'agricoltura, la congiuntura. (Per il ministro importantissima è la riforma della scuola, che i sindacati invece non hanno posto nelle loro richie- ste). «A questa offerta — ha detto — non fu data risposta, Forse verrà dopo il 7 giugno», « Democrazia fragile » I sindacati, ha proseguito Donat-Cattin, non debbono più cadere in trappole elettoralistiche. Poi ha ammonito, tra gli applausi del pubblico: « C'è il rischio di una disponibilità della base ad avventure sindacali, e la nostra democrazia è fragile, come te stimonia il recente passato ». Donat-Cattin ha parlato di possibile convergenza (al Parlamento) tra maggioranza e opposizione su alcuni temi — « Perché regalare alle destre il 30 per cento dei voti? » — ma ha fissato confine netto nei confronti del comunismo sul piano della collaborazione. Ha ricordato la denuncia di Garaudy contro il pcf per il caso Dubcek. « Non tanto mi importa il ruolo di spia o di guardione che il pcf si assunse al ser vizio di Mosca, quanto il consiglio che Rochet dette al proletario Dubcek di abolire le libertà di stampa e di discussione nelle fabbriche e di ripristinare la censura. Un partito comunista occidentale che suggerisca queste misure dimostra di non poter collaborare con altri partiti in un regime di democrazia ». E passando alla situazione italiana: « Mi si dice che il pei è diverso da tutti gli altri partiti comunisti, me lo hanno paragonato alla giraffa, un animale che, se non lo si vede, dicono, non lo si può immaginare. Ho meditato su questo paragone e mi sono convinto che la giraffa, pur con tutte le stranezze delle sue forme, se non è un cavallo o un asino, è pur sempre un equino ». Ha concluso: « Non vorrei aver commesso un errore zoologico, quel che importa è di essermi fatto capire ». Giovanni Trovati
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