Le società sperimentali di Arrigo Levi

Le società sperimentali Le società sperimentali Il negoziato sull'ingresso della Gran Bretagna nella Comunità economica europea incomincerà il 30 giugno. Non ci sentiamo di prevedere, né col ragionampnto né con l'istinto, come si concluderà. Ma è chiaro che il successo rafforzerà e il fallimento indebolirà gravemente, o distruggerà, l'insieme delle istituzioni europee che si sta costruendo, poco alla volta, da vent'anni. Queste istituzioni sono ormai una realtà molto evidente e positiva nell'economia; ma anche in politica l'esistenza d'un quadro europeo ha influenzato in modo determinante l'evoluzione dei singoli paesi. Al di fuori di quel quadro, la storia delle nazioni europee sarebbe stata radicalmente diversa. I problemi che questi paesi debbono affrontare sono molto complessi. Difendere la propria autonomia politica e perfino la propria indipendenza, in un mondo atomico dominato dalle due superpotenze e in un continente sovrastato dalla presenza sovietica, non è cosa semplice. Poi ci sono i contrasti interni, che. nascono dalla difficile gestazione della nuova società industriale. Le strutture si trasformano rapidamente; gruppi un tempo marginali, ad esempio gli studenti, si configurano quasi come nuove classi; si complica il rapporto fra Stato e Regioni, fra nazione e nazione; si sviluppa tumultuosamente, o cerca di svilupparsi, un meccanismo nuovo di partecipazione, nella gestione delle industrie come del potere politico, che non trova ancora un assetto stabile e definitivo. La società europea attraversa una fase che si è tentati di definire sperimentale. La mentalità scientifica vuole che non si consideri risolto un problema finché non si è potuto sperimentarne diverse soluzioni. Nella vita dei popoli, la sperimentazione richiede un ambiente di libertà politica, la possibilità di un ricambio e di un'alternativa di potere, insomma la democrazia. In politica, l'ipotesi sperimentale richiede anche che la società sia organizzata in modo pluralistico. Debbono esserci diversi centri di potere e di decisione. L'uniformità, l'accentramento eccessivi possono dare, per un periodo di tempo, l'illusione dell'efficienza, ma finiscono per provocare stasi intellettuale, indifferenza morale, ritardi scientifici e produttivi. Se ci si guarda attorno nel mondo, e si tentano confronti, si deve dire che il quadro europeo, ossia la struttura emergente delle istituzioni europee e il clima politico e psicologico ch'esse hanno creato, ha stabilito condizioni certo non ideali, ma che hanno consentito alle nazioni europee d'affrontare questi problemi con qualche speranza di poterne impostare correttamente la soluzione storica. Qualsiasi altro quadro immaginabile sarebbe stato peggiore*L'ipotesi nazionalistica avrebbe spinto ogni Stato europeo o ad un costosissimo neutralismo armato, provocando il proliferare degli arsenali atomici, o al completo vassallaggio verso una delle due superpotenze. Vista la prossimità della Russia, ciò avrebbe condotto, nella maggior parte dei casi, all'inserimento forzato nel blocco culturale e politico reso uniforme dal centralismo sovietico. Lo scienziato russo Andrei Sakharov ha dimostrato, nella lettera a Breznev, come l'arretrateaza sovietica nei confronti dell'America sia dovuta proprio all'esistenza di strutture centralizzate, al conformismo ideologico, al prevalere d'una mentalità totalitaria e all'assenza di libertà. La società sovietica è oggi antisperimentale e rigidamente tradizionalista. E non ci si può illudere che ad un paese rinchiuso in quell'area di potere siano consentite scelte diverse. « Accuso gli attuali dirigenti sovietici — ha scritto Roger Garaudy — di preferire e sostenere qualsiasi regime, piuttosto che aiutare l'ascesa d'un partito comunista, qualunque esso sia, quando minaccia di mirare a un so¬ cialismo diverso da quello sovietico. Li accuso di temere il contagio di un socialismo dal volto umano ». L'Europa occidentale d'oggi è turbata da contrasti anche profondi. Ma queste agitazioni esprimono una ricerca storica che col tempo potrà dare buoni frutti: purché possa continuare, in condizioni di libertà. Nel quadro delle istituzioni europee, e finché ogni singola nazione si sentirà partecipe d'un vasto processo di rinnovamento economico e tecnologico e di ricerca sociale, anche i più duri contrasti non appaiono insuperabili. 'C'è il tempo per trovarne la soluzione. Ciò che vent'anni fa il memorandum Monnet prometteva all'Europa, ossia la possibilità per i popoli liberi « di sperare negli obiettivi più lontani che sono loro assegnati », è stato effettivamente dato, alle singole nazioni, dal quadro europeo. L'alternativa più probabile, se questo quadro venisse meno, sarebbe ancora oggi quella sovietica, con l'uniformità senza speranza dei « comunismi nazionali ». Alle celebrazioni di Mosca per il centenario di Lenin il delegato ufficiale del pei ha detto: « L'autonomia di ogni partito, così come l'indipendenza di ogni paese, trovano nell'internazionalismo leninista una base sicura ». Quanto sia sicura, lo si è visto a Budapest nel 1956, a Praga nel 1968: proprio l'« internazionalismo leninista» ha servito a giustificare l'invasione della Cecoslovacchia. Questa è la sicurezza offerta dalla soluzione sovietica. Il quadro istituzionale europeo è ancora incompleto. Un fallimento del tentativo di allargarlo e insieme di rafforzarlo rimetterebbe in moto lo « scenario » storico impostato sull'isolamento degli Stati europei e sull'irreversibile degenerazione della loro sicurezza e indipendenza: lo « scenario » che fu appena evitato nel primo dopoguerra. Ora come allora, per uscire dall'iTrapasse occorre, come diceva Monnet, «un'azione concreta e risoluta, concentrata su un punto limitato .ma decisivo». Oggi, ciò significa portare l'Inghilterra nel Mec. Arrigo Levi

Persone citate: Andrei Sakharov, Breznev, Lenin, Monnet, Roger Garaudy

Luoghi citati: America, Budapest, Cecoslovacchia, Europa, Gran Bretagna, Inghilterra, Mosca, Praga, Russia