Furibonda lotta a bordo di un aeroplano costretto a dirottare da Praga in Austria di Enzo Pizzi

Furibonda lotta a bordo di un aeroplano costretto a dirottare da Praga in Austria Misteriosa fuga dalla Cecoslovacchia; forse spionaggio Furibonda lotta a bordo di un aeroplano costretto a dirottare da Praga in Austria Un funzionario delle miniere cecoslovacche d'uranio colpisce un suo superiore e ferisce il pilota - Arrestato dopo l'atterraggio e accusato di pirateria aerea, sequestro di persona e Iesiojni - Rischia 5 anni di carcere (Nostro servizio particolare) Linz, 5 maggio. Un misterioso episodio di pirateria aerea, dietro il quale si potrebbe nascondere una vicenda spionistica, è avvenuto questa mattina tra la Cecoslovacchia e l'Austria. Pavel Verner, di 32 anni, capo dell'ufficio acquisti dell'ente statale cecoslovacco per lo sfruttamento delle miniere di uranio, che viaggiava su un bimotore « Morava L/200 » insieme con il suo direttore, Miroslav Roznak, di 47 anni, pochi minuti dopo il decollo dell'apparecchio dall'aeroporto di Pribram, nelle vicinanze di Praga, ha assalito il suo superiore ed il pilota, Paul Bidermann, costringendolo a dirigere la rotta verso il territorio austriaco. Un'ora dopo, esattamente alle 7,05, il velivolo è atterrato all'aeroporto di Hoerskhing, presso Linz, nell'Austria Superiore. Il viaggio verso la libertà è costato comunque a Verner l'arresto ed il trasferimento nelle carceri di Linz. A suo carico la magistratura austriaca, che ha aperto un'inchiesta con la collabo¬ razione del servizio di sicurezza, ha formulato l'accusa di dirottamento di aereo, sequestro di persona e lesioni. Per questi reati sarà sottoposto a giudizio penale e, se sarà riconosciuto colpevole, potrà essere condannato a 5 anni di reclusione. Dopo aver scontato la pena, sarà espulso dal territorio della Repubblica Federale verso un Paese di sua scelta (Verner ha già dichiarato che desidera trasferirsi in Germania). Gli ufficiali dei servizi di sicurezza di Vienna e della polizia statale, che svolgono le indagini sotto la direzione del giudice Bauer, hanno interrogato anche Miroslav RÒznak, diretto superiore del Verner; ma il funzionario non 'ha voluto fare dichiarazioni e si è limitato ad affermare laconicamente che egli desidera tornare al più presto in Cecoslovacchia. Il bimotore era diretto a Kosice, nella Slovacchia Orientale, ove il Verner ed il Roznak dovevano contrattare l'acquisto di una grossa partita di acciaio. Il dirottamento è avvenuto dopo una drammatica lotta sul^piccolo bimotore. Subito dopo la par- tenza, quando esso aveva raggiunto soltanto 500 metri di quota, il pirata dell'aria cecoslovacco si è sfilata una scarpa e ha colpito violentemente alla testa con il tacco il direttore Roznak, che aveva preso posto nella piccola cabina di guida, a fianco del pilota. E' riuscito a stordirlo parzialmente, ma ha dovuto ingaggiare con lui una furibonda lotta prima di ridurlo all'impotenza. Subito dopo ha estratto da una tasca un coltello a serramanico ed ha puntato la lama contro il Bidermann, ordinandogli di fare rotta su Vienna. Al rifiuto del pilota, gli ha inferto una coltellata all'avambraccio sinistro. Indebolito dalla perdita del sangue e per il timore di essere nuovamente colpito, il Bidermann ha finalmente obbedito alle intimazioni, ma ha diretto il bimotore, anziché verso Vienna, al più vicino aeroporto di Linz, a causa della scarsità di carburante. Qui è stato ricoverato in ospedale. Quando l'apparecchio è atterrato, Pavel Verner ha dichiarato di essere emozionato perché era riuscito finalmente a ragiungere la libertà ed ha raccontato che lo scorso anno era stato detenuto per 26 giorni nel carcere di Pnakrac, a Praga. Era stato fermato in una piazza della città dalla polizia e perquisito. Trovato in possesso d'una borsa contenente lo schizzo di un mobile-libreria ed un cavo elettrico, era stato immediatamente sospettato di spionaggio per le delicate mansioni tecniche che egli svolge nelle miniere di uranio. Era stato poi sottoposto a processo e riconosciuto innocente. Questo avvenimento aveva rafforzato nel Verner la convinzione dell'impossibilità di vivere in un paese comunista, anche perché — egli ha detto ai poliziotti austriaci che l'hanno interrogato — un regime simile comporta la rinuncia alla propria personalità. Già poco prima del Natale scorso aveva proposto alla moglie, impiegata nelle miniere di uranio di Pribram, di fuggire con le figliolette, Eva, di 7 anni, ed Helene, di uno. Il suo invito però non era stato accolto perché la donna aveva manifestato il desiderio di continuare a lavorare in Cecoslovacchia. Enzo Pizzi Vienna. Pavel Verner (Tel.)