Il paese violento

Il paese violento ANALISI Il paese violento (La Colombia è di nuovo sull'orlo della guerra civile) Sconfìtto alle elezioni, l'ex dittatore colombiano generale Rojas Pinilla rifiuta il responso delle urne proclamando di essere vittima di brogli e minaccia di prendere il potere con la violenza. Concluso lo spoglio delle schede, poche decine di migliaia di voti (su sette milioni di elettori) dividono Rojas Pinilla dal candidato conservatore Misael Pastrana Borrero. L'accusa di frode probabilmente non è priva di fondamento. Nessuno pretende, ha scritto VEconomist, che le elezioni in Colombia siano mai del tutto corrette. La vittoria di Borrero dipendeva dal voto dei contadini; e non pochi degli apatici elettori delle campagne (la percentuale dei votanti non supera il 30 per cento) sono stati portati alle urne con la forza dai bosses politici locali. La Colombia è un paese violento. Per nove anni, dal 1948 al 1957, vi infuriò una tremenda guerra civile. Liberali e conservatori si affrontarono in armi nelle strade di Bogotà; i morti furono più di 200 mila. I colombiani ricordano con terrore il periodo della violencia. Nel 1953 comparve l'« uomo forte », Ro.jas Pinilla, che promise ordine e riforme: i colombiani gli credettero, cedendo forse alla disperazione, e caddero sotto il tallone d'una brutale dittatura. Rojf.s Pinilla amava il denaro e le belle donne, si abbigliava nelle fogge più strane, la notte le luci della sua residenza erano sempre accese ad illuminare festini di-gusto orientale; era crudele e sanguinario, e non esitava a sbarazzarsi di chiunque minacciasse il suo potere. Ignorantissimo di cose economiche, non varò alcuna delle riforme promesse. La confisca delle terre e la ristrutturazione dello Stato « fondato sul lavoro », in cui avevano sperato persino esponenti della sinistra, rimasero sulla carta. Confische ve ne furono, ma a vantaggio di Rojas Pinilla, che si appropriò pingui piantagioni e si arricchì smisuratamente. Paradossalmente, il dittatore riusci a mantenere l'impegno in base al quale aveva assunto il potere, riportare l'ordine. Liberali e conservatori cessarono di scannarsi nelle strade e si accordarono per formare un Fronte Nazionale contro il tiranno. Nel '57 Rojas Pinilla fu rovesciato. Per tredici anni il Fronte liberale-conservatore assicurò alla Colombia una relativa stabilità politica. Ma le rivalità sopite davanti al pericolo riaffiorarono quest'anno, quando si trattò di scegliere un candidato comune alle elezioni. Due autorevoli esponenti del Fronte, Evaristo Sourdis e Belisario Betancour, non accettarono la designazione di Pastrana Borrero alla presidenza e scesero in lizza a contendergli i voti. Pure la minaccia era di nuovo grave, come nel '53: Rojas Pinilla raccoglieva decine di migliaia di sostenitori ai suoi comizi e proclamava apertamente che avrebbe preso il potere con la forza, se non gli fosse stato concesso dalle urne. Ora la Colombia rischia la guerra civile. Il governo ha proclamato lo stato d'assedio. Rojas Pinilla non sembra disposto a cedere. Ha settant'anni, e sogna la rivincita; è la sua ultima occasione. Il movimento che lo sostiene è guidato dalla figlia Maria Eugenia, senatrice, una sorta di Eva Perori colombiana, che esercita un fascino straordinario su una parte delle masse. I suoi seguaci, fenomeno non inconsueto nell'America Latina, appartengono alle frange più diseredate del popolo. Alfonso Di Nola

Luoghi citati: America Latina, Bogotà, Colombia