La chimica porterà il progresso nella Sardegna più arretrata

La chimica porterà il progresso nella Sardegna più arretrata Grandi complessi industriali stanno sorgendo in Barbagia La chimica porterà il progresso nella Sardegna più arretrata II gruppo Anic intende impiantare una catena completa di attività, dalla trasformazione del greggio alla produzione di plastica, filati sintetici, tessuti - La Siron investirà 50 miliardi - Ma per una vera rinascita è importante che l'industrializzazione si estenda a tutta l'isola, non rimanga circoscritta in poche fortunate oasi (Dal nostro inviato speciale) Oltana, aprile. Un fortino dei carabinieri con l'antenna della radio sul tetto, la scritta « Stazione Nuraghe Ruju », il cancello aperto: un milite solo, in maglione, si fa sulla porta seguito da un cane lupo. Indica la strada di Oltana, dove i primi gruppi di tecnici e di operai, armati di escavatrici, stanno preparando il terreno destinato ai nuovi stabilimenti chimici. Porteranno la grande industria nel cuore della Sardegna povera, a cavallo della Barbagia: 280 miliardi di investimenti, 8000 addetti, da reclutare in gran parte tra i figli dei pastori. la Valle del Tirso Siamo nella Valle del Tirso, quasi piatta al centro, spazzata dal maestrale che stira il mare d'erba verde, sconfinante con l'azzurro, rotto da immense macchie di fiori gialli, squilli acuti di colore. La sensazione dell'appartenenza a un mondo di pionieri (gli spazi deserti, il fortino isolato, gli uomini a cavallo) ha le sue conferme in riva al Tirso. Una baracca metallica, col tetto argenteo, un cartello giallo con la scritta « Anic », introducono al cantiere animato da poche decine di uomini avvolti nel polverone sollevato dai loro mostri. Le macchine spianano dolci ondulazioni argillose, punteggiate di pietre vulcaniche rosse e nere. Altri cantieri sulla destra del Tirso (poco più di un ruscello, un piccolo cinghiale annegato sul filo della corrente), con insegne « Siron », baracche, sbarramenti di reti metalliche e ancora montagne di argilla rovesciata. Due gruppi si stanno muovendo a Ottana. « Anic », collegato ad altre società chimiche e tessili, e « Siron » dell'industriale petrolchimico Rovelli che ha i grandi stabilimenti « Sir » di Porto Torres. Il disegno del gruppo (( Anic » è ambizioso: impiantare una catena completa di attività, dalla trasformazione del greggio (arriverà in oleodotto dalla costa) alla produzione di plastica, di filati sintetici, di tessuti, di capi di abbigliamento. All'« Anic » sono associate la « Chàtillon », la « Rhodiatoce », la « Lane Rossi » per un totale di 230 miliardi di investimenti. La « Siron » investirà separatamente una cinquantina di miliardi. « E' senz'altro un intervento di rottura, dopo quelli a favore degli agricoltori e dei pastori, poveri di risultati », mi dice Antonio Cossu, sociologo e romanziere, profondo conoscitore delle chiuse comunità barbaricine. Il presidente della Regione sarda, Abis, mi aveva detto a Cagliari: « Abbiamo approvato la scelta dì Ottana per due motivi. Primo: la localizzazione risponde all'esigenza di promuovere lo sviluppo di zone arretrate. La Barbagia non deve diventare una riserva di caccia. Secondo: non si tratta di petrolchimica di base, con basso numero di addetti, ma di industrie con buon indice di occupazione. Il rapporto di 30 milioni investiti per un posto di lavoro, contro i 100 milioni delle raffinerie, mi sembra una risposta concreta .alle giuste richieste della Sardegna dei pastori ». Pochi giovani E gli abitanti dei luoghi? Come accolgono la nuova prospettiva? « Le fabbriche faranno sparire la criminalità dalla zona. Verranno specialisti dal continente, porteranno idee nuove, comportamenti diversi. La gente sarà invogliata, non si sentirà più in uno stato dì abbandono e di isolamento ». E' il parere del segretario comunale di Ottana, Peppino Bosu, un sardo insolitamente loquace, dal curioso accento venetoromagnolo. E' solo nella sede comunale, aperta per la mia visita. « Siamo in quattro. Un addetto alla prevenzione dell'abigeato, uno per lo stato civile e l'anagrafe, uno che fa il vigile e una quantità di altre cose, il sottoscritto. Non c'è gran che da amministrare: entrate ~19 milioni annui, uscite 50, non faccio che segnare l'accumulo dei debiti ». Fuori il vento è sempre più forte. Piove. I carabinieri in tenuta da campagna, mitra in spalla, stanno sulla porta della caserma vicina. L'addetto all'abigeato è in giro per le campagne, rotte da squarci rocciosi e da macchie selvatiche, dove il furto di pecore e agnelli è ancora pratica comune. Il paese è de¬ serto. In piazza sosta un pie- colo autobus giallo stipato di bambini. Dice il segretario comunale: « I giovani sono poche decine, su 1890 residenti. Vanno tutti a scuola, l'analfabetismo scompare come è scomparsa la malaria che rodeva nove ottanesi su dieci. La salute c'è, abbiamo anche un primo pezzo di acquedotto. La luce elettrica è Stata portata dalla Regione, che ha costruito anche l'asilo. Ma non c'è lavoro: 400 uomini validi se ne sono andati in Germania, a Torino e a Milano, in cerca di un posto ». - Ottana come Noragugume, Sedilo, Ollolai, Sanile, Orani, i paesi che visito salendo fra gole pietrose che si addolciscono in pascoli teneri, con pause di boschi di .sugheri. A Orani, nel caffè del paese, una donna domina il gruppo che discute sulle industrie nascenti (la sarda ha sempre avuto una posizione di protagonista nella società isolana, legata al nucleo familiare e alle tradizioni del nomadismo, fino a ieri estranea ai canoni della vita in grandi comunità). «Sarà una fortuna per la gente che viveva di pecore e di un po' dì grano. E sarà meglio del lavoro nelle miniere ». Orani dà lavoro a 400 uomini con le sue miniere di talco. Nei paesi vicini le risorse sono modestissime Un grafie porto Gli effetti economici e sociali dell'insediamento di industrie a Ottana si avranno fra due o tre anni. Porse, gli ottomila addetti previsti diventeranno diecimila, anche più, con la moltiplicazione delle attività sussidiarie. E' in progetto un piccolo aeroporto. La trasformazione economica della Sardegna riprende slancio dal cuore dell'isola. Oasi industriali isolate non avranno però effica■cia, come fertilizzanti dì iniziative, se la Regione non riuscirà ad attuare il suo « piano di rinascita » (rallentato dallo scarso impegno dello Stato per la sua parte) che prevede la diffusione di aziende minori con contributi a fondo perduto e crediti agevolati. Parallelo, il riscatto dell'agricoltura. Di questa parleremo un'altra volta, toccando anche il tasto del turismo, portatore di polemiche. Ritorniamo a Cagliari. La Sardegna ha una popolazione inferiore a quella di Milano (sfiora appena il milione e mezzo di abitanti) ed un territorio che supera, per vastità, quello dell'intera Lombardia (24.089 kmq). La sola area industriale di Cagliari, con l'appendice del SulcisIglesiente, specializzata nell'alluminio, nel piombo, nello zinco, potrebbe teoricamente trasformarsi in un serbatoio di posti di lavoro, sufficiente per assorbire i setteottomila giovani che ogni anno formano le nuove leve. Si produrrebbe però uno squilibrio immaginabile, aggravato dalla crescente 'ricchezza dell'agricoltura specializzata del Campidano e a tutto scapito delle zone dell'interno. I pianificatori insistono sulla diffusione dello sviluppo, e puntano su un asse Cagliari-Oristano-Sassari, integrato dai nuclei Industriali di Porto Torres, Oristano, Olbia, Arbatax, con particolare incoraggiamento alle aziende meccaniche ed elettroniche; si parla di un gruppo italo-americano (profilati per pneumatici), di una fabbrica di motori marini ad Olbia, della Ducati nell'area di Alghero Cagliari, favorita dai gran- di spazi distesi alle sue spai le e sul mare, resta il cardine dell'economia isolana. La sua area attira quasi un terzo della popolazione attiva della Sardegna. Moltiplicatore di ricchezza può essere il porto, in fase di espansione, favorito dalla prospettiva di diventare il più grande « terminal » europeo per il traffico di containers: 4000 ettari sono disponibili nella zona di Elmas. Con la spesa di 45 miliardi, Cagliari sarà il punto di arrivo e di smistamento delle navi porta containers del futuro: i cas soni di merci verrebbero trasferiti su porta-containers minori, e avviati ai porti della penisola, a quelli dell'intero Mediterraneo con traffico inverso per le esportazioni oceaniche. La sfortuna di essere isola verrebbe capovolta con uno scatto di fantasia: la Sardegna stazione dei traffici mercantili al centro del Mediterraneo. Gli american. sembrano d'accordo. E' stato aperto il colloquio con Marsiglia. Ai sardi è mancata finora una certa dose di empirismo e di capacità realizzatrice. Non manca però la prontezza nel cogliere le occasioni del futuro. Mario Fazio

Persone citate: Abis, Anic, Antonio Cossu, Mario Fazio, Orani, Peppino Bosu, Ruju