Salvemini in America

Salvemini in America Per una giusta pace con l'Italia Salvemini in America Gaetano Salvemini: « L'Italia vista dall'America », ed. Feltrinelli, pag. XLII754, lire 6000. Incontrai Gaetano Salvemini all'Università di Harvard (dove insegnava già da alcuni anni) nella primavera del 1940. L'Italia fascista era ancora «non-belligerante», ma era facile prevedere un suo prossimo intervento a fianco della Germania; d'altra parte, appariva sempre meno probabile che gli Stati Uniti potessero rimanere fuori del conflitto. Salvemini comunque non aveva dubbi sull'una e sull'altra prospettiva, e ne traeva motivo per proseguire con maggiore energia e urgenza gli sforzi - per convincere l'opinione pubblica americana che non si doveva in alcun modo confondere il popolo italiano con il regime fascista. Pertanto gli italiani avevano diritto a una pace giusta: una pace, cioè, che non togliesse al loro Paese territori di indiscussa italianità (Trieste, Gorizia e notevole parte dell'Istria) e che comportasse l'avvento in Italia di una Repubblica democratica anziché la sopravvivenza di un « fascismo senza Mussolini ». L'impegno profuso da Salvemini in questa battaglia, la chiarezza di idee, la carica di moralità e insieme la spregiudicata analisi dei fatti (caratteristiche di tutta la sua opera), sono pienamente documentati nei numerosissimi saggi e articoli apparsi appunto fra il 1940 e il 1945 in giornali e periodici americani e in gran parte raccolti ora nel volume L'Italia vista dall'America, pubblicato da Feltrinelli e curato con grande amore da E. Tagliacozzo. Come riconósce lo stesso Tagliacozzo nella sua eccellente introduzione, Salvemini fu trascinato, dal fervore delle sue convinzioni, dei suoi timori m dei suoi sospetti, ad alcuni errori di prospettiva ed eccessi polemici (che dovevano poi dar luogo anche ad amari scambi di accuse con vecchi compagni di lotta antifascista quali Sfor za, Croce e Tarchiani). Così, Salvemini sottovalutava sia l'influenza politica che il Vaticano avrebbe po tuto esercitare nell'It 'a del dopoguerra, sia la disposizione dei partiti cattolici a operare, in un'Europa occidentale restituita a libertà, nel quadro del sistema democratico. Suona pure ingiusta l'indiscriminata condanna dell'opera di quanti negli Stati Uniti preparavano in quegli anni le trasmissioni radio dirette all'Italia: per cono scenza diretta posso dire che fra essi non mancavano coloro che si battevano proprio perché fossero adottate le di rettive caldeggiate da Salvemini, anche se i loro sforzi incontravano difficoltà talvolta insuperabili. \ D'altra parte, tali errori ed eccessi trovavano qualche giustificazione e assolvevano a una loro funzione in presenza di alcuni elementi che, pur se non sempre avevano le proporzioni denunciate o temute da Salvemini, facevano parte della realtà americana: il cre¬ scente peso politico dei cattolici, che tendeva a farsi valere in senso conservatore anche in obbedienza alle tendenze del Vaticano; l'atteggiamento di non pochi diplomatici e giornalisti che sembravano spesso guidati a loro volta da preocupazioni conservatrici, nonché da scarsa simpatia e comprensione per la psicologia degli italiani e per le loro difficoltà... In complesso, non c'è dubbio che l'appassionata battaglia condotta da Salvemini abbia ' contribuito in misura notevole a orientare positivamente gli strati più aperti dell'opinione pubblica americana e ad influenzare, per loro tramite, la politica di Washington in un periodo tanto critico. E in una prospettiva più vasta appaiono ancora attualissime molte pagine salveminiane di quegli anni (soprattutto del libro « La sorte dell'Italia », scritto nel 1943 in collaborazione con lo storico Giorgio la Piana, anch'esso opportunamente ripubblicato in questa raccolta), riguardanti i rapporti fra Stato e Chiesa, l'importanza di instaurare in Italia un sistema di effettivo autogoverno locale e le riforme necessarie a daT vita a un'autentica democrazia economica e sociale. Leo J. Wollemborg