La retorica in paradiso

La retorica in paradiso Alfredo Schiaffili! precursore La retorica in paradiso Riprendono vigore gli studi «ulla « retorica ». Si ristampa e postilla Quintiliano, si rispolvera Fracastoro o Castclvctro, si traducono manuali e dizionari di retorica. Forse perche di tulte le discipline antiche la ReI torica è quella che merita meglio il nome di scienza. Per il risalto che si dà nelle formalizzazioni moderne ai valori tecnici, la Retorica, specie quella classica e medievale, si ritrova come a casa propria. In quanto teoria di figure, è scienza ormai alla moda, legata allo strutturalismo, alla semiologia. Chi guardi anche soltanto alla vicina Francia, vede Barthes neoretore che rianalizza la Retorica di Aristotile, Genette che si appoggia sui classici manuali di Du Marsais o Fonlanier, Todorov che sbozza sistemi di tropi e di figure. E' di qualche anno fa soltanto il segno decisivo lasciato in Francia da uno Jakobson studioso della metafora c della, metonimia (attraverso la divulgazione, traboccala felicemente subilo in Italia, di una Jjella traduzione del Ruwet). Certo, sotto il segno della retorica, c'è tutto un prolificare oggi, nell'Europa intera, giorno dopo giorno, di saggi e saggetti talora inutili e petulanti. Per cui l'aver rimesso in circolazione un « classico » nostrano sull'arte della prosa medievale, da tempo esaurito, e tra i più vivi ed importanti di Alfredo Schiaffini, ci sembra operazione, oltre che attuale, veramente utile. Uno studio di altro tempo, al crocevia della filologia e dell'estetica crociana, che però ha resistito, solidissimo: Tradizione e poesia nella prosa d'arte italiana dalla latinità medievale al Boccaccio (Ed. di Storia e Letteratura, Roma) 6 un libro che ha trentasei anni, e che da tanto è pane quotidiano per gli italianisti. * * Ha resistito non solo per ragioni di contenuto (temi interessanti trattati da un competcntissimo maestro che indugia sui prosatori d'arte medievali, Dante, Boccaccio, e sulla prosa artificiosa di scrittori meno originali, i traduttori ad esempio, sugli stili prosastici, sulla prosa rimata). Le ragioni di questa tenuta esorbitano dalla sola ita lianistica: le diremmo piuttosto sovrannazionali, quando si pensi al rilievo metodologico che il libro ha nella cultura europea degli Anni Trenta. Perché esso costituisce, insieme a prove precedenti di altri maestri (De Lollis, Parodi), uno dei primi, in senso assoluto, solidi ponti gettati nella storia della critica tra la linguistica neolatina e la critica letteraria. Schiaffini (come del resto De Lollis, Parodi ed il coetaneo Terracini) aveva cominciato come dialettologo ed editore di testi, ed arrivava poco dopo, attrezzatissimo, alla -critica letteraria. Ma ad una critica letteraria modernissima. Nel rilessero le fila delle correnti retoriche che percorrono i testi delle origini, giungeva cioè a concepire la storia letteraria come complesso di tradizioni, come sviluppo e ricostruzione di stili (evoluzione e struttura, o diacronia e sincronia, a voler tradurre tradizione e poesia in concezione e terminologia moderna). Schiaffini, perciò, è più sensibile aila proiezione orizzontale degli stili sulla larga fascia di opere germogliate da uno stesso humus culturale, e meno al verticalismo dei rapporti tipo opera-storia civile e sociale. Una critica dunque meno ideologica, teorica, ma pratica. Propone a modello non la sintesi generica, la ricerca delle idee centrali, la concezione del mondo che ha l'artista; quella di Schiaffini 6 una esortazione implicita alle osservazioni concrete, sprofondate nei particolari, nella forma, nei modi in cui l'opera è fatta. Tale « retoricizzazione » del testo letterario era comunque implicata nei testi stessi pre^ scelti da Schiaffini e nella sezione privilegiata del libro (la sintassi) : se si voleva restare fedeli alla lettera delle prose da commentare, e dare la naturale risposta critica al carattere essenzialmente retorico della lingua delle origini. Una lingua dai caratteri costituzionalmente iperletterari, poco indi ne a produzioni che non abbia no ambizioni formali. Anche i balzo maggiore della creazione poetica di un Dante o di un Boccaccio, sembra a Schiaffini risiedere innanzitutto nella elaborazione formale delle figure retoriche già collaudate da una lunga tradizione stilistica. 11 fat to che la prosa del Convivio non si dia senza retorica, sta 11 a mostrarci che la funzione retorica ha per effetto di « rei ficare» il linguaggio. Un «classico» dell'italianisti ca, dunque, che ha aperto ai più giovani la strada per tutta una serie successiva di studi, intesi a provare (e non solo nel settore specifico della prosa delle origini, ma anche in linea generale e teorica) che tecnica non vuol dire gioco sulla letteratura, manierismo, bensì modo di conoscenza, appunto in funzione creativa. Forse che in Italia il più grande creatore e spcrimcnlatorc di tecniche formali non è stato anche uno degli scrittori più grandi? In Dante appunto (cui è dedicala la parte centrale del libro) ogni nuova esperienza, ogni conquista artistica e ideologica ha prodotto innovazioni tecniche ingentissime. Per essere grande scrittore, occorreva essere anzitutto artefice scaltro e saputo. Il mestiere aveva a quei tempi un'importanza come mai ha avuto successivamente. Gian Luigi Beccaria

Persone citate: Alfredo Schiaffili, Alfredo Schiaffini, Barthes, Fracastoro, Gian Luigi Beccaria, Jakobson, Parodi, Terracini, Todorov

Luoghi citati: Europa, Francia, Italia, Roma