Nel 1973 i sei del Mec saranno diventati dieci di Mario Salvatorelli
Nel 1973 i sei del Mec saranno diventati dieci Jean Rey presenta l'Europa degli Anni Settanta Nel 1973 i sei del Mec saranno diventati dieci L'annuncio del presidente della Cee in una «tavola rotonda» a Milano - I giovani e la costruzione della «cattedrale» europea - L'«écu» sarà la moneta comune (Dal nosti-o inviato speciale) Milano, 9 aprile. Entro il 1972, al più tardi all'inizio del '73, i Sei del Mec saranno diventati dieci. Lo ha annunciato oggi, a Milano, il presidente della Commissione della Comunità, il belga Jean Rey, parlando alla « tavola rotonda » organizzata dal Cismec ( Centro informazioni e studi Mec) sul tema « Europa '70 ». Per il 30 giugno prossimo saranno terminate le conversazioni preparatorie con i quattro Paesi candidati: Regno Unito, Irlanda, Norvegia, Danimarca. In settembre si apriranno i colloqui ufficiali, che dureranno un anno, un anno e mezzo. Altri dodici mesi per dar tempo ai dieci Parlamenti di approvarne i risultati e l'allargamento della Comunità sarà cosa fatta. Volontà politica Rey non ha dubbi in proposito; se ne avesse non sarebbe riuscito a compiere ciò che ha realizzato in tre anni, da quando è il « presidente del Mec » e come tale gira il mondo per discutere con i Paesi associati, con quelli che non lo sono e per infondere nei Sei governi il suo stesso entusiasmo. Questa mattina, nell'affollato salone della Camera di Commercio, ha parlato con calore, ha risposto a tutti gli interventi, oltre una trentina: parlamentari come Leonardi e Pedini (che rappresentava il governo, nella sua qualità di sottosegretario di Stato); uomini dell'industria, come Minola e Dubini, dell' agricoltura, come Diana; economisti, come Di Penizio e Lenti; giornalisti, come Ottone e Cavallari; sindacalisti come Vanni, tutti concordi sugli obiettivi da raggiungere ma consapevoli degli ostacoli che dovranno essere superati. Perché l'ampliamento della Comunità non è il solo problema da risolvere: ci sono anche il suo completamento e il suo rafforzamento. Un passo decisivo è stato compiuto con la fine del periodo transitorio, voluta dalla Commissione con le decisioni del dicembre e del febbraio scorsi e quelle che si prenderanno entro questo mese in tema di politica agricola. Per l'Unione economica restano da risolvere i punti riguardanti la politica industriale (com'è stata recentemente indicata dal « piano Colonna »), la politica sociale, quella regionale, l'unione monetaria. E a questo proposito, Jean Rey ha dato un altro annuncio. Spronati dai recenti disordini provocati dalla svalutazione del franco e dalla rivalutazione del marco, specie nei prezzi agricoli comuni appena fissati, si è deciso di prendere di petto la politica monetaria ed è stata fissata la scadenza del 1978 per dotare la comunità di una « moneta europea ». Ha già un nome, l'écu, sia perché è una moneta dal glorioso passato e oggi inesistente nel Mec, sia perché è una parola di buon auspicio: le tre lettere sono le iniziali in inglese di « European currency unity ». « Sui metodi e mezzi relativi ci si metterà d'accordo — ha detto Rey — tutto si riconduce in ultima analisi alla volontà politica di raggiungere lo scopo prestabilito ». La « volontà politica » è stato il tema ricorrente nelle dichiarazioni di Rey e negli interventi dei partecipanti al convegno. A questo leit motiv se n'è intrecciato però un altro, che alla fine ha quasi preso il sopravvento: la partecipazione dei giovani e dei lavoratori a quella costruzione europea verso la quale finora si son sentiti estranei, se non ostili, come se si trattasse di un cantiere, « vietato ai non addetti ». Pedini ha ricordato un capitolo del documento firmato alla conferenza dell'Aia, in cui si chiede in che modo si possano far partecipare i giovani, le loro organizzazioni, le Università, ?.i lavori. E Malagodi ha citato quanto gli disse anni fa uno studente: « Non domandateci di restaurare case più o tneno malandate, chiedeteci di costruire una cattedrale, e saremo con voi ». Ragioni d'ottimismo Una cattedrale, ma di che « stile »? Altri intervenuti, e Rey d'accordo con essi, hanno insistito sul fatto che ai giovani, ai lavoratori, non interessa un'Europa che sia soltanto uno spostamento di confini nazionali, un paese più grande ma con le stesse caratteristiche degli odierni Stati nazionali. L'idea europea ha bisogno di un rilancio, ha acconsentito Key, ma non dimentichiamo che cosa è stato fatto. Subito dopo la guerra Parigi era indebolita, Londra semidistrutta e alle prese con la liquidazione dell'impero colomale e le forze centrifughe del Commonwealth, Berlino non esisteva più, Roma digeriva lentamente il passaggio dal vecchio al nuovo regime. Oggi l'Europa sta tornando alla ribalta; con l'unione si inserirà tra i protagonisti mondiali, con tutto il peso economico e politico necessario. Lo stesso ottimismo il presidente del Mec ha manifestato nel pomeriggio, rispondendo alle domande dei giornalisti nella sede del « Circolo della Stampa ». Ha reagito quasi con violenza a chi parlava di grave crisi per il disaccordo con il quale si è chiuso l'ultimo incontro dei ministri a Bruxelles per l'agri, coltura: « Sono abituato all'alternarsi di riunioni positive e negative. E' certo che in queUa del 20 aprile si raggiungerà anche l'intesa sul vino ». Ha sdrammatizzato la recente tensione tra il Mec e Washington per le « tariffe preferenziali ». Uno «stile nuovo» Infine, Rey ha negato che tra i giovani vi sia disinteresse verso il Mec: « L'anno scorso, a Parigi, fui invitato ad un corso di diritto frequentato da 300 studenti. Quando iniziai a parlare, i giovani erano diventati più di duemila, si affollavano in piedi e nei corridoi, alla fine fui acclamato ». Certo la «cattedrale» dovrà avere uno stile nuovo, nel quale tutti possano ritrovare le loro aspirazioni ad un mondo migliore. I maestri e gli artigiani del Medioevo e del Rinascimento completavano i lpro edifici in cinquanta, cento anni. Anche per l'Europa la costruzione sarà lunga, ma, ha concluso Rey, sarà completata. Mario Salvatorelli IM
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