Celibato dei preti Difesa di Paolo VI

Celibato dei preti Difesa di Paolo VI Mentre ne discutono i vescovi Celibato dei preti Difesa di Paolo VI Il Papa nega che un'attenuazione possa favorire la ripresa delle vocazioni (Nostro servizio particolare) Roma, 8 aprile. Mentre l'assemblea episcopale suddivisa in otto gruppi di studio si confronta con la seria crisi del sacerdozio in Italia, qual è emersa dalle risposte di 25 mila preti su 43 mila, Taolo VI ha negato oggi che un'attenuazione del celibato obbligatorio possa favorire la ripresa delle vocazioni giovanili « in generale declino ». Il Papa si è pronunciato nel messaggio per la Giornata mondiale delle vocazioni (domenica 12 aprile), dicendo che il calo dei seminaristi dipende da molteplici cause, riconducibili ad una sola: la « crisi di fede » della società. « Non è perciò rendendo più facile il sacerdozio, liberandolo per esempio da ciò che la Chiesa latina da secoli considera suo sommo onore: il celibato, che si renderà più desiderato l'accesso al sacerdozio stesso. I giovani — scrive Paolo VI — si sentiranno attirati ancor meno da un ideale di vita sacerdotale meno generosa ». Le parole pontifìcie avranno un peso decisivo nella dichiarazione finale dell'assemblea dei vescovi italiani a carattere « magisteriale », che è già in avanzata elaborazione da parte di una commissione di sei membri, la cui identità 6 tenuta segreta. Dopo molti sforzi si sono saputi soltanto tre nomi: mons. Clemente Gaddi, Guglielmo Giaquinta e Virginio Dondeo. Questa commissione è al lavoro da stamane, a porte chiuse. La circostanza è apparsa sintomatica a non pochi vescovi, che hanno confidenzialmente rilevato l'inopportunità di frazionare il dibattito negli otto gruppi di studio, anziché espletarlo nell'assemblea plenaria. Il vertice episcopale sostiene, invece, che si è ricorsi ai gruppi di studio proprio per « dare alla discussione un più ampio spazio ed una maggiore organicità, nonché per permettere una partecipazione più larga possibile, anche su suggerimento avuto in assemblee precedenti ». E' un fatto, replicano i vescovi insoddisfatti, che i gruppi di studio trarranno solo domani sera le proprie conclusioni, mentre la commissione speciale per la dichiarazione è già all'opera. Non solo: domattina il' consiglio .di presidenza si riunirà per dettare gli orientamenti di base del documento conclusivo. Parecchi presuli si chiedono in quale misura vi saranno recepite o rigettate le indicazioni degli otto gruppi. Ciascun gruppo è diretto da due vescovi e composto di due o tre esperti sacerdoti o laici e un segretario membri del « direttivo » e di altri esperti preti, religiosi, laici e suore fuori del direttivo. I primi due gruppi (ne fanno parte il card. Giuseppe Siri e il prof. Luigi Gedda) trattano della figura del sacerdote, dei problemi di formazione e di vita interiore. Il terzo e quarto gruppo (del terzo è membro il card. Michele Pellegrino) si occupano delle condizioni di vita del clero e dei problemi umani del sacerdote, fra cui il celibato, il quinto e il sesto dei rapporti dei sacerdoti con i vescovi, i confratelli e i laici; infine, il settimo ed ottavo esaminano i rapporti dei sacerdoti con le strutture esistenti e le loro attività pastorali. La discussione nei gruppi è vivace. Risulta, ad esempio, che don Silvano Burgalassi, uno dei più noti specialisti di sociologia religiosa, ha severamente criticato i criteri della « traccia di discussione» con i 212 quesiti inviata al clero ed ha esortato i vescovi ad aprire gli occhi sulla realtà. Ieri mons. Clemente Gaddi, vescovo di Bergamo, aveva chiuso la propria relazione sul rapporto di 76 pagine che riassume le risposte dei preti raccolte in 800 pagine, dicendo: « La tragedia non sta nel grido di richiesta rivolto dai sacerdoti ai loro pastori, ma in ciò che potrebbe avvenire se non fosse ascoltato o fosse sottovalutato ». Il meccanismo e le pressioni in atto terranno conto dell'avvertimento? In questo contesto, oggi mons. Gaddi ha voluto ridimensionare in un'intervista al giornale cattolico Avvenire le interpretazioni fondate sulla sua relazione di ieri che parlavano di maggioranza del clero favorevole al celibato, ma con sostanziali modifiche nel senso di « un regime di libera scelta » o di dare il sacerdozio a uomini sposati, in casi di vera necessità. In realtà, secondo il presule, si tratta di approfondire le ragioni che sottostanno all'attuale disciplina, senza che il celibato sia il principale problema del clero italiano. Ha ripetuto le deduzioni tratte ieri relativamente alla categoria più consistente di risposte al questionario: « Tutti i sacerdoti apprezzano il valore teologico, ascetico, pastorale del celibato; al¬ cuni, fra essi, sottolineano che tale valore verrebbe esaltato in un'ipotesi di libera scelta ». Nel segreto dei gruppi di studio si ripresentano i contrasti di fondo emersi il primo giorno nei discorsi del presidente, card. Antonio Poma (dialogo anziché autoritarismo) e del card. Giuseppe Siri (« Azzuffarsi con i lupi»). L'intransigenza dell'arcivescovo di Genova è apparsa in contrasto con la linea dialogica del pontificato di Paolo VI ed è dispiaciuta a molti vescovi, anche fra i massimi responsabili della conferenza episcopale secondo informazioni qualificate. Proprio oggi il card. Siri è stato invitato (altri dicono « convocato ») dal segretario di Stato, Villot, che l'ha intrattenuto a colazione. Nessuno può azzardare l'argomento del colloquio. Lamberto Fumo *

Luoghi citati: Bergamo, Genova, Italia, Roma